da "AURORA" n° 48 (Aprile - Maggio 1998)

LETTERE AL DIRETTORE

 

Carmignano 21/3/98

 

Cari amici,
il vostro motto sui deboli e sui forti che combattono potrebbe essere interpretato secondo le filosofie orientali. Le più grandi battaglie si combattono contro se stessi.
Condivido con voi ispirazioni di fondo, obiettivi, valori. Ci divide il cammino intrapreso per raggiungere la meta: solo criticando se stessi, i propri governi, le proprie politiche si diventa credibili agli occhi del mondo. L'Europa non arriverà agli eccessi americani, ma questo non basta per darle la necessaria autorevolezza.
Accusando gli USA del male e implicitamente attribuendo a noi un bene, anche potenziale, siamo parziali. Così ostacoliamo l'autocritica delle menti più ricettive esistenti anche negli USA. Anche là ci sono stati e ci sono propugnatori di un cambiamento radicale nei confronti del mondo esterno. Sono minoranze, ma da noi sono forse maggioranze?
Invece di vedere gli USA essenzialmente in negativo e rafforzare colà un simile stato di cose, sarebbe più costruttivo informarsi su quanti da quelle parti sono animati da buona volontà come noi. Il mondo è meno peggio di quanto pensiamo ed in questo senso esiste un'omogeneità mondiale accanto a contraddizioni e conflitti che passano dappertutto.
Se vogliamo vedere anche i lati negativi altrui, allora cerchiamo di essere imparziali. Innanzitutto evidenziamo quelli di casa nostra e con questo diamo un'immagine di stile affinché anche gli altri facciano pulizia in casa propria
E dovendo parlare delle malefatte altrui, perché non menzionare il peggio del peggio (peggio del socialismo e del capitalismo) esistente in Cina? La si condanna assai facilmente a morte con successivo prelievo di organi da trapiantare, arrivando così al massimo insulto alla vita della vittima. Dal lavoro forzato, nelle carceri ad esempio, ben si capisce la competitività. La grande Civiltà tibetana è stata distrutta. Le guardie Rosse commisero crimini e la collettivizzazione forzata di Mao produsse tanti morti per fame. Non rivendico il socialismo imposto, come fece anche Pol Pot, ma quello nato dalla maturazione delle coscienze.
Alla fine di pag. 14 del n° 46 di "Aurora" viene citato Marx per cui il vero socialismo non appartiene al mondo contadino. Questo è il Marx più noto, quello del "Manifesto" e del "Capitale". Ma c'è anche l'ultimo Marx cioè il corrispondente con la «terrorista» russa Vera Zasulic dove si rimangiava quello che sosteneva in precedenza. Riconosce alla comunità contadina russa una possibile rigenerazione interiore che la faccia evolvere da un socialismo primitivo ad uno più evoluto secondo criteri morali più che materiali, saltando la fase infernale del capitalismo sperimentata dall'occidente.
Dunque, addio leggi oggettive dello sviluppo capitalistico verso la redenzione finale. La liberazione sociale diventa un cammino interiore e l'ultimo Marx si ritrova filosofo quale era all'inizio.
Marx era un uomo, con tutte le sue debolezze e contraddizioni. Invece bolscevichi e loro continuatori hanno preteso la coerenza assoluta delle sue idee e se ne sono ammantati per criminalizzarne la memoria con i loro crimini: a pensare che Marx stesso mise in guardia da chi voleva sfruttare il suo nome per farne un'ideologia.
Allego ritagli di stampa su globalizzazione e USA ed una rivista animalista che apre nuovi orizzonti mentali, che aiuta ad uscire da un soffocante antropocentrismo. Fu Nietzsche a parlare di puzza d'umano e che non se ne può più di tutto questo circondarsi di discorsi e presenze umane. Figurarsi dopo un secolo dalla sua morte!
Naturalmente si spera che qualcuno non si senta autorizzato da simili discorsi a trarre proprie conclusioni sfoltendo l'umanità con le «atomiche dei poveri».
Da questo punto di vista il peggior nemico degli USA sembra allignare al suo interno da molti fanatici ispirati al neo-nazismo.

 

Tiziano Galante

 


 

Caro Tiziano,
quel motto non è farina del nostro sacco. Si tratta di un aforisma di Bertold Brecht che, come giustamente rilevi, può essere collegato a concetti propri delle filosofie orientali anche se, è giusto ricordarlo, la distinzione tra «piccola guerra» -quella contro nemici esterni- e «grande guerra» -contro sé stessi; i propri limiti, contraddizioni e debolezze-, è tutt'altro che estranea alla cultura occidentale. Occidente, beninteso, come dimensione «europea» che è altro rispetto all'improprio significato assunto da questo concetto nell'ultimo mezzo secolo.
L'autocritica è un momento indispensabile per ogni cervello pensante a patto che essa abbia caratteri costruttivi. Per quanto ci riguarda noi italiani tendiamo ad essere ipercritici su tutto; sulla nostra politica, sui nostri governi, sulla nostra organizzazione sociale, sulla nostra storia, sul nostro presente e sul nostro futuro. Raramente ci prendiamo sul serio ed è rarissimo che un italiano esprima l'orgoglio di essere tale epperò non per questo abbiamo acquistato in credibilità agli occhi degli altri popoli. Simpatici forse lo siamo? Ma di quella simpatia che si prova per il conoscente scapestrato e fanfarone; un po' Arlecchino e un po' Pulcinella, non a caso le «nostre» maschere nazionali.
Le aspirazioni, gli obiettivi e i valori per incidere nella realtà e non essere ridotti a mere enunciazioni di principio debbono accompagnarsi a comportamenti coerenti e la critica per essere credibile deve essere oggettiva. Farsi male a tutti i costi serve a poco (si rischia di sconfinare nella patologia); la storia dopotutto dovrebbe insegnarci qualcosa.
L'Europa non è il giardino dell'Eden e gli Stati Uniti non sono il male, in questo sono del tutto d'accordo. È necessario, spesso non lo si fa con la dovuta nitidezza e forza, distinguere tra le oligarchie imperialiste e il popolo statunitense: il quale è non meno dei popoli del resto del mondo vittima di un sistema economico-sociale profondamente iniquo.
Ciò non rimuove la necessità di individuare anche «fisicamente» il Nemico e non vi è dubbio alcuno che gli USA siano il «luogo» da cui si dipana quella che S.P. Huntington definisce nel ultimo saggio ("Lo scontro delle civiltà e il nuovo ordine mondiale") «coca-colonizzazione» o «Mcdonaldizazzione» del pianeta.
L'Europa ha le sue non lievi responsabilità nella spoliazione materiale e nell'annichilimento culturale dei Paesi sottosviluppati ricattati da istituzioni sovranazionali nelle gestione delle quali la corresponsabilità delle nazioni europee è notoria, ma il ruolo centrale nella globalizzazione e quindi la responsabilità dei costi umani che essa comporta va essenzialmente attribuita agli USA i quali dopo il crollo dell'Unione Sovietica gestiscono in regime di monopolio il «potere duro» (controllo fisico del territorio, forza militare, supremazia economico-finanziaria) mondiale.
Le bestialità compiute dal governo cinese sono note da tempo, anche se i media occidentali solo negli ultimi tempi hanno concesso lo spazio che meritano epperò tacendo alcuni aspetti, certo i più scabrosi e moralmente esecrabili, della responsabilità europea, giapponese e statunitense. Notizie non confermate, ma per questo non meno preoccupanti, indicano in 10.000 i clienti dei paesi ricchi che si rivolgono annualmente agli ospedali cinesi per effettuare trapianti. E se il Calvario del Popolo tibetano ha, grazie al prestigio del Dalai Lama, avuto una certa risonanza nei mass-media occidentali lo stesso non si può dire per le centinaia di bambini malesi e indonesiani abbandonati nelle discariche dopo essere stati, si dice da vivi, privati degli organi per i quali i ricchi occidentali sono disposti a pagare cifre astronomiche o dell'insulto quotidiano che il turismo sessuale (nel quale pare gli italiani siamo abbondantemente rappresentati) alla parte più debole e meno tutelata di quei popoli.
Non è stata certo la lettura de "Il libro nero del comunismo" ad averci resi edotti sui crimini di Pol Pot e sulla bestialità delle Guardie Rosse durante gli anni della Rivoluzione Culturale: orrori immani seppure a lungo sottovalutati da chi per mezzo secolo si è adoperato, e ancora si adopera, a catalogare i crimini sulla base dell'ideologia professata dagli assassini. L'ennesimo vile insulto alle vittime, a tutte le vittime, le quali continuano ad essere sfruttate nel mercato delle vacche della polemica politica.
Certo, la «puzza d'umano», nell'inoltrarsi in queste tematiche, si fa veramente asfissiante.

 

Luigi Costa

 

 

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