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anno 1 * n° 1

LA POLITICA

 

Crisi del centrosinistra e pericoli di destra in Italia

il bolscevico nero

 

La presente situazione politica italiana è contraddistinta da un palese processo di logoramento del governo Prodi e dell’intero schieramento ulivista. Logoramento che si traduce in perdita di consensi sociali ed elettorali, la cui entità e visibilità è tale da rendere non solo veritiero il grido di allarme lanciato da Cossutta sul pericolo rappresentato da elezioni anticipate a breve termine, ma da considerare anche molto basse le possibilità di una nuova vittoria elettorale ulivista -con o senza il patto di d'esistenza fra centrosinistra e Partito Comunista- alla scadenza naturale della legislatura.

È mia ferma convinzione che -prima di focalizzare i motivi reali di questa crisi latente dell'Ulivo- occorra fare due premesse.

In primo luogo, per qualunque partito o coalizione politica, governare l’Italia non è semplice, ed espone qualsiasi governo ad un notevole livello di impopolarità. Il motivo fondamentale sta nella stretta convergenza fra l’enorme massa il debito pubblico, accumulato nel corso degli anni ‘80 e le logiche capitalistiche dominanti, entro le quali occorre, affrontare il problema della finanza pubblica. In questo quadro, o ci si muove in una strategia di abbattimento dei tassi d’interesse, accompagnata da un'elevata pressione fiscale e da una prudente e graduale razionalizzazione della spesa pubblica, come fatto da Ciampi già nel ‘93, oppure s'impone una brutale politica liberista di smantellamento dello Stato sociale e di licenziamenti nel pubblico impiego, come tentato e, ancor oggi, ventilato da Berlusconi e dal Polo, innescando nel paese una conflittualità sociale e regionale dalle conseguenze imprevedibili.

In secondo luogo, va rimarcato che nella primavera ‘96 l’Ulivo aveva vinto le elezioni politiche con il concorso determinante del voto comunista e antagonista, proprio sulla base della paura e dello schifo che i comunisti e più in generale l'intera sinistra-antagonista, avevano di Berlusconi, Fini, Previti & C., della loro arroganza permanente e dell'insieme delle proposte politiche.

In sostanza, il voto dato da molti elettori di sinistra all’Ulivo, a uomini quali Dini, Maccanico, De Benedetti -che, chi scriva ha dovuto votare a Torino!- è stato un voto contro Berlusconi e le destre, nella speranza che una classe di governo, in gran parte nuova e competente, quasi «pulita», con il pungolo, decisivo di Rifondazione e del sindacato, e -si pensava!- consapevoli delle reali motivazioni del voto ulivista nei collegi uninominali, sapesse attivare quel minimo di slancio riformista, di tutela della Stato sociale e degli interessi della classe lavoratrice e fosse capace di consolidare i propri consensi e, conseguentemente, spazzare via definitivamente dallo scenario politico del paese questa destra che ha in sé veramente un DNA eversivo, come giustamente afferma Cossutta da mesi, predicando però ormai a teste svuotate dalle apparizioni televisive e condizionate dal peggiore settarismo trozkista!

Cosa abbiamo invece di fronte, soprattutto da un anno a questa parte?

Sul piano politico, un governo che, dopo aver riordinato la finanza pubblica riducendo il rapporto debito pubblico/PIL, liberando un minimo di risorse, da destinare alle riforme sociali e all’occupazione, si muove cautamente, fra mille compromessi; annuncia misure di grande portata sociale, come le 35 ore, senza poi provvedere a legiferare sulla questione. Un governo che per le classi lavoratrici e i disoccupati prende misure temporanee -come i lavori socialmente utili a termine per il Sud, stabiliti dalla finanziaria ‘97-; che non ha il coraggio di difendere i giudici di Milano e di Palermo dai vergognosi attacchi della mafia berlusconiana; che non trova i soldi per rinnovare tempestivamente i contratti del Pubblico Impiego, a partire da quello della Scuola, neppure nel quadro dei parametri «capestro» stabiliti dagli accordi del luglio ‘93.

Un governo che invece sussulta di paura ad ogni critica della Confindustria, stanzia migliaia di miliardi per far vendere auto alla Fiat e per fiscalizzare -secondo la prassi rovinosa degli anni ‘80!- gli oneri sociali alle imprese che -bontà loro!- assumono mano d'opera giovanile.

Nel complesso -senza entrare, al momento, nel merito delle questioni interne a Rifondazione comunista- il governo Prodi sembra fare di tutto per innescare il massimalismo parolaio, il settarismo trozkista, il velleitarismo demagogico e suicida di Bertinotti, che aggiunge altri motivi di logoramento e di discredito pubblico all'intera coalizione di centrosinistra (e se si aprisse il libro della «Bicamerale», avremmo argomenti ancor più polemici su D’Alema!).

Tuttavia, sul terreno propriamente sociale, c’è di peggio! Abbiamo fatto cenno ai contratti del settore pubblico, da tempo scaduti e del cui rinnovo si discute solo ora, nel più totale silenzio dei mass media!

Ma qualcuno ha mai sentito una dichiarazione polemica della CGIL su questa situazione scandalosa? Lo stesso discorso vale anche per UIL e CISL, il cui capo minaccia sempre lo sciopero generale, nell’intento di sabotare nuovamente l’unità sindacale per offrire un forte collateralismo ad un possibile Polo di Centro, cui stanno lavorando alacremente «ex» di tutto il Pentapartito, da Cicchitto (ex-socialista lombardiano, duro e puro ed ex-piduista!) a Cossiga.

Il discorso sindacale è ancor più grave, se si guarda alla piattaforma rivendicativa FI0M-FIM-UILM per il rinnovo del contratto dei metalmeccanici.

La componente salariale -ormai decisiva in ogni contratto, dati i tempi politici di restaurazione che stiamo vivendo- provvede, per il biennio, un aumento pari all'1,5% su base annua. La Confindustria ha risposto che la piattaforma è ragionevole: Sabattini, leader della FIOM, fa finta di stupirsi: «Ci è stato detto che la nostra piattaforma è moderata e ragionevole. È la prima volta che mi capita, ne sono sorpreso. Dovremo riuscire a fare il contratto, nei tempi previsti e senza un'ora di sciopero». Che bello! Soprattutto se il tutto viene inquadrato da un'affermazione del "Corriere della Sera" (7/8/98): «Le imprese italiane? Non sono mai state così ricche, così piene di utili,. Soprattutto quelle private che, nel ‘97 hanno più che triplicato gli utili».

Signori «Ulivisti»!

Sarebbe sufficiente questa affermazione per passare all'offensiva sul problema della cosiddetta «elevata pressione fiscale sulle imprese» e della richiesta di sgravi contributivi da parte padronale; per aprire una forte mobilitazione sindacale sul contratto dei metalmeccanici, con l'appoggio di un governo «amico», che ha vinto le elezioni grazie al sindacato e alla sinistra antagonista.

Una mobilitazione politica e sociale di questo tipo darebbe un forte segnale positivo a tutti i ceti popolari del paese -ex elettori e non elettori dell’«Ulivo»-; annullerebbe -finalmente- la snervante petulanza da ballatoio di Bertinotti, assicurando al governo una base di consenso parlamentare stabile e forte; potrebbe persino farci dimenticare la politica di «asservimento schiavistico» alla NATO del trio Prodi/D’Alema/Veltroni (su cui stendiamo un velo pietoso per non rendere troppo ponderoso questo intervento).

In un simile contesto, che purtroppo è solo immaginario politico, sarebbe possibile destrutturare definitivamente il Polo, riemarginare Fini e i suoi «pretoriani», mettere finalmente in galera Berlusconi, Dell'Utri, Previti & C.

 

il bolscevico nero

 

 

 

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