da "AURORA" n° 26 (Maggio - Giugno 1995)

L'INTERVENTO

Rieccoli!

Luigi Costa

«La vittoria di Berlusconi è stata netta e consente una sola interpretazione: la maggioranza degli italiani ritiene che l'assetto televisivo attuale, vada bene così com'è!»; così scrive il settimanale "Famiglia Cristiana" a commento della vittoria dei "NO" nei referendum dell'11 giugno. Non è nostra intenzione contestare il risultato delle urne -anche se i freddi numeri lasciano ampio spazio a letture diverse (: "SI" 11.590.539 voti; "NO" 15.336.242 voti; astenuti, schede bianche e nulle 21.665.762) da quella propinata ai propri lettori dal, pur autorevole, settimanale cattolico-, ci preme solo evidenziare le contraddizioni in seno alle gerarchie ecclesiastiche che da un lato tuonano contro l'edonismo, l'insensibilità, la corruzione dei costumi, dall'altro, per mezzo dei più autorevoli esponenti (basti pensare a certe dichiarazioni di Camillo Ruini, segretario della CEI), manifestano non poca simpatia verso il Cavaliere di Arcore, proprietario di quelle televisioni commerciali che (in collaborazione con la RAI) hanno avuto, ed hanno, precise responsabilità in merito alle «degenerazioni» contro le quali spesso tuona il Sommo Pontefice.
Non appartenendo alla moltitudine dei «moralisti» («la morale è impostura», insegna il Filosofo di Röcken), né alla esigua schiera dei «bigotti», non ci scandalizza più di tanto la doppiezza politica della Chiesa Cattolica la cui storia è contrassegnata da innumerevoli «Uomini della Provvidenza», la cui memoria è stata, di volta in volta, elevata agli onori degli altari o a quelli della gogna, utilizzando il solo metro delle terrene convenienze. Queste nostre considerazioni hanno, dunque, il solo scopo di evidenziare quale è, nell'attuale fase politica, il ruolo della Curia romana, per la prima volta dopo la frantumazione della DC, impegnata nell'obiettivo di riconsegnare in mani «cattoliche» il potere politico del Paese.
Una strategia raffinata, quella posta in essere dai cervelli d'Oltretevere, che tende a logorare, progressivamente, sia la destra che la sinistra dello schieramento politico, impegnandole in una logorante disputa sulle cosiddette «regole»; marcando con sempre maggiore evidenza l'incapacità delle «ali» di «garantirsi reciprocamente» senza la mediazione di un «centro» in grado di smussare le asperità ed abbassare i toni ed i contenuti dello «scontro».
Questo ci pare il senso dell'azione politica dei Popolari, sia di Bianco che di Buttiglione, dei Democratici di Segni, della stessa Lega (nella quale il peso della cattolicissima Pivetti è sempre più evidente) e quella del Presidente della Repubblica, vera testa di ponte dell'offensiva neo-cattolica. In questa ottica va letto il rigido rifiuto posto dagli «estremisti di centro» (Lega, Democratici, Popolari di Bianco) a qualsiasi accordo tra PDS e Forza Italia per evitare i Referendum sulle televisioni (accordo Veltroni-Confalonieri); accordo giustamente considerato da D'Alema una iattura in quanto rischiava di ridare fiato politico ad un Berlusconi in gravi difficoltà su diversi fronti. Ciò si è puntualmente verificato: defilatisi Segni, Bianco e Bossi il peso della sconfitta dell'11 giugno è caduto sulle spalle del Partito Democratico della Sinistra che non riesce a liberarsi dal mortale ricatto dei «centristi» che condizionano ogni ipotesi di alleanza di centrosinistra all'integrale accoglimento dei loro aut aut; ossia, rimandare le elezioni alle calende greche.
Non è migliore la posizione di Berlusconi e Fini stretti tra l'esigenza di non dare il tempo a Buttiglione e Casini di sviluppare la loro strategia dilatatoria e la necessità di mantenere la granitica unità del Polo di centrodestra alla vittoria elettorale del quale le, pur striminzite, falangi dell'ex-portaborse di Forlani e del Filosofo di Gallipoli, sono indispensabili.
Paradossalmente, la nuova DC è già realtà e sta pesantemente condizionando la situazione politica. Una realtà, a nostro modesto avviso, non estranea al tentativo in atto di delegittimare le Procure più esposte nelle più scottanti inchieste su mafia, camorra (Palermo e Napoli) e corruzione (Milano e Torino). Gli eredi della DC temono che se non adeguatamente contrastata, l'azione della Magistratura possa spalancare armadi che debbono rimanere ermeticamente sigillati. Le terze e quarte fila di quello che fu il Partito dei cattolici e che oggi menano, in prima persona, la danza, hanno gli stessi legami «ambientali» e dipendono dagli stessi «centri di potere» di coloro che in quel ruolo li hanno preceduti.
La questione politica in Italia non può essere disgiunta dalla questione religiosa. Appare evidente che gli interessi «temporali» dello Stato Vaticano condizionano, come sempre hanno condizionato, la vita del Paese. Mazzini -pur cattolicissimo- e quanti si batterono per l'unità nazionale nell'Ottocento ne erano consapevoli, così come ne erano consapevoli quanti si battevano già nel Medio Evo per separare gli interessi della Chiesa da quelli dello Stato. La situazione non si può dire migliorata: la virata centrista di tutti i partiti, il crollo delle appartenenze ideologiche, l'eccessivo pragmatismo ha ridotto i soggetti politici ad essere solo l'espressione di meri interessi materiali. Così la società civile abdica al proprio ruolo, con un'aggravante: non si vede all'orizzonte nessun partito ghibellino in grado di insidiare il primato dei neo-guelfi.

Luigi Costa

 

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