da "AURORA" n° 20 (Settembre 1994)

RECENSIONI

 

Antonino De Stefano

Federico II e le correnti spirituali del suo tempo

Ed. all'insegna del Veltro, Parma   pp. 202   £. 20.000

 

Rincorre quest'anno l'ottavo centenario della nascita di Federico II° di Svevia: manifestazioni celebrative, convegni, mostre, concerti, emissioni filateliche e altre iniziative sono previste per tutto il '94.
Le Edizioni all'Insegna del Veltro, da parte loro, hanno in corso di stampa la seconda edizione de "L'Idea Imperiale di Federico II" di Antonino De Stefano, il celebre medievista del quale hanno pubblicato altri studi attinenti al tema federiciano, fra cui questo "Federico II° e le correnti spirituali del suo tempo".
Qui il De Stefano prosegue la sua battaglia contro le interpretazioni storiografiche che hanno cercato di trasformare il Grande Svevo in un precursore dei principi rinascimentali, se non addirittura dei sovrani illuministi e lo hanno dipinto, sulla scorta dei testi polemici coevi di matrice guelfa, come un razionalista e un materialista. 
Il De Stefano sostiene invece la perfetta ortodossia tradizionale di Federico, riconducendola ad un cristianesimo di tipo agostiniano. 
Tale interpretazione, forse un poco limitativa, viene integrata dalla nota editoriale preposta al volume, che riconduce ad un ambito tradizionale di più ampio respiro il significato essenziale della teocrazia federiciana. 
L'Autore affronta successivamente il tema dei rapporti tra la concezione imperiale di Federico II e le correnti pauperistiche che si agitavano in seno alla Chiesa, inquadrandoli nell'aspettativa palingenetica che pervadeva la società del tempo. 
Quindi viene trattata la questione dei rapporti dell'Imperatore con gli Ordini mendicanti e, in tale contesto, anche l'argomento dei contatti che Federico intrattenne con l'alchimista frate Elia, contatti dovuti al reciproco interesse per le scienze ermetiche. 
L'Autore tratteggia infine i caratteri della «leggenda di Federico», passando in rassegna quegli aspetti della vita del Grande Svevo che alimentarono le leggende guelfe e ghibelline, per individuare il punto culminante del mito federiciano nella "letteratura" escatologica che fece di questo Imperatore un sovrano «mai morto» e comunque un personaggio centrale delle "profezie" dei secoli XIII e XIV.
Alcuni aspetti della vicenda federiciana non mancheranno di stimolare interessanti riflessioni sulla "attualità" di questa grande figura storica. 
Così, ad esempio, la sua strenua difesa dell'autorità politica contro le prevaricazioni dell'economia, rappresentate dalle oligarchie mercantili che si esprimevano nei Comuni Lombardi; la sua lucida intuizione del ruolo dell'Islam, visto come punto di riferimento nel tentativo di restaurazione dell'unità dei poteri che il Cristianesimo aveva dissociati; la sua visione geopolitica, che lo indusse a spostare in mezzo al Mediterraneo il baricentro dell'Impero; la sua capacità di essere sovrano di genti diverse, in una società che non era un Melting pot ante litteram, ma, tutt'al contrario, una comunità organica di popoli, di gruppi linguistici e religiosi.

 


 

Stefano Fabei

La politica maghrebina del Terzo Reich

Ed. all’insegna del Veltro, Parma ’88   pp. 86    £. 10.000

 

I rapporti che dagli Anni Trenta fino al '45 si vennero ad instaurare tra l'Italia e la Germania da una parte e Movimenti di Liberazione Nazionale africani ed asiatici dall'altra costituiscono un capitolo alquanto trascurato della storia contemporanea: trascurato non solo dagli storici dei movimenti filo-fascisti, che allora nacquero e si svilupparono un po' in tutto il mondo, ma anche dagli storici del colonialismo e della decolonizzazione. 
«Lacuna ancor più grave», in tal caso, come osservava qualche anno fa Franco Cardini intervenendo sull'argomento sulle pagine della "Antologia Vieusseux". 
In effetti, il movimento filo-fascista di certi paesi, nel mondo musulmano in particolare, fu anzitutto un corollario della resistenza al colonialismo.
Quanto ai paesi del Maghreb (Marocco, Algeria, Tunisia), bisogna dire che, mentre il fascismo indirizzò soprattutto verso il Medio Oriente la propria politica "araba" (sia perché era lì il cuore dell'Impero coloniale britannico, sia perché l'Italia tendeva a rispettare gli interessi che la Spagna e la Francia di Vichy avevano nel Maghreb), la Germania svolse nei paesi maghrebini una politica più rivoluzionaria: il Reich nazionalsocialista, diversamente dall'Italia fascista, non nutriva nessuna mira coloniale nei paesi arabi e non intendeva svolgere nessuna politica di potenza. 
In seguito alla sconfitta del 1918, infatti, la Germania aveva perso le sue poche colonie in Africa e con esse gran parte dei mercati che interessavano il commercio tedesco. Lo stesso Hitler, nel Mein Kampf (che circolò anche in traduzione araba) aveva messo da parte ogni ipotesi di espansione extra-europea per orientarsi verso l'Est europeo; comunque, negli anni del potere, il Führer si disinteressò praticamente delle colonie.
Queste credenziali consentirono alla Germania di sviluppare una propaganda costante e massiccia fra le popolazioni del Maghreb, una propaganda che, se non fu risolutiva, fu certamente efficace. Senza di essa non si potrebbe spiegare la rapida diffusione delle aspettative di liberazione che coincisero con le speranze riposte nella vittoria della Germania e alimentarono l'azione anticoloniale di Marocchini, Algerini e Tunisini. Un'azione che sarebbe proseguita anche dopo la sconfitta della Germania.


 

a cura di Horia Cosmovici

Il processo Codreanu

Ed. all'insegna del Veltro, Parma, '89   pp. 200   £. 22.000

 

Gli eventi che nel passato prossimo hanno avuto luogo in Romania e sono culminati nel 1989 con l'abbattimento del Regime di Ceausescu, ci obbligano a riscoprire la cultura politica e la storia del Paese danubiano. 
Tanto più che la dialettica e la propaganda utilizzate dalle fazioni della nuova democrazia rumena hanno continuamente evocato il fenomeno legionario del periodo interbellico. 
Dunque, coloro che desiderano comprendere i presupposti storici dell'odierna realtà romena (che abbiamo motivo di ritenere gravida di sviluppi per un non lontano futuro) non devono lasciarsi sfuggire questo documento, relativo al processo celebrato nel 1938 contro il leggendario Capitano della Guardia di Ferro. 
Il processo Codreanu illustra in modo drammatico un momento chiave della vicenda di un movimento popolare che agì profondamente nella realtà romena interbellica e costituì l'unica vera opposizione di massa contro l'oligarchia affaristica che sfruttava il Paese per conto di alcune centrali capitalistiche occidentali e di una lobby transnazionale.

 


 

Enrico Goni

Nietzsche e l'evoluzionismo

Ed. all'insegna del Veltro, Parma, '89   pp. 92   £. 10.000

In un suo saggio che viene pubblicato con una premessa di Giuseppe Sermonti ed una introduzione di Roberto Fondi, un giovane studioso affronta il tema del rapporto di Nietzsche con Darwin e Spencer. L'Eterno Ritorno è un'applicazione profana della concezione lineare (giudaico cristiana) della storia. «Nietzsche contra Darwin».
È significativo che la ricerca di Goni sia preceduta dagli interventi dei due scienziati che hanno messo autorevolmente in discussione il dogma dell'evoluzione biologica. A giudizio di Fondi, questo lavoro è «dignitoso, gradevole e particolarmente utile».
Dignitoso, «in quanto le citazioni del filosofo prussiano sono scelte con cura e risultano più che sufficienti ad evidenziare il suo deciso distacco da un pensiero le cui radici andavano tenacemente abbarbicandosi nel terreno culturale europeo».
Gradevole, «in quanto si presenta di lettura scorrevole e priva di intoppi».
Utile, perché «contribuisce a mettere con le spalle al muro» quanti non riescono a sottrarsi al fascino della mitologia darwiniana, pur non aderendo in toto agli orientamenti del progressismo borghese.
In tempi di interessate ed equivoche riletture dell'opera di Nietzsche, questo saggio si propone dunque come una rivendicazione dell'anima più autentica di tale opera.

 

 

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