da "AURORA" n° 39 (Febbraio - Marzo 1997)

L'ALTRA STAMPA

da "Rosso è Nero" - Voce Comunitaria

"Socrate"

«Si rimprovera inoltre ai comunisti di voler sopprimere la Patria, la nazionalità. Gli operai non hanno Patria. Non si può togliere loro ciò che non hanno. Ma poiché il proletariato deve conquistare prima il dominio politico, elevarsi a classe nazionale, costituirsi in nazione, è anch’esso nazionale, benché certo non nel senso della borghesia». (Marx-Engels: "Manifesto del Partito Comunista", 1848)

È opinione diffusa, sia a destra che a sinistra, che il marxismo sia contro la patria e contro la nazione tout court, e ciò viene affermato molto spesso sia per ignoranza che per mala fede; in quest’ultimo caso estrapolando ad arte brani e concetti, che avulsi dall’originario contesto, si prestano a deformanti descrizioni del pensiero marxista.

Attenzione! Scandalo! Qui si parla di Marx. Ma perché? Solo in nome di una chimera oggi trascurata e calpestata da molti: la Verità. Quella verità che fa cadere il mito, e dissolvere il demonio per consegnarci la figura quanto più autentica possibile di un uomo. Essere umano connotato per la sua essenza dall’errare, viaggiatore coraggioso, colui che intraprende le nuove strade del pensiero e della scienza, non per questo immune dall’errore e dalle contraddizioni.

Poco più di 20 anni dopo la pubblicazione del "Manifesto", a Parigi scoppia un'insurrezione definita la «Comune di Parigi». Una delle cause di questa rivoluzione è stata la guerra franco-prussiana. Le armate di Bismarck erano arrivate alle porte di Parigi, ed il governo francese di Thiers si mostra debole e arrendevole.

Sei mesi prima dello scoppio della rivoluzione, Marx esorta gli operai francesi ad opporsi contro questa guerra, utile solo al regime bonapartista, dall’altra parte Marx esorta gli operai tedeschi affinché vigilino, perché la guerra mantenga il suo carattere difensivo (!?).

Bontà sua, Marx domandava agli operai tedeschi d’impedire la guerra di conquista prussiana tesa a smembrare la Francia.

Il 2/9/1870 la disfatta e la capitolazione di Sedan danno il colpo di grazia al regime del secondo impero preparando l’avvento della Repubblica. In questo scenario, Marx plaude alla Repubblica francese, sottolineando tuttavia con inquietudine che la Repubblica fosse nata «non come conquista sociale, ma come misura di difesa nazionale» (Marx: "Lettera ad Engels", 7/9/1870).

Da qui Marx trae la conclusione che i rivoluzionari francesi non siano pronti ad una rivoluzione sociale, perché troppo sciovinisti.

Ma allora non sarà che lo sciovinista sia proprio lui: Marx?

Ma come fa a criticare il legittimo sentimento di patriottismo dei francesi di fronte alle armate tedesche, arrivate sino alle porte di Parigi? Non sarà che qui prevale, anziché il filosofo economista Marx, il tedesco Marx?

Come può deprecare il patriottismo francese, quando nel manifesto giustifica ed approva il patriottismo, quale elemento indispensabile per la rivoluzione socialista?

È proprio vero che, come qualcuno ha detto: «Si insegna meglio ciò che più si ha bisogno di imparare».

A mio avviso la «Comune di Parigi» è stata una rivoluzione animata da spirito patriottico, per l’affermazione di importanti riforme sociali, guidata da un soggetto politico nuovo: l’Artista.

Fra gli artisti più noti, partecipanti alla «Comune» ricordiamo Rimbaud, Verlaine, Victor Hugo e Courbet.

"Socrate"

 

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