da "AURORA" n° 50 (Luglio - Agosto 1998)

LETTERE AL DIRETTORE

 

 

Caro Direttore,

mi riferisco a quanto è apparso a pag. 122 del Televideo Rai del giorno domenica 28 giugno '98 alle ore 23.56, su quanto l'On. Violante, Presidente della Camera dei Deputati ha detto a Guardiastallo, in provincia di Pisa, in occasione della commemorazione dell'eccidio nazista del '44 che vide l'uccisione di 57 italiani:

«Dobbiamo fare in modo che i valori della Resistenza diventino i valori di tutto il Paese, anche di coloro che erano gli eredi degli sconfitti della lotta di liberazione» e ha definito «un fatto importante» l'articolo su "Le Monde" in cui Fini riconosce nell'antifascismo «il fattore determinante per restituire al Paese la libertà democratica».

Chi scrive, classe 1921, è uno di quelli che, come tanti altri italiani, ha combattuto nella Repubblica Sociale Italiana, Volontario nei Btg. "M", per difendere l'Onore Nazionale, con una sfida tanto più nobile in quanto compiuta nella consapevolezza della sconfitta militare. E questo è stato l'unico vero scopo per cui abbiamo aderito alla RSI. Abbiamo inteso continuare, anche dopo l'infausto 8 settembre '43, la lotta iniziata per contrastare l'avanzata degli Eserciti invasori da una parte e non lasciare ampia azione di vendetta all'Esercito tedesco sentitosi ancora una volta tradito.

Per noi combattenti della RSI non è stata una guerra di liberazione in quanto, oltre agli americani, dovevamo tenere testa ai tedeschi perché dopo l'armistizio sono stati ancora una volta abbandonati al loro destino da coloro che avevano ripreso a collaborare con il nemico invasore. Ci siamo battuti e difesi con tutta la nostra Fede anche dalle imboscate delle formazioni partigiane che operavano al Centro e al Nord dell'Italia, le quali, dopo ogni loro azione, lasciavano crudelmente le loro vittime a terra e si ritiravano subito sui monti per raggiungere i nascondigli da dove erano partiti. Abbandonavano, consapevolmente, al loro destino, le inermi popolazioni vittime delle loro azioni e in balia della feroce rappresaglia tedesca, perché era nella loro logica che ogni qual volta scendevano a valle «sparavano e sparivano».

Dopo l'8 settembre '43, noi Soldati d'Italia per non cedere al nemico abbiamo continuato per la nostra strada consapevoli dei rischi cui andavamo incontro con l'arruolamento volontario nella RSI. Abbiamo sperimentato sulla nostra pelle, le malvessazioni, le torture e le sofferenze patite sino al martirio; una volta catturati prigionieri, venivamo sottoposti ad ogni sopruso non essendo mai stata rispettata la legge internazionale vigente sui prigionieri di guerra catturati dal nemico.

I nostri Martiri sono la dolorosa testimonianza di Fede e di dedizione assoluta e disinteressata verso la Patria.

Mi pare che il Presidente Violante corra un po' troppo rivolgendosi direttamente agli «eredi degli sconfitti», come lui ci definisce, facendo finta di ignorare che gli sconfitti sono ancora in vita in un numero considerevole e, grazie al Cielo che ci conserva integri, siamo ancora in grado di contrastare le sue idee politiche e di tramandare ai nostri eredi le ideali valutazioni da fare serenamente rispetto alle due Italie: quella nata e prosperata sotto il Fascismo e quella nata e non cresciuta, almeno sotto il profilo morale, sotto questa Democrazia. Nessuna nostalgia, ma nessuna abiura del nostro passato.

Da parte nostra, nulla in contrario affinché sia raggiunta quella vera pacificazione nazionale auspicata da tutti gli Italiani di cui parla tanto l'On. Violante, anche perché a distanza di oltre 50 anni dalla fine delle ostilità, l'italiano di buoni sentimenti vuole che al passato venga attribuito il giusto valore e che alle parti in causa venga, una volta per tutte, offerto il calumet della pace e dare a tutti l'auspicato segno di concordia e di distensione per la vita di un futuro migliore.

Purtroppo vedo che l'On. Violante oltre che, come politico militante del PDS, nelle vesti di Presidente della Camera, si rivolge addirittura a coloro che erano gli «eredi degli sconfitti della lotta di liberazione».

No, questa affermazione non la accettiamo perché noi Combattenti della Repubblica Sociale Italiana non ci siano «arresi» a coloro che sono stati i protagonisti della lotta partigiana, bensì ai Soldati dell'Esercito americano della 5ª Armata dai quali abbiamo ricevuto il trattamento dovuto ai prigionieri di guerra protetti dalla Convenzione Internazionale di Ginevra: al contrario di quei Reparti in armi i cui Comandanti, credendo alla parola data dai capi partigiani, una volta deposte le armi, hanno conosciuto solo umiliazioni, galera con torture corporali e per molti di essi il sacrificio del Martirio subito.

Se poi si vuole conoscere il motivo che ha scatenato la rabbia tedesca sfociata con l'eccidio di Guardiastallo e se si vogliono ricercare le cause del perché di tanto accanimento verso la popolazione inerme ed innocente, allora basterebbe interrogare la gente del posto per conoscere veramente il comportamento di coloro che l'hanno volutamente e vilmente provocato.

Rievocando certi ricordi di guerra diciamo all'On. Violante che non vogliamo fare il processo alla resistenza, ma dovrà convenire con noi che sono stati troppi e dolorosi gli episodi dei quali i partigiani con il fazzoletto rosso si sono resi colpevoli con orrende stragi e atroci delitti.

Non voglio dilungarmi oltre su questo triste episodio, uguale a centinaia di tanti altri che, purtroppo, sono accaduti, ma se pensiamo anche per un solo momento a quegli italiani, siano essi militari o semplici cittadini vilmente assassinati prima e dopo la cessazione delle ostilità -o a guerra finita e con le armi deposte, epoca da non dimenticare per quanto è accaduto durante le «radiose giornate» del '45- allora il Presidente Violante dovrebbe fare a meno di pretendere la pacificazione nazionale soltanto dalla parte dei reduci della guerra perduta con onore, combattuta sotto le insegne tricolori indossando la gloriosa divisa militare della RSI, colpevoli solo di non avere tradito quella Fede e l'amor di Patria per la quale sono andati incontro. Che l'On. Violante ora li definisca «sconfitti della lotta di liberazione», allora la cosa non ci interessa e non ci tocca più di tanto perché non ci riguarda.

Perciò lasciamo stare le cose come stanno, tramandando alle generazioni future di riscrivere nel modo giusto e veritiero la Storia su quanto è accaduto nel periodo più buio dell'Italia nel XX Secolo (dal rinnegamento dei valori verso la Patria sino alla guerra fratricida attraverso il tradimento delle tradizioni militari e combattentistiche italiche più nobili); periodo che va dal '40 al '45.

Per il riconoscimento dei meriti dati all'antifascismo dal Presidente di Alleanza Nazionale Fini, rilasciato al giornale "Le Monde", questa è una valutazione del tutto personale che riguarda soltanto lui. Prima di pronunciare simili frasi l'On. Gianfranco Fini dovrebbe fare mente locale e ricordare a sé stesso il sacrificio dei nostri Caduti per mano comunista -e ne abbiamo tanti- in tutte le guerre e per le tante battaglie politiche del dopoguerra affrontate a viso aperto per la sopravvivenza dei nostri sani princìpi e per il Partito; per ultimo, in ordine di tempo, il pensiero vada a quei militanti appartenenti al MSI, che formano la schiera ideale dei nostri Martiri, assassinati nelle nostre piazze e nelle nostre Sedi e da noi mai dimenticati in memoria dei quali ci vedono ancora sulla breccia a lottare per riscattare, in democrazia a fronte del loro sacrificio, l'Onore d'Italia che ancora difendiamo con tutto il nostro spirito di italiani di sempre.

Francesco Gavarini (*)
Via Principe Amedeo 35
83023 Lauro (AV)

 

(*) legionario del Gruppo Corazzato "M" Leonessa della G.N.R.

 

 

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