da "AURORA" n° 29 (Ottobre 1995)

MALI D'ITALIA

 

Uno che se ne intende!
(le confessioni di Francesco Cossiga)

Giorgio Vitali

 

Abbiamo dovuto attendere il 1995, cioè 50 anni dalla fine della guerra, per avere dalla bocca di un autorevolissimo personaggio, ed attraverso il periodico più autorevole in Italia (come deve essere l'unico periodico di geopolitica, scienza fondata nel nostro paese dal prof. Ernesto Massi al quale va sempre la nostra gratitudine), "Limes", la conferma più assoluta di quanto andiamo dichiarando da decenni.
"Perché contiamo poco", intervista a Francesco Cossiga apparsa sul numero 3 del maggio 1995. Sorvolando sull'ovvia ipotesi di chi abbia «autorizzato» queste dichiarazioni, sta di fatto che l'ex-Presidente della Repubblica, Cossiga è uomo ampiamente rappresentativo di tutta la storia dell'Italia postbellica e, quindi, idoneo a rilasciare dichiarazioni attendibili.
(Nota personale: perché la Sardegna abbia dato all'Italia democratica così tante personalità di primo piano è una curiosità che mi ha sempre intrigato).
Ma andiamo per ordine.

Prima dichiarazione: «l'Italia era più un oggetto che un soggetto della politica internazionale. La scelta atlantica era obbligata». Bella scoperta!!

Seconda dichiarazione: «il fatto curioso è che l'opzione atlantica del Vaticano era più ecclesiastica che cattolica. Corrispondeva agli interessi di sicurezza della Santa Sede, molto meno al sentire di buona parte del cattolicesimo politico italiano... Il nostro fu un atlantismo di necessità, un atlantismo minimalista». Buono a sapersi... e molto indicativo per i tanti atlantisti di complemento che hanno calcato il palcoscenico della destra italiana.

Terza dichiarazione: «in entrambi, comunisti e democristiani, il concetto di patria era fortemente temperato dall'influenza del comunismo internazionalista, da un lato, e dalla Chiesa dall'altro... Solo quando riusciremo a ricostruire un comune sentimento di Patria potremo riconquistare il nostro posto nel mondo occidentale». Siamo d'accordo.

Quarta dichiarazione: «sono testimone del fatto che questa (la Guerra del Golfo) per Andreotti fu un problema. Lui era preoccupato di coniugare le strategie italiana e vaticana più di quanto non lo fossi io. E questo gli americani non lo apprezzarono. In realtà, la sindrome dell'8 settembre non ha mai cessato di incombere su di noi, nella percezione dei maggiori alleati».
Questa quarta dichiarazione merita un commento: che la politica del Vaticano fosse, e continui ad essere, molto più condivisibile di quella di tanti nostri pseudo-amici, è innegabile. La crisi politica di uomini come Andreotti e Craxi va infatti vista più per le posizioni da loro prese contro le linee geopolitiche atlantiche che per le loro eclatanti malversazioni.
Il che spiega che in politica occorre essere realisti, quando si fanno le analisi.
La «sindrome dell'8 settembre» dà definitivamente ragione, se ancora a qualcuno persistesse qualche dubbio sulla opportunità storica della scelta di chi, anche antifascista, si schierò per la RSI. Va comunque precisato che il significato politico e storico della RSI consiste nelle istituzioni che essa si stava dando più che nella scelta dell'Onore. Questo «significato» va caparbiamente sostenuto, soprattutto contro coloro che continuano ad «ingessare» la RSI nel ruolo di «difesa dell'onore patriottico» per far passare in secondo ordine l'aspetto politico che le è proprio. E cioè il tentativo di esprimere compiutamente con Istituzioni coerenti, la originalità del Risorgimento italiano, che fondeva le istanze «partecipative» comuni nel pensiero cattolico e della rivoluzione nazionale (mazziniane).
Riguardo poi alla «sindrome dell'8 settembre», dobbiamo ricordarci che tanto nell'ultimo conflitto, quanto in tutti i conflitti precedenti, ci sono sempre stati degli «8 settembre», determinati da esigenze di vario genere alle quali ogni paese risponde a proprio modo. Il fatto che a noi si voglia attribuire una particolare «specificità» in merito può essere legato ad un certo modo di comportarci, ma sicuramente l'eccessiva insistenza su questo tasto mi sembra più il tentativo di tener buoni gli italiani con una cattiva immagine di sé -vedi i tanti films costruiti su questo tema- che non il rinfacciamento di un comportamento abituale, tanto più che, nell'opinione pubblica mondiale, il fatto non sussiste, o comunque non viene vissuto con quella valenza negativa che invece ci viene giornalmente fatta pesare.
Per rimanere in tema, non va dimenticato il tradimento tedesco nei confronti della RSI, che fu una delle cause più significative del massacro di fascisti nell'immediato dopoguerra, per non parlare poi di quella Armata di Von Paulus che combattè come avanguardia dei Russi nel '44-'45, e che si trovò di fronte, per contenderle passo dopo passo la conquista del territorio tedesco, le Waffen SS europee.

Quinta dichiarazione: «qualunque alleanza si impernia su una potenza egemone. Il grado di libertà degli altri dipende dalla loro forza relativa nei confronti del leader. Noi eravamo uno dei soggetti più deboli. Non dico che fossimo un protettorato americano, ma insomma ...». Rigiriamo la frase, per favore, a tutti coloro che continuano a ringraziare gli amici americani che ci hanno portato la libertà.

Sesta dichiarazione: «per gli americani eravamo la loro portaerei nel Mediterraneo. Noi eravamo la piattaforma per operazioni strategiche degli alleati. Era previsto perfino l'arrivo di una divisione di paracadutisti portoghesi». Rigiriamo la frase a tutti coloro che continuano a criticare Mussolini perché aveva detto che l'Italia era una portaerei naturale.

Settima dichiarazione: «naturalmente, escludere che i gruppi terroristici fossero pilotati da Mosca non significa che essi non potessero essere infiltrati da agenti stranieri». Grazie della precisazione!.

Ottava dichiarazione: «le stragi restano avvolte nel mistero. Io non mi meraviglierei però se un giorno si scoprisse che anche spezzoni di servizi di paesi alleati o neutrali, non solo nemici, avessero potuto avere interesse a mantenere alta la tensione in Italia tra il fronte anticomunista e quello comunista. E quindi a tenere basso il profilo geopolitico dell'Italia». Grazie anche per questa ulteriore precisazione!

Nona dichiarazione: «la Mafia non ha mai costituito un pericolo per l'Alleanza Atlantica. Anzi, tendo a pensare il contrario». Grazie e ancora grazie per questa ulteriore spiegazione e chiarimento!

Decima dichiarazione: «d'altronde l'Italia aveva sempre un rapporto speciale con la Germania in seno all'Alleanza atlantica, anche per i legami privilegiati fra i due grandi partiti cristiano-democratici europei, la CDU e la DC... Ed ora non c'è più nemmeno la DC, il che vuol dire fine del rapporto speciale con la CDU, e quindi con la Germania».

Ho trascritto una minima parte delle fondamentali dichiarazioni di Francesco Cossiga, grande notabile dell'Italia postbellica, uomo dotato, indubbiamente, di una particolare onestà politica. Il testo andrebbe letto interamente e meditato a lungo da tutti coloro che pretendono di fare una politica libera ed autonoma in questo paese.
I verbi al passato, usati da Cossiga ci danno un'altra indicazione. Evidentemente ciò che è avvenuto ha subito un cambiamento dopo la caduta del muro di Berlino. Lo scenario geopolitico è mutato profondamente. È possibile per l'Italia una politica, se non di indipendenza, almeno di minore dipendenza dai nostri «protettori». Dovrebbe apparire chiaro a tutti, comunque, che fino ad oggi l'Italia è stata di tutto fuorché un paese indipendente. È stato un paese a sovranità limitata. Quindi in Italia è assolutamente mancata qualsiasi democrazia, essendo la democrazia, per definizione, una condizione nella quale conta il volere popolare. Ma quale volere popolare può contare, se le decisioni prese dalla classe dirigente erano, e continuano ad essere, determinate dalla volontà della potenza egemone?
Tutto quanto è stato detto e fatto credere agli Italiani, in questi 50 anni è falso. Basterebbe soltanto ciò per delegittimare totalmente una classe dirigente di mistificatori e di ladri di polli, con l'addentellato dei loro lacchè intellettuali più o meno organici.

 

Giorgio Vitali

 

 

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