da "AURORA" n° 53 (Dicembre 1998)

MALI D'ITALIA

Investiture e investimenti

Fantauzzi Ferretti Gaspare

 

I colloqui svoltisi in Vaticano l'8 gennaio c.a. fra le autorità ecclesiastiche e la rappresentanza del governo italiano, guidata dal presidente del consiglio D'Alema, si sono articolati in tre distinti incontri: due a carattere privato e uno a carattere pubblico: Wojtyla-D'Alema, Sodano-D'Alema e quello «allargato» ai responsabili di taluni dicasteri vaticani e ai sottosegretari italiani Bassanini e Minniti.

L'anodino comunicato finale, diramato dal portavoce Navarro Vale, riferisce che il Vaticano avrebbe avanzato al governo italiano esplicite richieste in ordine ad «alcune fondamentali aspettative che stanno molto a cuore ai cattolici italiani (...) Il riconoscimento effettivo della parità scolastica con sostegno alle scuole non statali, una più efficace politica in favore della famiglia e l'impegno per offrire alle giovani generazioni concrete prospettive di lavoro ...».

Chiunque aspiri ad un minimo di coerenza e di schiettezza, e intenda indagare, secondo la propria coscienza, i fatti e la loro effettiva eziologia, non può che valutare alla stregua di nullae res i comunicati della Curia, che grondano sempre di «mediocrità boriosa e paludata» (E. Bonaiuti).

Non conosciamo e non conosceremo mai il contenuto dei due colloqui privati; sappiamo tuttavia che, oltre alla parità scolastica, i problemi sul tappeto sono molti e scottanti: gli accertamenti fiscali in corso sulle proprietà ecclesiastiche non finalizzate al culto, le intercettazioni telefoniche riguardanti il caso del Card. Giordano e il conseguente aggiornamento del Concordato teso a costruire più solide coperture alla onorabilità degli alti prelati, il giubileo, la commissione paritetica con il compito di armonizzare il CPP con il Concordato, a presiedere la quale è stato designato il prof. F. Margiotta-Broglio, ma che il Vaticano vedrebbe volentieri presieduta dal prof. C. Cordia. La maggioranza dei vescovi ha fatto sapere di essere in attesa che dalle parole si passi ai fatti, taluni hanno espresso scetticismo, pochissimi entusiasmo.

Se non avessero la mente ottenebrata dagli stravolgimenti della propaganda politica, i cittadini italiani (cattolici oltre il 98,5% tranne i 550.000 fra protestanti, ortodossi, ed ebrei), percepirebbero la palmare antinomia del fatto che lo Stato estero del Vaticano pretenda di presentare richieste a quello italiano in ordine alle aspettative che starebbero a cuore ai suoi cittadini.

Le ragioni di siffatta aberrazione vanno ricercata in due circostanze concomitanti;

a) lo Stato Italiano non soltanto ha smarrito il senso della propria sovranità, ma è stato ridotto nella condizione di caudatario di quello Vaticano, che lo ha indirettamente governato per oltre mezzo secolo, onde non è nemmeno in grado di articolare, sia all'interno che all'esterno, quelle misure atte alla sua difesa e conservazione;

b) lo Stato del Vaticano, avendo significativamente concorso alla corruzione dei costumi degli Italiani con il malgoverno, la laicizzazione e la secolarizzazione del cattolicesimo, si è degradato a livello di mera espressione ierocratica e, quindi, non rappresenta più quell'alto Centro Spirituale da cui promanava la fede nostra e quella dei nostri padri.

E non v'è è alibi che tenga. Alla prova dei fatti (ateismo diffuso, sette, disgregazione della famiglia, edonismo, indifferentismo religioso, criminalità e corruzione a tutti i livelli, ecc.), non si può non ammettere che gli equilibrismi dialettici tesi ad elaborate surrettizie distinzioni fra secolarizzazione, nei suoi aspetti giuridici, filosofici, ideologici, ivi compreso l'azzardato accoglimento in sede teologica dell'autonomia delle «realtà create che hanno origine nel medesimo Iddio» (Cf. GS 36), e secolarismo, quale radicale negazione nell'agire umano di qualsivoglia, riferimento al sacro, hanno conseguito esiti del tutto esiziali per la dottrina cattolica e per la rettitudine dei costumi del popoli...

La teologia o è una cosa profondamente seria, o non è: Dio non ammette dipendenze condizionate.

Singoli pensatori, enti e congregazioni individuarono e segnalarono tale pericolo nel corso del Concilio. Successivamente, ne fecero oggetto di ampia divulgazione (cf. anche la raccolta di "Corrispondenza Repubblicana" organo politico-culturale della FNCRSI). Ora il male è fatto e dobbiamo convenire col Machiavelli che: «... con la chiesa e con i preti noi Italiani abbiamo questo primo obbligo, d'essere diventati senza religione e cattivi, ma ne abbiamo ancora un maggiore, il quale è cagione della rovina nostra; questo è che la chiesa ha tenuto e tiene questa nostra provincia divisa» (Cf. "Discorsi sopra la prima d'ECA di Tito Licio" 1, 12).

La crisi religiosa e il dissolvimento dell'identità degli Italiani sono aspetti di un medesimo processo storico, processo le cui cause remote e recenti richiedono ben altro spazio che quello di una trattazione giornalistica. In questa sede possiamo soltanto registrare la presenza marginale in Italia di due realtà allo stesso tempo positive e impotenti: i pochi cattolici e gli altrettanto pochi portatori di un più alto sentire la propria nazionalità; l'una confusa ed esacerbata perché la chiesa non abbandona le faccenda mondane e l'altra che si macera nella non rassegnata disperazione per una Patria libera, giusta, ordinata e forte. Le quali soltanto appaiono consapevoli che la macchina dello Stato non può reggersi unicamente sopra una formale costituzione, ma deve essenzialmente poggiare sui sentimenti di amor patrio, di giustizia, di dignità e di mutua fratellanza dei cittadini.

Comunque da cambiare integralmente o soltanto da riformare che sia, la costituzione di qualunque Stato, in quanto legge fondamentale e fonte di diritto, non può essere disattesa da alcuno e meno che mai da coloro ai quali è demandato il compito di farla osservare anche mediante la forza delle leggi ordinarie. Ebbene, il comma III dell'art. 33 della Costituzione in vigore stabilisce: «Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole e istituti di educazione, senza oneri per lo Stato».

I motivi filosofici, ideologici e morali di dissenso che si possono accampare rispetto alla vigente Costituzione, non intaccano minimamente la sua oggettività giuridica, la quale non tollera gli escamotages clerico-bolscevici che si vanno predisponendo a vantaggio delle solo scuole private, dei cui docenti e programmi d'insegnamento lo Stato Italiano non ha la benché minima cognizione,

Ciò nonostante, D'Alema si è spinto sino ad affermare che «Cristo è un punto di riferimento essenziale per chiunque si dedichi alla vita politica. Credo -ha poi sostenuto- che il Cristo sia la testimonianza più alta di quanto dare sa stesso agli altri», così chiamando «Il mite Apostolo di Nazareth» (B. Mussolini) a ratificare accadimenti che non riguardano né Lui né il Padre suo. Infine, ha promesso una accelerazione dell'iter parlamentare per l'approvazione della legge sulla parità scolastica.

Come volevasi dimostrare, la vicenda si è temporaneamente conclusa in una molto terrena contrattazione fra chi aveva bisogno dell'investitura papale, come explicita sanatio del proprio passato e come base di un astuto allettamento per l'elettorato sedicente cattolico; e chi aspirava ad un più congruo investimento a fondo perduto dello Stato italiano nelle attività profane del Vaticano.

D'Alema, però, persegue un disegno più ambizioso, ma niente affatto originale il quale, sia pure in un contesto politico, sociale ed economico assai diverso, trae ispirazione da alcune riflessioni di A. Gramsci. Una di esse è inequivocabile: «... anche in Italia il Partito Popolare si spezzerà in due tronconi, non certo i legami religiosi basteranno ad infrenato la lotta, delle classi» (cf. "La Questione Meridionale", Ed. Riuniti, Roma '73, 78). È da ritenere, per altro, che D'Alema non abbia altra alternativa che quella di coinvolgere in un progetto di governo di lunga durata le stesse forze che finora hanno governato l'Italia, il cattolicesimo liberale (orientato dal Vaticano) e le sinistre riformiste (egemonizzate dalla massoneria), quelle medesime forze cioè che propiziarono la fine del fascismo allo scopo di raccoglierne la successione e che, pur essendo concorrenziali, sono solidali nell'unico disegno criminoso di tenere perennemente l'Italia nel caos.

Quanto finora detto, però, non deve indurci a pensare che Eraclito fosse un ingenuo, se non altro perché ricusò la dignità sacerdotale che si perpetuava nella sua famiglia; tuttavia, non essendo stato ancora inventato il gattopardismo, egli pensò il suo pànta rèi senza aggiungervi «se vogliamo che tutto rimanga com'è». Un altro probabile greco, Tomasi di Lampedusa, completò l'opera. Infatti, non più gli aspri miasmi dei campi di battaglia, bensì il profumo morbido d'incenso avvolge ora le lotte per le investiture.

Ma la sostanza non cambia.

Fantauzzi Ferretti Gaspare

 

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