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anno 1 * n° 1

LA SCUOLA

 

Quindici anni sono pochi

Filippo Ronchi

 

I grandi processi di cambiamento di istituzioni come quelle formative, per innestare reali mutamenti, esigono consenso tra le forze impegnate ad attuarli. La maggioranza dell’Ulivo e di Rifondazione Comunista è ben lontana dall'avere creato nei due anni e mezzo di governo una simile condizione. Essa ha preteso, invece, di segnare una forte discontinuità col passato sulle politiche scolastiche, trascurando sprezzantemente gli elementi di fattibilità e i livelli di condivisione -tra i lavoratori della scuola e gli studenti- degli interventi che proponeva.

La recente vicenda dell’innalzamento dell'obbligo scolastico rappresenta un esempio eclatante di tale orientamento. Anche in questo caso sono prevalse logiche di pura mediazione politicista rispetto agli interessi dei ragazzi ed alla coerenza di un disegno di riforma. Come si ricorderà, la maggioranza inizialmente aveva scelto di innalzare l’obbligo scolastico dai 14 ai 16 anni con corsia preferenziale. Poi ha deciso che l’aumento sarà solo di un anno, cioè fino a 15 anni, da spendere tutto nella scuola dell'autonomia che stabilisce anche forme di integrazione con percorsi diversi.

Il «compromesso» si è reso necessario per mettere d'accordo i Popolari, che non volevano che fosse azzerato il ruolo della formazione professionale dove sono presenti anche i privati (soprattutto i salesiani) nell'assolvimento dell'obbligo, e Rifondazione che temeva un'anticipazione nascosta della parità tra le scuole statali e le scuole private.

Da questo importante episodio, escono confermate le più pessimistiche previsioni sullo spessore della conclamata «fase due» della maggioranza di Governo e sul ruolo sempre più losco svolto da Rifondazione Comunista nell’ingabbiare le istanze antagoniste. Riguardo a tutti i temi, accordi con l’Ulivo sono sempre possibili, dietro la motivazione che l'appoggio viene fornito per «condizionare», agendo «dall’interno piuttosto che dall'esterno», per «marcare ai fianchi il partito di D'Alema», per non ridursi ad un ruolo puramente testimoniale, per impedire la vittoria della Destra e finanche il «risorgere del nazi-fascismo»...

Dinanzi ai risultati praticamente nulli ottenuti dal 21 aprile ‘96 ad oggi seguendo questa linea, una simile commedia non regge più. Rifondazione Comunista si è ritagliata, all’interno del sistema, il ruolo di neutralizzare la residua carica eversiva degli antagonisti. Il compito del suo gruppo dirigente è quello di allontanare i nuclei dei potenziali ribelli dall’impegno politico attivo, inducendoli a costituirsi in minoranza estremista dell’agglomerato di partiti apparentemente meno lontano dalla propria filosofia, nel caso specifico l’Ulivo.

L'innalzamento dell'obbligo di frequenza a 16 anni aveva senso, ad esempio, in quanto consentiva di garantire a tutti gli studenti il diritto di avere opportunità formative inserite all’interno di un contesto già strutturato di bienni scolastici. Con la «mini-riforma» approvata recentemente dal Parlamento a maggioranza ulivista-rifondazionista, sarà invece necessario transitoriamente (per quanti anni? La domanda è legittima in una Paese come l’Italia dove l'esame di maturità «sperimentale» è rimasto in vigore per 6 lustri) cambiare i programmi dei bienni (che hanno una propria sequenza logica), renderti compatibili con l’attuale assetto della scuola superiore, riarticolarli in «curricula» annuali, all’interno di un contesto ordinamentale scandito però ancora in un biennio propedeutico ed in un triennio specialistico. Ovviamente tutto ciò è privo di senso.

Altrettanto assurdo è giustificare l’obbrobrio della transitorietà con l’«imminente» riforma dei cicli. È, infatti, fortemente improbabile che questa maggioranza -che non è stata in grado di trovare una soluzione dignitosa al problema dell’innalzamento dell'obbligo- sia in grado di rivoltare la scuola. Essa si preoccupa piuttosto di rafforzare le sue clientele all’interno delle scuole attraverso l’emanazione di disposizioni in cui sono previsti premi in denaro per non più del 10-20 per cento degli insegnanti giudicati particolarmente meritevoli in seguito alla stesura di «progetti», «interventi educativi», ecc., in una serie di istituti prescelti dal ministero della Pubblica Istruzione.

Ma di questo ed altri argomenti che reclamano un approfondimento -come i tanto decantati asili convenzionati dell'Emilia Romagna- avremo modo di riparlare.

Filippo Ronchi

 

 

 

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