da "AURORA" n° 48 (Aprile - Maggio 1998)

CONTROSTORIA

Note «revisionistiche»

"Proculus"

 

È uscito, per i tipi della Einaudi, "Fattacci" di Vincenzo Cerami. Il libro tratta di quattro delitti avvenuti in Italia negli ultimi dieci anni:

1) La vendetta del «canaro»;
2) L'omicidio del nano;
3) Il boia di Albenga;
4) I marchesi Casati.

Tralasciando il 1°, il 2° ed il 4° che penso possano interessare poco ai lettori (1) mi soffermerò sul terzo, e cioè sul «boia d'Albenga», al secolo Luciano Luberti.

In contemporanea all'uscita dei "Fattacci", il direttore di una rivistina della Liguria occidentale, vicina al PDS, trae pretesto dal libro per dipingere il Luberti quale «personaggio della RSI».

Il giornalista in questione, (di cui non faccio nome, in quanto agli inizi degli anni '60 era simpatizzante di un gruppo nazional-europeista e, tra chi ha bazzicato in quell'area, c'è una solidarietà e tolleranza al di là delle scelte fatte più tardi in tutte le aree possibili e immaginabili della politica e della cultura italiana; io stesso mi considero di sinistra e non «fascista») si sposterà su posizioni liberaldemocratiche e radicaleggianti per approdare infine, agli inizi degli anni '70, al PCI, ove farà una brillante carriera locale, facendosi portavoce delle tendenze più liberals e occidentaliste del partito di Berlinguer. Nel 1976 sarà tra i notabili «rossi» di Alassio che faranno intervenire la Celere contro i giovani e le donne (tra cui alcuni appartenenti alla base del PCI) che contestano l'elezione di Miss Muretto, e cioè una ragazza sud-africana bianca proveniente da un paese retto dall'apartheid. Inoltre il Nostro è importante funzionario turistico e locale corrispondente di alcuni quotidiani borghesi e subalpini; odia l'ecologia onde giustificare gli enormi carichi di spazzatura lasciati sulle colline e sulle spiagge dai «turisti» (ma io li chiamerei «zozzoni»), che naturalmente «portano soldi», per cui l'ecologia diventa (nella sua giustificazione intellettuale) «sovrastruttura borghese», anche se ultimamente gli è andata un po' male, in quanto il comune di Alassio s'è lo è pappato la Lega Nord (la cosa, beninteso, non mi riguarda).

Veniamo ora al Luberti. Innanzitutto a mio avviso, gli organizzatori della "Voce dei vinti" televisiva, hanno sbagliato a chiamare proprio questi. Come qualcuno ricorderà, il Luberti, circa 30 anni or sono, venne accusato di avere ucciso l'amante Carla Grüber, e di averla tenuta nascosta in casa per mesi. Che tra i due ci fosse un rapporto sado-masochistico, (come il Nostro si affretta a sottolineare) è confermato dalle testimonianze in Tribunale, riportate dal libro, dell'ex-marito della Grüber. Tuttavia se accusa ci deve essere verso il Luberti è quella di omicidio e non il tipo di preferenze sessuali (sembra la coprologia), accentuate invece dal giornalista in questione, il quale, chissà di quanti bei discorsi sulla libertà sessuale avrà riempito bocca negli ultimi 40 anni, eccolo, ora rispolverare il suo sessuale «znadovismo», onde stabilire lui ciò che è bene e ciò che è male, soprattutto se il «male» è praticato da uno che non la pensa come lui.

E veniamo agli aspetti più marcatamente politico-ideologici del Luberti (di cui, sia chiaro, non mi passa neanche per la mente di giustificarne gli eccidi contro civili, praticati nella cittadina ingauna, anche se, siamo alle solite, la storiografia locale ha riprodotto in piccolo ciò che su scala europea si è detto per la Shoa: il numero dei civili torturati o uccisi sono ricordati, circa una sessantina, mentre per altri esso supererebbe i cento. Resta chiaro, beninteso, che si trattasse pure di una sola persona sarebbe comunque un fatto esecrabile).

Luciano Luberti, classe 1921, presta servizio, sino all'8 settembre '43 nell'Artiglieria. Dopodichè, pensa di continuare la guerra arruolandosi, nemmeno alle SS italiane, ma addirittura nella Wehrmacht (possibilità che forse gli è facilitata dalla sua nascita a Trento, aggregata in quei giorni, direttamente al Reich germanico).

E la Wehrmacht, sappiamo bene quale tipo di politica svolgerà in Italia per tutto il periodo della guerra che rimane. Essa guarda con sospetto (e disprezzo) la giovane repubblica. Si oppone, in combutta con i capitalisti ai progetti di socializzazione elaborati al congresso di Verona; tratta direttamente con le maestranze, magari pagandole bene e distribuendo loro sigarette e cioccolata, purché, naturalmente, esse si mostrino indifferenti o addirittura boicottino la Socializzazione.

E nel perseguitare i civili, la Wehrmacht non è (fatte alcune sacrosante eccezioni) da meno delle SS. Forse è meno antisemita, visto che qualche ebreo (specie se nato da matrimonio misto) riuscì ad entrare nella Todt, ricevendo lo stesso trattamento degli altri dipendenti.

Sempre nel libro di Cerami si legge che la madre di Luberti, ancora viva al momento dei fatti, ha dichiarato che suo figlio «ha salvato diversi ebrei». Cosa non impossibile, visto che «... i marinai tedeschi in Liguria (...) più di una volta mostrarono una certa umanità (...) si lasciarono andare a qualche frase di conforto per i prigionieri, e fecero persino parte del lavoro (...) Uno faceva la guardia per avvertire in tempo (...) Abbiamo fumato e chiacchierato con loro (...) non tutti i tedeschi sono uguali ...». (2)

A questo punto si vorrà insistere sul «fascismo» di Luberti, per il fatto che egli alla fine degli anni '60 aderirà al Fronte Nazionale. Certamente (ne era anche il cassiere). Ma qui c'è da chiedersi: fino a che punto il FN era fascista?

Il FN era stato fondato dal comandante J. V. Borghese, fondatore della Xª MAS, uomo di punta della Marina Repubblicana. Già, ma c'è solo un piccolo problema. La Xª farà sempre una politica in piena autonomia dalla RSI, dal PFR e da quelle minoranze di sinistra autentica che alla repubblica si erano avvicinate. Valerio Borghese si pose come aiutante, a Torino, dell'Ing. Valletta, tentò un golpe per deporre Mussolini (rischiando di essere arrestato dalle Brigate Nere), salvò gli impianti industriali e il porto di Genova, -tanto è vero che il 25 aprile saranno gli stessi partigiani, unitamente ai Vigili del fuoco, che a Genova salveranno i Marò dalla folla inferocita- (3), in alcune zone ha avuto contatti con i partigiani, ha contatti con la Marina del Sud, e non a caso a guerra finita i marinai delle due parti si riabbracciarono (si racconta che a Taranto, i marinai badogliani avessero piantato un puttanaio pazzesco, nell'estate '45 per fare rilasciare i Marò della Xª ancora prigionieri degli Inglesi); nel maggio '45 il capo del Faro di Portofino, già condannato a morte dai partigiani, viene addirittura salvato da marinai della Missione Sovietica (!). Già prima del 25 aprile, lo stesso Churchill pare volesse utilizzare la Xª in funzione anticomunista, per l'infondata paura che lo statista britannico aveva che i Russi, attraverso l'Austria avrebbero potuto invadere l'Occidente. (3)

Non bisogna tuttavia tacere, che una parte di ex-Marò (che durante la RSI si erano arruolati nella Xª credendo di lottare per gli aspetti più sociali e popolari del fascismo) passerà a sinistra. "L'Espresso" di alcuni anni or sono, narra che nel dopoguerra a Roma, c'erano due intere sezioni del PCI composte interamente da Marò; non bisogna poi dimenticare quel Marò (di cui non ricordo il nome) caduto a Santo Domingo nel '65, nelle file «castriste», nel disperato tentativo di respingere l'invasione nordamericana, ordinata personalmente dal presidente L. J. Johnson (in quel periodo elevato a «dio» dal "Secolo" d'Italia), e a cui anche "l'Unità", anni fa, dedicò un ampio servizio "Il fascista che morì per la libertà".

Infine, un altro Marò, che non ha mai rinnegato il suo passato, è il musicologo e regista Piero Vivarelli (si! proprio il paroliere di Celentano), oggi iscritto (dopo le delusioni del ex-PCI) al Partido Comunista de Cuba, paese in cui sta girando un film proprio in questi mesi (4). La militanza comunista del Vivarelli, tuttavia non basta ai redattori de "l'Incontro" (una rivista anticlericale, sionista e sedicente «socialista» del triangolo industriale) che hanno tuonato lampi e fulmini contro di lui, poiché nel corso di una recente trasmissione televisiva, il Vivarelli ha parlato della Xª con una certa obiettività.

Quanto ai Marò di destra, un alta percentuale si farà agente dei servizi segreti americani, della Gladio e delle varie lobbyes occidentalistiche. Il resto è cosa risaputa. Il cosiddetto tentativo di golpe «fascista» del '70, altro non sarà che una manovra dei soliti ambienti atlantisti, un «golpe» liberal-conservatore (a cui partecipano anche ex-partigiani badogliani, liberali e monarchici) alla Pinochet, con la con-partecipazione del moderatismo doroteo e, persino socialdemocratico (con tutto il rispetto per i socialdemocratici in buona fede).

Da ciò, si può notare come il fascismo vero (anche quello più «destro») c'entri come i cavoli a merenda.

Luciano Luberti si può definire in tutti i modi, colpevole o innocente, mostro o sano, criminale o meno, porco o fesso. Non sono né un giudice, né un poliziotto, né uno psichiatra.

Ma una sola cosa, non si può dire: che egli sia stato un «personaggio della RSI».

 

Proculus

 

Note:

1) È interessante notare che tutti e quattro i «fattacci» trattano del rapporto vittima-carnefice, un rapporto di complicità reciproca di cui la Cavani ebbe già modo molti anni fa di occuparsi con "Il portiere di notte", pellicola che oltre ad attirare i fulmini di un rozzo e volgare marxismo moscovita, fece eco, a quest'ultimo il bonzo della critica cinematografica di sinistra di allora Goffredo Fofi, il quale, dalle colonne de "I Quaderni Piacentini" tuonò contro la Cavani, come un domenicano da un pulpito iberico del XVII secolo;
2) Renzo De Felice, "Storia degli Ebrei Italiani sotto il fascismo" (riportato in C. Brizzolari, "Gli Ebrei nella storia di Genova", Sabatelli Ed. Genova '72;
3) Guido Bonvicini, "Decima marinai - Decima Comandante", Mursia, Milano '96;
4) Nuova Unità (1/98), "Il cinema italiano a Cuba", di Gioia Minuti, ove naturalmente non si fa alcun cenno all'ex-appartenenza del Vivarelli alla Xª.

 

 

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