da "AURORA" n° 47 (Marzo 1998)

CULTURE E CIVILTÀ

Tuareg: gli abitanti del deserto

da  "Survival"


«Come la carogna che si disputano le aquile grigie
così son straziati e fatti a pezzi i miei pascoli»

Hawad, un poeta Tuareg moderno


 

I Tuareg risiedono nel Sahara e nelle regioni africane del Sahel. Vivono in uno degli ambienti più aspri della terra come pastori nomadi o come pastori e allevatori insieme, e hanno sviluppato un tipo di società altamente complesso e sofisticato. Storicamente erano i padroni della regione e controllavano il traffico delle carovane attraverso il deserto.

«Tuareg» è un nome dato loro dagli stranieri. Loro utilizzano per sé nomi diversi di cui il più diffuso è «Kel Tamajaq (Tamasheq)», «quelli che parlano la lingua Tuareg». Le terre tuareg sono tagliate e divise oggi dai confini di cinque Stati-nazione: Algeria, Burkina Faso, Mali, Niger e Libia, in conformità con le divisioni imposte dalla colonizzazione francese agli inizi del XX secolo. Le stime effettuate sul numero totale dei Tuareg oscillano fra il milione ed i 3 milioni, di cui forse 1-1,5 milioni vivono in Niger e probabilmente mezzo milione in Mali.

La maggior parte dei Tuareg segue la fede islamica. Hanno un ricco patrimonio di poesia e musica che viene tramandato alle nuove generazioni dai musicisti che si accompagnano con il tamburo o il liuto. Il loro antico sistema di scrittura (tifinagh) che consiste di sole consonanti, in passato veniva usato solamente per messaggi personali, ma attualmente si è sviluppato in nuovi modi, si è arricchito di vocali e viene utilizzato anche per la comunicazione generica e la letteratura. Questo dimostra che nonostante la perdita dell'indipendenza, la cultura dei Tuareg è viva e forte.

Al tempo della colonizzazione francese, i Tuareg erano divisi in numerose e vaste confederazioni di clan. La gerarchia sociale (con alcune varianti fra le comunità) consisteva di nobili (imajaghen, imuhagh, imushagh), tributari (imghad), sacerdoti (ineslimen), artigiani (inaden), uomini liberi (ighawellen) e schiavi (iklan). La schiavitù era praticata non solo dai Tuareg ma in tutta l'Africa occidentale. L'appartenenza al clan e il patrimonio di famiglia venivano di solito ereditati seguendo la linea della discendenza femminile. Le donne avevano e godono tuttora di una considerevole libertà economica e sociale e prendevano parte alle decisioni che guidavano le comunità quando queste possedevano ancora la propria indipendenza. Molte di loro sono musiciste e cantanti, e sono generalmente le madri ad insegnare ai bambini la scrittura tifinagh.

I Tuareg si opposero all'invasione francese del XIX e del XX secolo con una tenacia feroce. Sconfitti militarmente, continuarono a fare resistenza con mezzi quali la non-cooperazione e il banditismo. Alla fine, tuttavia, essi persero l'uso di molti dei loro territori e la loro organizzazione politica si sfaldò, minata dalle autorità coloniali che imposero nuove e aliene forme di governo.

Con l'indipendenza dell'Africa, la divisione dei popoli Tuareg fra cinque nazioni separate ha portato alla loro dominazione da parte dei gruppi maggioritari di ognuno dei diversi paesi, in prevalenza agricoltori stanziali. Il commercio su carovane, già indebolito prima del periodo coloniale, fu annientato completamente dalla concorrenza delle strade e dei camion, e dalle tasse doganali imposte dai governi nazionali per prevenire i legami lungo i confini. Ad aggravare questa situazione giunsero le siccità degli anni '70 e '80. Imprigionati dalle frontiere, i Tuareg non poterono convivere con l'avversità come in passato trasferendosi presso i pascoli dei loro parenti. Centinaia di migliaia di famiglie, distrutte e ridotte alla fame, furono costrette a ritirarsi nei campi profughi. I giovani furono costretti ad abbandonare le loro terre e a cercare lavori saltuari nelle città dell'Africa settentrionale e occidentale, molto spesso come guardie. Fungere da guide turistiche è una opportunità per pochi.

Nel cuore del territorio tuareg, in particolar modo tra Niger e Mali, sono state individuate miniere di oro, uranio e altri minerali, e anche depositi di petrolio e gas. Le compagnie internazionali sfruttano le risorse da cui i Tuareg ricavano principalmente solo lavori pericolosi e mal pagati.

Tutto ciò ha portato i Tuareg prima alla militanza politica e poi anche alla formazione di movimenti armati anti-governativi, alcuni dei quali mirano alla secessione e alla formazione di uno stato tuareg. Nel 1990-1991, scoppiò un conflitto molto violento sia in Niger che nel Mali. In Mali, la situazione peggiorò quando una serie di accordi stipulati tra il governo e i ribelli non vennero poi trasferiti dalla carta alla realtà. Con la collaborazione dell'esercito del Mali, tra gli Shongay è stata reclutata una «unità di autodifesa» che fa ancora oggi ricorso alla retorica razzista e parla apertamente di sterminare i «bianchi», inclusi i Tuareg e altri gruppi di lingua araba come i Moor. La repressione della società tuareg ha continuato a crescere raggiungendo il culmine nel '94, quando interi campi di donne e bambini vennero massacrati dall'esercito e dalle milizie paramilitari. I tentativi di giungere alla pace e al disarmo sostenuti dalle Nazioni Unite sembrano aver cominciato a dare alcuni frutti dai primi mesi del 1996, ma i Tuareg restano scettici.

In Niger, è stato firmato un accordo nell'ottobre 1994, ma la pace è fragile e resta da vedere come il nuovo governo, salito al potere nel 1996, gestirà la questione.

Una delle conseguenze più serie di tali ostilità è la crisi dei rifugiati che ha portato Algeria, Burkina Faso e Mauritania allo scontro. Nel 1996 è tuttavia iniziato un movimento di rientro. Il numero dei rifugiati in Mauritania è già sceso dagli 80.000 del 1994 a 32.000, ma ne restano ancora circa 35.000 in Burkina Faso e un numero simile in Algeria. Le condizioni dei campi, che erano atroci, sembra siano migliorate.

Solo il tempo ci permetterà di vedere se le ultime iniziative, diversamente dalla prime, sfoceranno in una pace autentica in Mali e Niger. Se accadrà, i Tuareg potranno ancora accogliere la sfida di recuperare quel che resta del loro stile di vita pastorale e determinare il proprio destino.

 

Survival International è un'organizzazione internazionale di sostegno ai popoli tribali. Difende il loro diritto di decidere del proprio futuro e li aiuta a proteggere le loro vite, le foro terre ed i loro diritti umani.

 

 

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