da "AURORA" n° 40 (Aprile 1997)

LE IDEE

La moneta-lavoro

Gaspare Ferretti Fantauzzi

Premessa

Quel che sta avvenendo fra Stati europei in ordine alla questione monetaria è la conseguenza della permanente loro sudditanza a princìpi, idee e programmi extra-europei, estranei e contrari agli interessi dei rispettivi popoli. Uno Stato, innanzitutto, è tale soltanto se è dotato di autentica sovranità, cioè se tiene saldamente in mano le chiavi di casa e se possiede strumenti idonei a difenderle ad ogni costo.

L'assenza di queste basilari condizioni unita a quella di un autonomo disegno politico complessivo, con la sola moneta unica, non si realizzerà alcuna vera federazione. Si ripeteranno bensì, in sede centrale, le stesse discrasie politiche ed economico-monetarie ora presenti nei singoli Stati, vale a dire che si istituirà una pseudo-autorità monetaria centrale, ma priva delle tutele, degli equilibri e della chiarezza, essenziali per una seria politica economica di popoli arbitri del proprio destino.

Tutto ciò si risolverà in debolezza economica ed in incertezza politica, nonché in un ulteriore aumento del tasso di ingerenza e di supremazia sull'Europa da parte del FMI, le cui agenzie, anziché dover controllare una quindicina di caotiche politiche economico-monetarie, limiteranno la propria occhiuta attenzione ad una sola. Gli obiettivi del FMI nei riguardi dell'Europa sono di palmare evidenza: ridurre al minimo le previdenze sociali (può un popolo sottoposto fruire di assistenza sanitaria e pensionistica di gran lunga migliore rispetto a quelle del sedicente popolo-guida?); comprimere le remunerazioni e quindi ridurre il potere di acquisto a tutti i livelli; minare drasticamente le già aleatorie attività sindacali e imporre le privatizzazioni, per consolidare ed estendere il dominio del potere finanziario su tutte le attività produttive e quello politico sulle classi dirigenti subalterne. Analoga funzione è assegnata al bipolarismo in sede specificamente politico-elettoralistica. Non occorre una eccezionale perspicacia per capire che Maastricht e il suo rigorismo monetario, comportante sacrifici, restrizioni e recessioni, è piuttosto un efficace strumento del FMI che non un equilibrato complesso di misure atto ad unificare l'Europa. E che dire di un Kohl, il quale si ricandida per la ennesima volta «in nome dell'Euro»?

Sciaguratamente, ad oltre mezzo secolo dalla IIª Guerra mondiale, persiste nei popoli europei la «sindrome dei vinti».

Ma fino a quando?

 

Aspetti etici dell'attuale sistema economico-monetario

Per ovviare alle difficoltà nel baratto (carenza di misure comuni circa il valore delle merci e le loro disagevoli frazionalità, trasferibilità e cumulabilità), furono istituite le monete, il cui valore era reale in quanto corrispondeva a quello del metallo usato per il conio.

Man mano, dal valore reale si è passati a quello legale, da questo alle tosature e, infine, alla carta moneta senza alcun valore intrinseco.

I primi esemplari di monete metalliche rinvenuti risalgono al VII secolo a.C., tenuto conto però che i metalli nobili venivano utilizzati già nel III millennio a.C., non si può escludere la presenza di monete metalliche in epoche anteriori. L'archeologia, ad es., ha accertato che, al tempo di Gesù e nella sola Palestina, circolavano circa venti tipi di monete e che nessuna di esse poteva essere d'argento perché tale metallo non era stato più usato per il conio da almeno trecento anni. Donde il tradimento di Giuda sarebbe dovuto al suo atteggiamento di zelota nazionalista contrario al potere di Roma e, Matteo, avrebbe introdotto nel suo Vangelo (1) l'episodio dei trenta denari allo scopo di conformare la storia alla profezia di Zaccaria (2). Ma non soltanto di falsi storici è costellata l'esistenza delle monete, bensì delle infinite falsificazioni, delle arbitrarie e inique tosature, fino a giungere alla situazione attuale che vede, in tutto il mondo, le monete essere fraudolentemente manovrate da esigui gruppi di tecnocrati. Pertanto, chiunque si accinga a por mano a riforme monetarie senza previamente essersi affrancato dal dominio strangolatore di quei gruppi, è logicamente destinato al fallimento.

Compito primo di un auspicabile risorgimento europeo non può che essere quello di liberarsi dalle attuali classi dirigenti asservite alla non mai abbastanza vituperata ONU che, con il proprio braccio armato (la NATO) e con quello economico-politico (il FMI, la Banca Mondiale, ecc.) si avvia a produrre altro pauperismo e altra disperazione presso popoli impotenti. La qual cosa dovrebbe essere di tutta evidenza anche per i più sprovveduti.

Da lungo tempo ormai, il sistema monetario internazionale diretto dal FMI, esercita sullo sviluppo dei popoli un'influenza tanto dannosa da inficiare la stessa legittimazione etica dell'attuale economia e da rendere illusorio il suo porsi come uno dei campi in cui possa esprimersi la libertà umana.

Infatti, da agevole strumento rappresentativo di beni o di prestazioni, la moneta svolge oggi un ruolo deviante e devastante nei rapporti economici, poiché è divenuta essa stessa fonte di ricchezza e di bene fruttifero. Cosicché, attraverso operazioni puramente finanziarie (le quali, non richiedendo alcuna attività lavorativa, non dovrebbero sortire alcun effetto economico), si traggono profitti tanto cospicui da imporre una ingiusta supremazia della finanza speculativa sull'economia reale di produzione. L'«affare finanziario», metro di successo nella vita capitalistica, presuppone sempre espedienti maligni diretti allo sfruttamento di condizioni di inferiorità del concorrente o a capirne la buona fede. L'immoralità di tali procedimenti autorizzati legalmente è incontestabile e non vi sono dubbi sul fatto che l'aver introdotto un elemento integralmente tumorale nella vita della società umana, consentendogli per giunta di svolgere un ruolo primario, ha gravemente compromesso l'applicazione delle più elementari norme etiche e l'esistenza stessa della morale come valore autonomo e sicuro fattore unificante dei popoli. Questo è il criterio dominante in campo economico: «... chi tratta problemi economici deve attenersi rigidamente alla economia, senza invadere il campo della morale». (3) E ciò è tanto più vero quanto più lo si nega.

Dall'indagine scientifica sull'eziologia dei crimini commessi dalle imprese e di quelli contro di esse, emergono dati e conclusioni inconfutabili: «Lo Stato capitalistico moderno costruisce un clima nel quale le violazioni da parte delle aziende sono non solo probabili, ma necessarie. Il capitalismo, in altre parole, deve commettere crimini, per sopravvivere». Più oltre l'Autore riferisce che, interrogato a Roma, un giudice ha detto: «Molti consumatori sono consapevoli di acquistare delle imitazioni... continuano a comprarle perché costano poco. I produttori sono altrettanto consapevoli di questo affare e possono arrivare ad accordarsi con chi manifattura le imitazioni dei loro prodotti, e vendere così la propria etichetta agli industriali della contraffazione. In altri casi, i produttori dell'autentico possono produrre contemporaneamente il falso e cogliere così dei profitti generati da entrambi». (4) Ciò significa che quel che abbiamo sempre pensato e detto comincia a trovare vesti scientifiche autorevoli ed a suscitare interessanti risonanze in un più vasto pubblico.

È di qualche giorno addietro la condanna penale comminata per reati fiscali ai responsabili della maggiore industria italiana; nello stesso giorno, avveniva la più plateale dimostrazione pubblica della Confindustria contro il governo; contestualmente la stampa rendeva noto l'aumento del 25% delle vendite (dovuto al noto contributo governativo), conseguito dalla medesima industria nei primi mesi del 1997. Qualche tempo prima, un personaggio indagato presso vari tribunali per frodi fiscali ed altri reati (persona tanto altamente meritoria che gli fu persino affidato il governo della Nazione) aveva tranquillamente assicurato il pubblico televisivo di essere stato «costretto» a distribuire cospicue tangenti al lodevole scopo di... non versare le imposte dovute. Siamo quindi dinanzi ad una realtà assolutamente inaccettabile, la quale richiede una radicale demolizione del sistema di potere capitalistico nella sua interezza e la rigenerazione etico-morale di vasti settori della presente umanità. Ma nessuno alza un dito.

Ogni moneta, perciò, dovrà essere ricondotta alla sua funzione di mero strumento assiologico idoneo alla equa valutazione del lavoro compiuto. Moneta e lavoro dovranno fondersi in un unico ed inscindibile monomio: moneta-lavoro e quindi, niente moneta senza il corrispettivo di prestazioni lavorative eseguite. Di fronte alla diversificata e mutevole realtà del lavoro, l'uomo deve essere ragionevolmente indotto ad interrogarsi sul fine della propria esistenza e a saper armonicamente vivere l'obbligatorietà del lavoro con la religiosità di chi intenda ricavarne, unicamente ai mezzi di sussistenza, il necessario servizio a vantaggio della comunità. Ciò comporta la riscoperta o la riconversione (metànoia) ad una dimensione etico-culturale dell'esistenza che implichi il ritorno ad un ben diverso e più alto stile di vita.

Malauguratamente però, è ancora assai radicato il convincimento ragionieresco secondo il quale i princìpi dell'economia e della finanza sarebbero sacri e immutabili, come se, a mo' del Corano, fossero discesi direttamente dal cielo. Niente di più idiota: l'uomo è autenticamente tale solo a patto che sappia impegnarsi ad adeguare il mondo a se stesso e non viceversa. A siffatta forma mentis borghese si deve l'aberrante realtà della fabbrica moderna, che costringe gli uomini a vendersi -pronubi i sindacati- come merci e a vivere il lavoro non come persone umane, bensì alla stessa stregua di accessori delle macchine.

La nostra tradizionale avversione per il materialismo storico e dialettico, non ci impedisce di considerare appropriate le riflessioni che Marx e Engels formulano sulla borghesia, la quale: «... non ha lasciato fra uomo e uomo altro vincolo che il nudo interesse, il freddo "pagamento in contanti". Ha affogato nell'acqua gelida del calcolo egoistico i sacri brividi dell'esaltazione devota, dell'entusiasmo cavalleresco... ha messo, unica, la libertà di sfruttamento priva di scrupoli». (5) Ritengo, perciò, che soltanto in un contesto statuale nel quale la socializzazione sia estesa a tutta la vita nazionale, e con le retribuzioni regolate mediante la moneta-lavoro, possa realizzarsi la nuova civiltà del lavoro.

Definita con il termine di liberal-democrazia, la concezione material-capitalista del lavoro e dell'uomo viene accettata e persino auspicata dai seguaci del Cristo (che lo si voglia misconoscere o fraintendere per altri duemila anni?).

Nei compiti della politica, che è dinamica spirituale e libertà, accanto alla costruzione dello Stato (il quale -giova ricordarlo- fa la nazione, non viceversa) e la sua guida, v'è pure quello della rigorosa tutela, anche dal punto di vista economico, dei diritti e della dignità dei cittadini.

Con stupore osserviamo, invece, che il mondo borghese è totalmente refrattario ad ogni vero cambiamento e che ciascuna iniziativa è ispirata alla conservazione dello status quo.

 

La proposta del prof. G. Auriti

Nell'orizzonte borghese, a mio avviso, va collocata la proposta di legge del prof. Auriti, diretta a ripartire fra i cittadini il reddito monetario del capitale amministrato dallo Stato. Tale iniziativa costituisce l'aggiornamento e il perfezionamento di un’analoga proposta presentata in Parlamento dall'on. Giuseppe Gonella nel '66, alla quale però non fu estranea l'intuizione e il significativo apporto dello stesso Auriti.

Diretta a conservare il sistema politico esistente, sia pure nel contesto di una revisione del costume d'ispirazione cattolica, e a far «recepire negli ordinamenti costituzionali e legislativi (della repubblica nata dalla resistenza, N.d.R.) il principio essenziale di diritto naturale per cui il momento edonistico dei valori giuridici -come del resto di tutti i valori- deve essere prerogativa esclusiva della persona umana» (6), tale proposta, frutto di astratto dottrinarismo giuridico e priva di agganci con la realtà fattuale, non si palesa soltanto come un'iniziativa peregrina, ma assume bensì la valenza di risposta inadeguata in un contesto politico ed etico-economico da ricostruire ab imis fundamentis. Per altro, essa da a pensare che il presentatore non s'avveda che la c.d. destra sociale è un truffaldino espediente elettoralistico e che tutta l'odierna destra -sociale e non- è interamente dominata da valori e intenzionalità materialistici antinazionali affatto antitetici a quanto egli sostiene. Al propugnatore (e al suo gruppo) va tuttavia riconosciuto un notevole afflato morale, sociale e religioso, soprattutto per quel che riguarda la lotta all'usura.

Pregevoli, invece, sono gli altri enunciati dell'Auriti afferenti la critica del diritto societario, con i quali, fra l'altro, sostiene essere «... Unicamente il momento economico insufficiente da solo alla creazione della teoria giuridica» (7) Anche questi però sembrano proporre rimedi di natura tecnica ai soli effetti e non pure alle cause prossime e remote dell'odierno disordine giuridico. Tuttavia, non mi ha «sconcertato» (come si dichiara la persona che me l'ha segnalata) la supplica che il prof. Auriti ha rivolto alla Madonna perché aiuti i popoli a liberarsi dall'usura dei «padroni del denaro»; la ritengo anzi apprezzabile anche sotto il profilo storico-teologico: Maria, giovanissima madre di Gesù, fu certamente segnata dall'episodio che Le rivelò l'insospettata nobiltà d'anima del Consorte. Infatti Giuseppe, stando ai quattro Vangeli canonici, non pronuncia una sola parola; secondo il quinto (apocrifo) invece, a fronte delle incongrue e stravaganti offerte dei Magi, in uno scatto di autentica dignità e fierezza, rispose: «L'oro non possiamo accettarlo, perché è segno di ricchezza e contamina chi lo da e chi lo riceve». Inoltre, la Madre del Cristo deve essere stata non poco frastornata dalla faccenda dei trenta denari d'argento, salvo che non si sia trattato di una invenzione postuma.

Accade spesso, del resto, che la commistione delle passioni profane con quelle religiose susciti richiami all'Assoluto e al sacro e produca la trasfigurazione delle ragioni del consueto agire umano in guisa di quelle che animavano i crociati. Ma a che vale tutto ciò se l'azione concreta è destinata ad attuarsi in un mondo cristiano degradato e desacralizzato che, per primo, nega o stravolge le stesse parole di Dio espresse nel "Genesi" in ordine alla destinazione universale dei beni terreni e alla loro totale subordinazione all'uomo? Ben più importante è la diffida presentata al FMI dall'Avv. P. Sella di Monteluce in data 23/9/1967, mediante la quale, dopo aver affermato che i diritti speciali di prelievo sono: «... un puro espediente per coprire con una giustificazione monetaria un prelievo sulle ricchezze di tutti i popoli della terra, per coprire il deficit della bilancia di pagamenti degli Stati Uniti e dei, suoi associati, sfruttando illecitamente un monopolio di conto», pone in rilievo l'attività predatrice del Fondo in ordine alla sovranità monetaria degli Stati che supinamente vi aderiscono e contesta ai delegati italiani presenti al Fondo di: «... essere muniti di deleghe per discutere di problemi fiscali, ed al FMI di essere organo assembleare competente per deliberare la imposizione di un tributo sui popoli, sotto false apparenze di un titolo di liquidità speciale».

In questa direzione bisognava allinearsi a suo tempo e insistere con una costante ed incisiva contro-informazione, poiché la moneta non è soltanto una metafora numerica, ma un qualcosa che scaturisce dal sudore e dal sangue di chi lavora e produce. Si è invece stoltamente accumulato un ritardo storico di oltre un trentennio, così mostrando che nessuna iniziativa con connotazioni e finalità autenticamente sociali e nazionali può essere gestita dalle posizioni di una destra americaneggiante, confindustriale e papalina. Ma quel che maggiormente sembra sfuggire al prof. Auriti è l'irrimediabile frattura verificatasi, fra etica ed economia da una parte e fra diritto e giustizia, dall'altra.

 

Convegno di Pisa per il nuovo ordine economico

Allo scopo di formulare le premesse teoriche di un nuovo ordine economico per il dopoguerra volto a dar vita alla futura civiltà del lavoro nel mondo e per individuare e chiarire il ruolo dell'Italia nello specifico complesso geopolitico mediterraneo ed euroafricano, dal 18 al 23 maggio 1942 (a cavallo del breve periodo in cui si nutrì la fondata speranza della conquista di Mosca e quella di Alessandria d'Egitto), ebbe luogo, presso l'Università di Pisa, un importante convegno di carattere economico. Dopo qualche mese, a Stalingrado e ad El Alamein, cadde ogni speranza.

A tale Convegno, presieduto dal prof. C. A. Biggini, rettore della locale Università, parteciparono circa duecento persone: i più autorevoli cultori di discipline giuridico-economiche, studiosi e docenti di economia corporativa, rappresentanti delle università, delle organizzazioni sindacali, del PNF, dei ministeri, degli studenti del GUF e singoli cultori di economia. Unico rappresentante della stampa accreditato al Convegno fu il prof. Raffaele Conti, inviato speciale de "il Giornale del Commercio", le cui corrispondenze furono raccolte in una pubblicazione a cura de "il Prisma editore" di Roma nel luglio successivo.

Le mozioni furono approvate all'unanimità, ma accanto alle dotte e pacate dissertazioni, si ebbero accanite confutazioni ed energiche contrapposizioni fra i componenti l'ala rivoluzionaria e quelli facenti capo all'ala liberal-conservatrice (il missismo è tutt'altro che un invenzione postbellica). Il Conti riferisce infatti che Cianetti, sottosegretario alle Corporazioni: «Dopo un elegante affondo contro i tenaci per quanto sparuti residui della superata economia liberista, nel quale ha rilevato la stranezza per cui, scomparso il liberalismo, si è per tanto tempo ancora insistito... ad identificare l'economia col liberalismo ...». Ma erano davvero così sparuti quei residui, se un paio di mesi prima (16/2/42) avevano validamente contribuito a far approvare l'attuale codice civile, ispirato a concetti e criteri etico-giuridici propri del capitalismo?

Quel Convegno è importante anche perché in esso, a seguito di espressa volontà di Mussolini, per la prima volta vennero illustrati in una sede istituzionale gli aspetti teorico-pratici relativi alla prevista istituzione della moneta-lavoro; però la mozione venne letta e discussa, ma non sottoposta ad approvazione.

 

La moneta-lavoro

Nel corso del Convegno in parola (nella pagina seguente sono riportati i "Capisaldi per un ordine economico nuovo"), il Giàcoma (8) rivendicò a se la priorità teorica e tecnico-applicativa della moneta-lavoro, della cui invenzione -come riferisce il Conti- «il triestino Ebestein» si sarebbe attribuito il merito. A questo riguardo debbo registrare che il prof. Luigi Lugli, vicedirettore della Banca Popolare di Modena, con la sua "Interpretazione del concetto di Moneta lavoro" (9) (posteriore al Convegno), sostiene: «... quei problemi che negli anni più recenti, sono stati, affrontati con particolare decisione e risolti coi risultati a tutti ben noti, nel Paese dal quale ci è giunta la nozione di moneta-lavoro, nel Reich germanico».

Non sono in possesso di ulteriori dati attendibili sulla contestata priorità, non conosco la vera origine della moneta-lavoro e non sono interessato a polemiche di sorta, ma so con certezza che, per «il triestino Ebestein», devesi intendere la persona di Adolfo Arturo Ebestein, nato a Venezia l'8/10/1890, tutt'altro che sconosciuto pubblicista e autore di libri (10) molto importanti, il quale ha dedicato la sua generosa esistenza in rigorose ricerche e riflessioni in campo economico e sociale. Ritengo doveroso, inoltre, dare atto che, mediante vari interventi successivi al Convegno di Pisa, su "Rassegna Monetaria" e su "Il sole" di Milano, A. Eibenstein, senza vantare primogenitura alcuna, ha continuato a sostenere la sua moneta ora-lavoro, nella convinzione che: «... tutto ciò che non è lavoro, non può essere -in linea di diritto naturale- oggetto di proprietà», evidenziando la necessità «... di veder chiaro in questo processo per cui i gruppi abbienti, non potendo ricevere dai gruppi di lavoratori di questa generazione la remunerazione di tutto il credito da essi concesso ai lavoratori, ipotecano il "tempo-lavoro" dei lavoratori futuri, mediante prestiti», poiché «... i nostri soldati si battono non per la utilità marginale, ma per l'Ordine Nuovo, che attendono al loro ritorno ...». Infine, fermamente convinto dell'esigenza di radicali cambiamenti al complesso delle norme economico-monetarie, egli propose di «... tramutare il Convegno in Organo permanente di studi economici» (11)

 

Conclusione

Nel periodo fra le due guerre mondiali i Popoli nazional-rivoluzionari europei, ed asiatici tentarono di riportare l'uomo e il suo lavoro a soggetto e fine di ogni interesse e cura delle rispettive comunità. Il mondo plutocratico e bolscevico, spalleggiato da un Cristianesimo dimentico della propria spiritualità, costrinse alla guerra quei popoli, li vinse con la potenza degli eserciti e, con l'arma del livore e della menzogna, fece strame, perseguitò e disperse quanti avevano sostenuto che nulla che non fosse frutto del lavoro, dovesse avere alcun valore. A tale scopo miravano gli ideatori e propugnatori dei nuovi sistemi monetari e delle altre avanzatissime soluzioni sociali attuate o in corso di realizzazione.

Divorati dal virus missista e logorati da quello del perbenismo clerico-massonico, taluni, che già furono tra noi, vanno ora sostenendo che quelle misure sarebbero inattuabili perché il mondo andrebbe nella direzione del neo-liberismo berlusconesco.

A nemico che fugge, ponti d'oro.

È vero: il fascismo ha lasciato l'Italia distrutta nelle cose e umiliata nell'anima, ma vivaddio, per la prima volta dopo tanti secoli di servaggio, ha pure saputo affidare alle nuove generazioni italiche Insegne onorate e la Fede in un più alto destino da conquistare per quella perenne italianità che ha il proprio centro in Roma e nella straordinaria sua attitudine di non vedere gli altri popoli alla stregua di sudditi da soggiogare, ma come uomini degni di essere assimilati nella condizione spirituale e pratica dei «Cives Romani».

Bloccate allo stato grezzo nello studio-proposta e non suffragate da alcuna sperimentazione, la moneta-lavoro e la moneta tempo-lavoro, richiedono ovviamente ulteriori aggiustamenti ed integrazioni, nonché forti volontà innovative. Ma qual'è la loro funzione, oggi? Nell'attuale momento storico, è di fondamentale importanza prendere atto che -partendo da posizioni ideologiche non sempre chiare e con atteggiamenti spesso contraddittori- sotto il nome di «lotte di liberazione», quella che fu ed è la nostra battaglia contro la plutocrazia mondiale, viene ora combattuta in tutti i continenti.

Anche in questa direzione, a mio avviso, deve esplicarsi la libera iniziativa politica della Sinistra Nazionale al fine di dar luogo ad una feconda cooperazione con quanti nel mondo ripropongano, con serietà e intelligenza, la supremazia del lavoro sul capitale e della persona umana su ogni altro valore. Ma senza dimenticare le nostre origini, anzi facendo riemergere idealità ed esperienze della nostra civiltà per confrontarle e discuterle con gli altri popoli, a partire da quelli mediterranei. Senza cioè doversi tuffare, come proponeva Baudelaire: «Au fond de l'inconnu pour trouver du nouveau», anzi, agendo al contrario, poiché soltanto dal giorno fecondemente trascorso sorge la nuova aurora.

Gaspare Ferretti Fantauzzi

 


Capisaldi per un ordine economico nuovo

 

1) Capitale: l'uomo.

Valore di questo: la capacità professionale.

Simbolo e base del lavoro: i carati delle virtù umane.

Misura e mezzo di scambio: la moneta con la unità carato.

 

2) le professioni, sindacalmente unite, saranno divise in 15 categorie, datori di lavoro compresi; ad ogni categoria sarà assegnato un valore carati, in base alle loro virtù lavorative, minimo 10 e massimo 24 carati. Questa è la divisione ideale dei valori: 24 sono le ore della giornata, 24 i carati dell'oro e delle gioie, 24 le carature di una nave, 24 i carati del lavoro.

 

3) valori carati delle virtù umane componenti il lavoro:

Componenti (Val. Prof. minimo) (Val. Prof. massimo)

a) mente        6        -

b) pensiero 5 1

c) genialità 4 -

d) iniziativa 3 1

e) volontà 2 2

f) azione 1 6

 

4) Tabella dei valori professionali in carati.

Categoria:

a) lavoratore di 1ª 10

b) lavoratore di 2ª 11

c) lavoratore di 3ª o impiegato di 1ª cat. 12

d) lavoratore di 4ª o impiegato di 2ª cat. 13

e) artigiano o impiegato di 3ª cat. 14

f) impiegato con mansioni direttive (sino a 90 per. dipendenti) 15

g) impiegato con mansioni amministrative tecniche e ispettive

(sino a 100 persone dipendenti) 16

h) diplomato libero professionista 17

i) direttore d'azienda (da 100 a 500 dipendenti) 18

l) amministratore e tecnico d'azienda (da 100 a 500 dipendenti) 19

m) laureato «dato che la laurea sarà in base al merito» 20

n) creatore o direttore di grande azienda o artista

come Tamagno, Caruso, ecc. 21

o) Amministratore di grande azienda: Ford, Krupp, Agnelli, ecc. 22

p) Ideatore di grandi cose: Raffaello,Stephenson, Verdi,

Puccini, Giotto, Edison, Bernini, Michelangelo, ecc. 23

q) Grandi geni: Leonardo da Vinci, Pasteur, Volta, Marconi e

Grandi Conduttori di popoli: Mosè, Cesare,Mussolini, Hitler, ecc. 24

Ogni categoria è inoltre suddivisa in quattro gradi (Normale - Buono - Ottimo - Speciale) e il valore prof. aumenta di 0,25 per ogni grado.

L'apprendista vale tanti carati in base alla sua età, in ragione di mezzo carato all'anno da quando è nato: a 20 anni vale 10 carati, nel caso lavori.

L'iscrizione alla categoria -al presente- viene eseguita dall'Unione dei Sindacati in base all'attività svolta dal cittadino. Mentre alle nuove categorie lo sarà in base ai risultati degli esami delle scuole professionali, intellettuali e manuali.

Tutti i valori professionali verranno equiparati alle categorie su elencate (ad es.: un giornalista, secondo la sua capacità potrà essere portato al massimo fino a 22 carati e minimo a 12; un libero professionista, secondo se diplomato o laureato, dai 15 ai 23 carati, quale ideatore di cose grandi, ecc.).

La categoria normale è fissata dai Sindacati, quella dei gradi di volta in volta dal datore di lavoro, con la corresponsione delle frazioni di carato, 25-50-75 in più del normale.

L'educazione morale spetta ai genitori. L'istruzione della mente e del braccio, le cure del fisico, la difesa del diritto, spetta allo Stato. Tutti potranno studiare, elevarsi in base alla loro tendenza, compatibilmente con la disponibilità dei quadri professionali, così tutte le fonti d'intelligenza potranno scaturire e non rimanere latenti per impossibilità materiale.

Un libero professionista, se capace, zelante e intelligente, avrà molti clienti, contrariamente ne avrà meno e riceverà soltanto quello che esso vale; con ciò si avvicinano veramente le distanze tra quelli che stanno alla base della piramide sociale e quelli che stanno al vertice; il che significa adottare una migliore giustizia economica.

 

5) Ogni ora di vita dedicata al lavoro verrà ricompensata con tante unità carati moneta per quanti carati è stata valorizzata la categoria stessa, più le frazioni di grado per merito.

 

A complemento delle relazioni scritte il "Gruppo Giacomiano" presentò alla presidenza del convegno la seguente mozione:

«Il convegno di Pisa per lo studio dei problemi economici dell'ordine nuovo, ricorda che:

1) Il lavoro rappresenta un dovere e costituisce, colla vita dei cittadini, la sola vera fonte di ricchezza della Nazione;

2) Lo Stato deve eliminare da se la funzione fiscale per dedicarsi solo ed esclusivamente ad assicurare ai suoi cittadini tutte le forme di assistenza sociale, di cultura e di sviluppo e di coordinamento.

3) Il raggiungimento di una vera giustizia sociale non può essere realizzato se non si da al lavoro, inteso come fattore principale produttivo, la possibilità di concorrere alla ripartizione della produzione, in rapporto alla sua partecipazione produttiva ed alle sue necessità.

Segnala ai poteri responsabili la necessità che:

1) Venga definitivamente abbandonata la base aurea per la nuova moneta da emettere (Moneta-Lavoro).

2) Il volume della moneta da mettere in circolazione sia in rapporto alle capacità produttive ed alle necessità nazionali.

3) Ad eliminazione della opprimente macchina fiscale, la nuova moneta sia automaticamente svalutabile anno per anno nella percentuale atta ad assicurare allo Stato i mezzi per assolvere a tutti i suoi impegni (20%).

4) L'equilibrio tra importazione ed esportazione possa essere raggiunto o coll'emissione di una apposita moneta manovrata esclusivamente alla Banca di Stato, o con l'invio di apposite squadre di genieri presso gli Stati creditori per scambiare col lavoro quanto si è avuto in merce e viceversa».

 

Gaspare Ferretti Fantauzzi

 

Note:

(1) Mt, 26, 15.

(2) Zc, 11, 12.

(3) Boldrini P. L., "Crisi del sistema monetario", Ed. Le Monnier, Firenze, 1933, p. 11.

(4) Ruggero V., "Economie sporche", Ed. Bollati Borighieri, Torino, 1996, pp. 30 e 152.

(5) Marx K. - Hegels H., "Il manifesto del partito comunista", Ed. Einaudi, Torino, 1948.

(6) Auriti G., estratto dagli atti del convegno "Capitalismo e diritto sociale", tenutosi il 10/6/91, presso l'Università di Teramo.

(7) Idem, "La società di capitale come strumento di dominazione economica", in "Occidentale", Roma, marzo 1975, p. 19

(8) Chiunque sia in possesso di libri, opuscoli o manoscritti del Giàcoma, è cortesemente invitato a porsi in contatto con me per tramite di "Aurora".

(9) Estratto dalla "rassegna Monetaria", anno XXXIX, n° 3/1942.

(10) Di lui ho reperito solo due libri: "L'anno di novanta giorni", pubblicato con lo pseudonimo di G. Garavaglia; Ed. Tempi Nuovi, Roma, 1943 e "Il Partenariato", Ed. Fondazione L. Einaudi, Roma, 1975.

(11) Idem, o.c., pp. 233, 234 e 246

 

 

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