da "AURORA" n° 12 (Dicembre 1993)

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È solo stupidità?

Renato Pallavidini

Il gioco delle rivelazioni scandalistiche, gli avvisi di garanzia e gli arresti eccellenti -l'ultimo in ordine di tempo quello di De Benedetti- continuano a svilupparsi a ritmi quasi convulsi, ma ormai si tratta solo di una guerra per bande fra i vari settori del sistema, venuti a collisione da due anni a questa parte. Gli imprenditori contro i politici. Craxi che giustamente reagisce, facendo presente a quello stronzo di Pansa -condivido il legittimo sfogo televisivo di Ferrara- e a Di Pietro che lui non è il solo ladro, ma anzi ben più grandi sono le responsabilità del mondo imprenditoriale italiano, che sulle tangenti ha costruito le proprie fortune economiche, con gli appalti pubblici, e le proprie protezioni politiche. I servizi segreti, scaricati e trattati come capri espiatori, sparano a zero sulle più alte cariche dello Stato che, naturalmente, tentano di salvarsi alzando il tono della voce e il livello dei reati addebitati agli 007 italiani -ci scusi Sean Cornery!
Tutto questo però, oltre ad essere squallido e un po' ridicolo in quanto tutti sapevano, o almeno sospettavano fortemente tutto da sempre, non è in grado di aggiungere nulla al senso profondo della crisi politica, in atto nel nostro Paese fin dall'autunno '91. Lo stesso arresto di De Benedetti non sembra poter creare alcuna tendenza nuova, ma riconferma pari pari lo scenario politico da noi ipotizzato da mesi. Stiamo vivendo una crisi politico istituzionale profonda, ma interna al sistema di dominio capitalistico, che si sta risolvendo in un ricambio di classe politica che andrà a ulteriore discapito di tutti i ceti popolari, comprese, le fasce più deboli del lavoro autonomo, le quali oggi si stanno muovendo attorno al carro del capitale finanziario e del liberismo economico.
Il mondo imprenditoriale italiano e internazionale ha aperto questa crisi, e sta cercando di pilotarla e di cavalcarla, fomentando il ribellismo qualunquistico dei ceti medi e di ampie fasce popolari, al fine di creare un sistema politico-istituzionale che ne rafforzi il controllo sul Paese, e assecondi una svolta di politica economica in senso liberista.
Diretto controllo sul governo del Paese e liberismo economico erano gli obiettivi che si ponevano la Confindustria e gli organismi finanziari internazionali. Per raggiungerli dovevano smantellare il vecchio sistema politico-istituzionale consociativo e clientelare, che dissipava risorse finanziarie ed aveva radici profonde nell'economia e nella società civile, non fosse altro perché i vari politici DC e socialisti, per essere eletti dovevano dispensare favori ad una pletora di questuanti.
Questo gioco al massacro poteva non avere delle reazioni da parte della vecchia classe politica in liquidazione? Era o non era prevedibile che ne venissero coinvolti i vari corpi istituzionali dello Stato e che questi cercassero di difendersi?
Tutto ciò era nella logica dei fatti e delle previsioni e crediamo che le classi capitalistiche si siano attrezzate per farvi fronte. Su questa linea si arriva alle rivelazioni di Craxi e all'arresto di De Benedetti. E quest'ultimo sviluppo di Tangentopoli ci riconferma nelle analisi che abbiamo testè ricordato. Sul ladro ed infame De Benedetti sono scattate tutte le protezioni possibili: la Chiesa, gli operai dell'Olivetti, i bottegai di Ivrea, gli amministratori pubblici, persino Rai3 e Santoro, ormai allineatisi alla controriforma Rai di Demattè, hanno cominciato a fargli un monumento pubblico disgustoso.
Ebbene noi non abbiamo dubbi, né paura di andare contro corrente. De Benedetti è tre volte ladro e maiale. È ladro e maiale come capitalista che sfrutta il lavoro altrui a fini privati. È ladro e maiale in quanto lucrava sui finanziamenti pubblici, per poi investire verosimilmente in BOT e CCT. È ladro e maiale perché alimentava la pubblica corruzione al fine di ottenere commende e soldi dallo Stato. Se Craxi merita la fucilazione, il sionista De Benedetti meriterebbe di essere fucilato, garrottato e impiccato!
Bisogna avere il coraggio di ammettere che in questo putrido panorama di trasformazione genetica del capitalismo italiano -che è altra cosa da una crisi politica destabilizzante e dal trasformismo continuista- le rivelazioni di Craxi sono l'unico fattore veramente rivoluzionario, in grado di creare -come dimostra lo stesso caso De Benedetti- problemi al mondo finanziario e imprenditoriale.
Craxi ha messo in luce due aspetti della questione, noti a tutti da decenni, ed oggi bellamente dimenticati:
1) il sistema delle tangenti è da tempo immemorabile il sistema politico ed economico italiano, e quindi non nasce solo negli anni '80 con il pentapartito;
2) gli imprenditori ne erano l'anima più profonda, a cominciare, come faceva notare il sen. Libertini, dalla FIAT. Quindi, se si vuole fare una autentica "rivoluzione democratica", si vada sino in fondo e, seguendo il vecchio motto del Presidente Mao Tze Tung, si alzi il tiro sul "quartier generale", cioè la Confindustria e anche più in alto.
Alla guerra per bande all'interno del sistema si accompagna la più classica lotta fra poveri, artigiani contro operai, lavoratori del settore pubblico contro lavoratori del settore privato, cassaintegrati contro disoccupati. E le forze politiche del rinnovamento, da Segni al sen. Miglio giovano a far credere, ad un'opinione pubblica, ormai priva di ogni autonomia di giudizio, che i privilegiati nel Paese sono i pensionati, i cassaintegrati e i pubblici dipendenti che lucrano sul denaro pubblico alimentando il deficit. Questo scontro fra poveri alla base della piramide sociale ha toccato punte di mistificazione vergognose sul problema della minimum tax.
Chi ha alimentato la mobilitazione sindacale sul problema è stata la CISL di D'Antoni e di Morese -quest'ultimo assiduo frequentatore dei convegni di Segni. Più defilata e prudente la posizione di Trentin e della CGIL, che ha rivendicato la minimum tax, ma chiedendo anche una sua revisione.
Identificare l'intero problema dell'evasione fiscale con il lavoro autonomo e con la minimum tax non solo è un falso problema, una classica mistificazione, ma una vera e propria idiozia, se non una provocazione voluta per distrarre quanto resta del movimento operaio organizzato da obiettivi di lotta più importanti, quali la tassazione delle rendite finanziarie o la revisione delle agevolazioni fiscali delle grandi imprese.
Nessuno vuole negare che esista l'evasione fiscale fra artigiani, commercianti e professionisti, né che siano state categorie che in passato abbiano goduto di scandalose impunità e privilegi in materia di tasse, né che si debba cercare di porvi rimedio con la minimum tax. Abbiamo però il dovere di far rilevare due nuovi elementi, che si sono sviluppati all'interno del lavoro autonomo in questi ultimi anni. In primo luogo, se rimangono ancora margini più o meno ampi di evasione sulla dichiarazione dei redditi, è cresciuta a dismisura la pressione indiretta, con bollette e balzelli di tutti i tipi che stanno strozzando i settori più piccoli delle rispettive categorie, soprattutto quelli produttivi. Ne consegue che, in determinati casi, l'evasione, se c'è, è un mezzo per sopravvivere ai minimi livelli in attesa di tempi migliori. In secondo luogo, in conseguenza di questa nuova situazione che, non casualmente si è creata nel corso degli anni '80, il lavoro autonomo non è più una categoria omogenea, ma spaccata e frastagliata, divisa fra settori al limite del fallimento e settori che continuano ad essere opulenti e privilegiati. Come si può paragonare il gioielliere di Valenza al bottegaio della porta accanto, pressato dalla concorrenza dei supermercati e strozzato dalla pressione fiscale? Per non parlare dell'impossibilità di confrontare il calzolaio e l'illustre professionista, notaio o medico, che lavora senza ricevuta fiscale!
Questa non è una nostra, presa di posizione piccolo borghese, ma è la presa d'atto di una realtà che discende dalle forme che lo sviluppo capitalistico ha assunto nell'ultimo decennio. La massa di debiti creati dalle speculazioni finanziarie degli anni '80 è tale da non consentire più alcun margine di privilegio per i ceti medio-bassi all'interno del sistema. Infatti è stato lo stesso FMI o imporre all'Italia un inasprimento della pressione fiscale del 7%, nel 1988. La tragedia di queste categorie è semmai un'altra. Continuano a non percepire che l'origine della loro crisi sta nel modello di sviluppo capitalistico e nel mondo imprenditoriale, e di conseguenza ne scaricano l'intera responsabilità sullo Stato e sui politici, facendo il gioco delle forze liberiste che ne utilizzano la rabbia per portare a compimento i loro progetti di ristrutturazione interna del sistema.
L'unica posizione corretta che il movimento sindacale dovrebbe assumere sul problema l'ha intravista la CGIL: revisione della minimum tax, con la possibilità per il lavoro autonomo in difficoltà di dimostrare al fisco che i propri guadagni reali sono inferiori a quanto calcolato dalla legge. Solo in questo modo si possono porre le basi politiche per un processo di riavvicinamento fra ceti medio-bassi e classi lavoratrici che farebbe tremare la Confindustria, e toglierebbe spazio a provocatori pagati dal grande capitale svizzero come il sen. Miglio.
C'è ancora da chiedersi per quale motivo D'Antoni e Morese insistano tanto sulla minimum tax, sbilanciando l'azione sindacale contro il calzolaio, e fomentandone il sentimento liberista, se non addirittura l'insensata adesione alla Lega Nord. È solo stupidità o c'è altro? Se io fossi ancora stalinista, come lo ero 10 anni orsono senza troppi pentimenti, potrei avanzare l'ipotesi che Morese e D'Antoni possano essere degli agenti provocatori dell'imperialismo all'interno del movimento operaio, con l'intento di dividerlo e di deviarne la lotta verso obiettivi secondari.
Oggi che sono diventato più "tollerante" mi chiedo solo per quale motivo un sindacalista debba partecipare ai convegni di Segni, quando è noto che i progetti del latifondista sardo -nonché figlio di un Presidente golpista- prevedono il liberismo economico e la facoltà di licenziare i pubblici dipendenti. E se fosse vero che la dirigenza burocratica della CISL stia consapevolmente spostando tutte le Confederazioni su posizioni subalterne al capitale finanziario e allo schieramento liberista? Forse è esagerato dire che D'Antoni e Morese siano agenti provocatori e infiltrati, certo è che di fronte a facce di questo genere un plotone d'esecuzione spara da solo!!!

Renato Pallavidini

 

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