da "AURORA" n° 17 (Maggio 1994)

EDITORIALE

Identità e tattiche politiche

Luigi Costa

Come era prevedibile, il governo Berlusconi, ha ottenuto, senza eccessive difficoltà, la fiducia dei due rami del Parlamento. Anche lo scoglio del voto al senato è stato superato di slancio. La debolezza dell'Esecutivo si è dimostrata più apparente che reale, una larga fetta dell'opposizione, specie al Senato dove la maggioranza ha qualche difficoltà, è ansiosa di «partecipare».
Infatti, gli ex-democristiani del Partito Popolare guidati dall'ex-Ministro degli Interni Mancino, lasciano intendere che la loro opposizione può in qualunque momento rientrare, e tramutarsi in sostegno, basta mettersi d'accordo sul «prezzo».
Molti, anche fra di noi, si illudono (e le illusioni di solito si pagano care) che il governo delle destre sia destinato ad una fugace apparizione.
È bene convincersi che Berlusconi non è una meteora e che il suo successo, per quanto occasionale, per quanto determinato da un diabolico utilizzo dei mezzi di comunicazione (e dalla incapacità degli avversari politici di darsi un credibile progetto alternativo) ha assunto in questi quaranta giorni un diverso spessore. Questo spessore è dato, come sempre si verifica, dall'ansia, anche degli avversari storici del cavaliere, di salire sul carro del vincitore; dalla Confindustria a Cuccia, da Agnelli a De Benedetti, tutto il mondo finanziario e imprenditoriale, che pure durante la campagna elettorale avevano chiaramente supportato i Progressisti, hanno manifestato la loro entusiastica disponibilità a collaborare col nuovo governo.
Il consenso alla coalizione governativa in strati sociali popolari, già significativo il 27/28 marzo, si è ulteriormente dilatato in queste ultime settimane. La sinistra istituzionale dimostra una totale incapacità ad organizzare una diffusa e articolata opposizione. Occhetto dopo i suoi pellegrinaggi alla City di Londra (santuario dell'Alta Finanza) e al comando NATO di Bruxelles (per perorare la sua affidabilità atlantista), continua a perseverare nella linea politica che ha portato i Progressisti al disastro elettorale.
Il PDS e i suoi alleati, Rifondazione Comunista compresa, sembrano aver smarrito le coordinate politiche, e con esse il contatto con la realtà sociale. Non si può rispondere ai progetti cileni di Bossi, Fini e Berlusconi rispolverando arcaiche tematiche antifasciste e consentire che la CISNAL, sindacato di area missina sia il solo a presentarsi davanti a Berlusconi contestando l'accordo sul costo del lavoro, chiedendo la reintroduzione di meccanismi di adeguamento salariale, mentre la CGIL continua a perseverare nell'atteggiamento "collaborazionista" che, dal 1980, ha visto la Triplice fiancheggiare il padronato, e i vari governi che si sono succeduti, nelle loro politiche antisociali.
Se la Sinistra Nazionale aspira realmente ad assumere un ruolo d'avanguardia nelle tematiche sociali non può non denunciare con forza questa acquiescenza -e complicità- della Sinistra istituzionale nei confronti delle politiche reazionarie che intendono riversare sulle spalle dei produttori i costi della ristrutturazione dei meccanismi di accumulazione capitalistici.
Quindi, pur riaffermando la necessità vi fare blocco a sinistra in ogni occasione, dobbiamo prendere atto che esistono difformità "ideologiche" e operative insormontabili tra chi come noi ritiene che il capitalismo vada combattuto, e crede possibile un suo superamento e chi, come il PDS, dopo aver abiurato il marxismo-leninismo, ritiene il capitalismo finanziario un dato positivo e necessario dell'organizzazione sociale.
E nella svolta politica filo-capitalista del PDS va individuata la causa vera della sconfitta del Cartello Progressista. E se la scialba leadership occhettiana non è immune da colpe, la vittoria delle Destre è stata sicuramente prodotta dalla rottura del rapporto di identificazione tra sinistra e ceti popolari e produttivi. Nella sua affannosa corsa alla conquista del voto moderato il PDS ha perso le residue peculiarità socialiste per assumere forti connotati conservatori che, a nostro modo di vedere, sono la vera causa dell'insuccesso elettorale.
La situazione politica rimane fluida e non vi è al momento il pericolo di un rapido consolidamento del quadro politico. Per trasformare una vittoria elettorale in un regime non basta l'azione intossicante dei mass media, ne il rapporto privilegiato con le oligarchie finanziarie e le borghesie mafiose, occorre risolvere i problemi, occorrono grandi capacità di mediazione sociale, servono sensibilità che Berlusconi, Fini e Bossi hanno già dimostrato di non possedere.
Per contro, bisogna riconoscerlo, non esistono alternative di governo credibili, e persino un'opposizione decente è tutta da inventare.
Il compito della Sinistra Nazionale in questa fase storica è molto chiaro; rilanciare l'idea socialista, riproporre con forza la questione sociale, stimolare il naturale antagonismo dei ceti produttivi rispetto alle politiche reazionarie che sono nei programmi dell'attuale governo.
In questo senso, visti i trascorsi politici di una larga fetta dei nostri militanti, è necessario un ulteriore sforzo per mondare definitivamente la nostra organizzazione da ogni residua incrostazione nostalgica, integrando nel nostro patrimonio, ideale e sociale, solo quanto di vitale (ed è tanto) vi è nell'esperienza storica. E, per spazzare via ogni residuo equivoco che ancora sussistesse, sottolineiamo fin d'ora, che ogni ipotesi di rifondazione missina (finanziata o no che sia dal duo Fini-Berlusconi) ci lascia completamente indifferenti; non ci interessa rivivere le contraddizioni delle destre sociali e nazionali che storicamente sono state supporto dei disegni più retrivi, e oggi sarebbero funzionali solo al maquillage di una compagine di governo tra le più reazionarie della nostra storia.

Luigi Costa

 

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