da "AURORA" n° 5 (Aprile 1993)

EDITORIALE

Questa volta non lasciamoci fregare

Gianni Benvenuti

La grancassa ha cominciato a suonare. 
Tutti i partiti, maggioranza ed opposizione, sono mobilitati per i referendum del 18 aprile. 
Tutti invitano a partecipare e a votare per il "SI" o per il "NO". 
Non si parla oramai d’altro. 
Mentre sullo sfondo continuano a piovere arresti, comunicazioni giudiziarie, avvisi di garanzia. 
Mentre viene a galla tutto il marcio di questi ultimi cinquanta anni di partitocrazia. 
Mentre sullo sfondo appare un Paese dissestato, aggredito dalla disoccupazione e dai licenziamenti. Un Paese allo sbando. Privo di valori. Orfano di punti di riferimento. 
Con un presente e soprattutto un futuro indecifrabili e pieni di incertezze ed angosce. 
Con un Parlamento delegittimato, incapace di legiferare, ridotto ad una vera e propria bolgia. 
A fronte di tutto questo i responsabili dello sfascio, maggioranza ed opposizione, fermi ed irremovibili nel patetico tentativo di salvare il salvabile: il potere, gli affari e le poltrone i primi, le pur sempre comode poltroncine i secondi. 
È questo che conta. Sono questi i loro unici ed autentici valori. 
Se ne fregano se milioni di italiani sono senza lavoro; se migliaia e migliaia di famiglie sono senza casa; se gli ospedali non funzionano; se la sanità è allo sfascio; se le città sono invivibili; se le pensioni sono da fame. 
Eccoli pronti a scannarsi, a dividere, come hanno sempre fatto, ancora una volta gli italiani su falsi problemi. 
Su cose che non contano, che non modificano di una virgola il sistema. 
Gli uni e gli altri vogliono far credere agli italiani che, con il voto referendario del 18 aprile, le cose cambiano, che all’indomani di quel voto si volta pagina, che con una semplice croce sul "SI" o sul "NO" si dà un calcio al vecchio ed arriva il nuovo. 
Gli uni e gli altri, in perfetta malafede, raccontano alla gente queste fandonie. 
È vero l’esatto contrario. Qualunque sia l’esito non cambia assolutamente nulla. 
Sia i sostenitori del maggioritario che quelli del proporzionale lo sanno benissimo. Gli uni e gli altri corrono per continuare a garantire per loro stessi e per il partito, poltrone e poltroncine. 
Punto e basta. 
I sostenitori del maggioritario, che poi sono in larghissima misura gli stessi che hanno raggirato e distrutto il nostro Paese in questi cinquanta anni, puntano al continuismo. 
Più seggi con meno consensi. 
Cambiare le regole per non cambiare nulla. Forse qualche faccia nuova, degna figlia legittima dei medesimi partiti e delle medesime perverse logiche. 
I sostenitori del proporzionale, alcuni partiti che si autodefiniscono di opposizione, puntano anch’essi al continuismo. 
Non cambiare nessuna regola per restare in sella. Sempre e comunque. Difendono il loro decennale posticino al sole. Vogliono continuare anche loro, falsa opposizione, a sguazzare in questa fogna a cielo aperto. 
Per anni ed anni, quando avrebbero potuto, non hanno fatto niente per cambiare. 
Oggi, allorché la poltroncina vacilla, si scoprono rivoluzionari e portatori del nuovo. 
Gli uni e gli altri sanno benissimo che, con il voto del 18 aprile, niente cambierà. 
Come niente è cambiato dopo il voto sulla preferenza unica. 
Come niente cambia in questa Italia da cinquanta anni a questa parte. 
Il sistema consociativo, ideato dalla DC, continua a spadroneggiare. Indisturbato. 
Sta qui il male italiano. 
Questo sistema non ha bisogno di palliativi, di piccoli e grandi ritocchi, di nuove o vecchie regole. 
Deve essere modificato radicalmente. Va rigirato come un guanto. Occorre un profondo salto di qualità. Un abissale mutamento di mentalità. 
Ecco perché questa volta gli italiani non devono lasciarsi fregare. Il 18 aprile non è affatto una tappa storica, come si vorrebbe far credere. 
È l’ennesimo tentativo di riciclaggio generale. Non a caso, tutti invitano a votare: da Segni ad Occhetto, da Garavini a Fini, da Pannella a Bossi. 
Tutti ai remi, per approdare ancora una volta nella loro esclusiva isola felice. E con loro ci sono Agnelli, Abete, De Benedetti. Tutti dentro. 
Hanno fatto i loro sporchi e porci comodi con cinquanta anni di proporzionale. 
Continueranno a farli, per altri cinquanta anni, con il maggioritario. 
Comunque vadano le cose, siamo fregati.
Il vero autentico referendum, questa volta, lo si deve giocare altrove. Il vero autentico referendum è nella vibrata protesta popolare. 
Nel rifiuto di farsi, ancora una volta, mettere una matita in mano per perpetuare il ladrocinio; l’ingiustizia, la prevaricazione, il malgoverno. 
Questa matita, per questa classe politica -maggioranza od opposizione- deve diventare un boomerang
Il 18 aprile la diserzione è un obbligo. 
Per chi non ci sta ,è il momento di ribellarsi. 
Di passare al bosco. 
Oggi o mai più.

Gianni Benvenuti

 

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