da "AURORA" n° 42 (Luglio 1997)

L'INTERVENTO

Un viaggio nella mente del filosofo killer

Anna Moricca

 

Amo il diritto, come la mia vita, forse ancor di più; ho quasi portato a termine i miei studi in questa eccellente, ma ora maledetta, Facoltà di Giurisprudenza, da quando il 9 maggio è stata uccisa Marta Russo, mentre passeggiava per i viali dell'ateneo. Sconcerto, terrore, rabbia, questo e altro ancora nel mio cuore, come in quello di tanti altri studenti.

Agghiacciante l'accusa di omicidio volontario contro Giovanni Scattone, 30 anni, assistente di Filosofia del diritto; sarebbe lui, secondo il Pubblico Ministero, La Speranza, l'esecutore materiale di un così efferato delitto. Sostenni proprio con Scattone l'esame di Filosofia del diritto il 27 maggio '94.

Un'interrogazione brillante, con un interlocutore di un acume e di un'intelligenza così superiori, da poter essere evidenti in soli venti minuti di colloquio. Ma se è stato veramente lui, cosa può averlo spinto ad agire in tal modo? Quali forze oscure si agitarono in quell'istante dentro di lui? Il movente è tuttora oscuro. Non sono convinta che non ci siano sempre in agguato i teorici della strategia della tensione (del resto il giorno in cui Marta veniva, uccisa correva l'anniversario della morte di Aldo Moro); probabilmente non si tratta solo del gesto sconsiderato di un esaltato, ma anche e piuttosto di un gesto di un piccolo gruppo di dementi che si sfidavano ad avere il coraggio di uccidere.

Fa riflettere l'atteggiamento di Scattone durante e dopo l'arresto: ride, scherza, nega, poi chiede al suo legale: «Perderò un anno di carriera?». Il tutto è disarmante. Ma c'è una spiegazione. Di certo ha paura... e il vero problema della paura si situa nei suoi sconfinamenti. Essa arriva a paralizzare l'azione e acceca l'intelletto: è questo il suo inconveniente principale. La battaglia contro le immagini-idee folli da essa create si da a colpi di respiro che bisogna sforzarsi di rendere profondi e calmi. Il flusso dell'inspirare e dell'espirare permette di riconcentrarsi e di essere forte anche mentre si lotta contro le proprie trappole e i propri timori.

Attenzione: dal respiro e dallo sguardo non deve trasparire alcuna eccitazione ma, al contrario, si deve sprigionare una solida determinazione, a sangue freddo e con assoluta trasparenza.

È ugualmente vietato sudare e impallidire, segni questi troppo evidenti della paura. Naturalmente occorre portare a termine tutto ciò istintivamente, senza rifletterci sopra; bisogna agire con istinto, perché altrimenti si rischia di essere attaccati nella parte più intelligente della nostra individualità prima ancora di aver avuto il tempo di mettere a punto e in atto questa tecnica. Infine se tutto procede bene, con la situazione esterna ed interna sotto controllo (come è stato prima che Scattone venisse arrestato o comunque accusato), non resta che passare ad un'altra cosa. Si può allora proporre di andare a bere un bicchiere (proprio come ha fatto Scattone, la sera stessa dell'omicidio, insieme ai suoi «compagni di gioco», Salvatore Ferraro suo collega, e Francesco Liparota l'usciere dell'Istituto, entrambi accusati di concorso in omicidio volontario), per ritrovare, senza correre pericoli maggiori il piacere intenso e silenzioso del gioco e la tensione squisita del confronto. Ciascuno proietta i suoi tentacoli vibratori sul mondo, ciascuno si proietta su ciò che lo circonda... forse che nell'Istituto di Filosofia del Diritto si ragionava di sfide alla legalità e di vendette?

Se davvero c'è stato un ribaltamento della logica e dei valori, allora siamo in presenza, della violenza nel suo manifestarsi più puro, che può nascondere, anche nelle menti «elette», il bisogno di rompere, di annientare e anche di uccidere.

Un viaggio nella mente del filosofo killer.

Anna Moricca

 

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