da "AURORA" n° 36 (Settembre 1996)

PROFILI

Carlo Silvestri contro Benito Mussolini

Bruno Rassu

All'epoca del delitto Matteotti, il grande accusatore fu Carlo Silvestri, allora a capo della redazione romana del "Corriere della Sera". Silvestri, giornalista e uomo di pura fede socialista, amico fraterno di Filippo Turati, indicò Mussolini quale mandante di quel delitto avvenuto a Roma il 10 giugno 1924. Tutta la campagna «pro Aventino», che sostenne la rinuncia di quasi tutta l'opposizione al governo Mussolini ai lavori della Camera (esclusi i diciannove deputati comunisti che continuarono a frequentare il Parlamento, come se nulla fosse accaduto), fu impostata sulla documentata denuncia del giornalista milanese.
Il comitato delle opposizioni aventiniane fu presieduto dal deputato trentino On. Alcide De Gasperi e volle come segretario proprio Carlo Silvestri, dimostrando così l'importanza, anche politica, dell'accusatore di Mussolini. La battaglia giornalistica e l'incarico politico dovevano poi costare a Silvestri il sacrificio di una decina di anni di confino nelle isole di Ustica, Lipari e Ponza.
Fu proprio in quelle isole, che il socialista Silvestri continuò a documentarsi sulle responsabilità della morte di Matteotti ascoltando vari personaggi politici anche loro confinati dal regime. Le prove raccolte contro Mussolini non ebbero quei riscontri che si attendeva e, in una coscienza limpida e pura come la sua, si insinuarono perplessità e dubbi. Lo dichiara chiaramente nel libro da lui scritto nel '47 "Matteotti-Mussolini e il dramma italiano, il delitto che ha mutato il corso della storia", Ruffolo Editore. Proprio in quel libro, Silvestri ricorda che in un incontro con Carlo Rosselli, come lui confinato, esprimendo i dubbi sulle reali responsabilità di Mussolini, fu redarguito a mantenere l'impegno preso e a non comunicare a nessuno le sue perplessità. Silvestri mantenne la parola e per tutto il periodo del ventennio non parlò a nessuno di questi dubbi rimanendo estraneo a qualsiasi cedimento verso il regime fascista.
Fu solo dopo l'otto settembre del '43, nata la Repubblica Sociale, che Carlo Silvestri riuscì ad incontrare Mussolini, con l'appoggio del Ministro della Giustizia Pisenti e di Carlo Bigini, Ministro della Cultura, entrambi «socialisti mussoliniani» (anche l'ultimo libro di Arrigo Petacco "Nicola Bombacci - un comunista in camicia nera" menziona questi incontri). In quell'occasione Silvestri si adoperò a salvare molti anti-fascisti (lo afferma anche G. Niccolai in "Rosso e Nero", 1980, pag. 156) tra i quali Lombardi, Parri ed altri, con la sua "Croce Rossa Silvestri" e con il sostegno del Capo della RSI.
Il primo incontro avvenne a Gargnano il 2 dicembre '43. Erano presenti il prefetto Gatti e Bombacci (entrambi i loro cadaveri saranno esposti a piazzale Loreto), uomini fedeli a Mussolini ed intenzionati a portare avanti il sincero tentativo del Duce di trovare punti di accordo con parte del «mondo» socialista che era stato anche suo. A tal fine vollero affermare (con un voluminoso «dossier») l'estraneità di Mussolini al delitto Matteotti.
Il delitto fu compiuto da Dumini, Volpi, Viola, Poveromo e Malacria, sul Lungo Tevere Arnaldo da Brescia dove il Matteotti fu rapito (si mormorò allora di responsabilità di Marinelli, segretario amministrativo a Roma del Partito Fascista e della «benevolenza» del sottosegretario alla Giustizia Nisi, che morirà nella tremenda carneficina delle Fosse Ardeatine giunta come rappresaglia al vergognoso ed inutile attentato di via Rasella). Questi uomini, tutti arditi nella Iª guerra mondiale, ritirarono un'auto in una autorimessa dando la propria identità e attesero Matteotti con l'intenzione di «dargli una lezione». Matteotti, però, si difese coraggiosamente e, dopo una violenta colluttazione, fu colpito a morte con una vecchia lima di ferro. Il corpo del deputato socialista fu poi sepolto nel bosco della Quartarella in maniera superficiale, ad ulteriore prova della rozzezza e dell'improvvisazione di quello scellerato delitto. Non poteva essere considerato un assassinio di Stato come scrive anche Renzo De Felice nel libro "Mussolini il fascista 1921-1925", Einaudi, Torino.
Significativa ed importante è la dichiarazione di Mussolini in occasione dell'incontro del 2/12/43, riportata nel libro di Silvestri: «Alle origini dell'assassinio di Matteotti vi fu un putrido ambiente di finanza equivoca, di capitalismo corrotto e corruttore privo di ogni scrupolo di torbido affarismo... L'idea di catturare Matteotti (...) sorse in quello sporco ambiente dove ogni volta che riprendeva a circolare la voce di una possibile collaborazione fra me e i socialisti si manifestava una reazione che chiamerei feroce. Il discorso del 7 giugno '24 -prosegue Mussolini- fece temere che io mi fossi orientato nel senso di offrire ad alcuni socialisti la partecipazione al ministero». Ed infatti Mussolini era chiaramente intenzionato ad «aprire» a sinistra il suo governo, come ci conferma, ancora una volta, Carlo Silvestri nel suo libro del '47, riportando anche i nomi dei possibili ministri socialisti confidatagli dal Duce: D'Aragona, Baldesi, Caldara (ex-sindaco di Milano), poi Rigola, Buozzi; sindacalisti di gran prestigio e grandi nomi nel mondo della Sinistra di allora.
I due processi contro i responsabili del delitto Matteotti, celebrati nel '47, riconobbero la totale estraneità di Mussolini quale mandante, (bisogna anche ricordare che la vedova di Matteotti, Velia Ruffo, malgrado fosse osteggiata da Turati, volle incontrare Mussolini, in quel tragico 1924, dimostrando così di credere all'innocenza del Capo di Governo). 
Per le sue coraggiose deposizioni processuali, Silvestri fu insultato nel dopoguerra ed accusato, in puro stile stalinista, d'ogni nefandezza: famoso fu il duro attacco di Pajetta. Silvestri in quella occasione dichiarò: «Io mi rendo conto che se confermassi la mia vecchia deposizione il caso Matteotti sarebbe facilmente risolto. I giornali del conformismo antifascista mi farebbero fare un figurone ...».
Ma Carlo Silvestri era un uomo vero ed il suo passato lo confermava. La verità sul delitto Matteotti era indicata in quel «dossier» che Nicola Bombacci aveva con se quando fu fucilato (e forse ora il PDS potrebbe aprire gli archivi del PCI e contribuire a svelare uno dei segreti di quel tragico periodo ...).
Carlo Silvestri fu ignorato e non creduto: Mussolini doveva essere demonizzato. Silvestri, qualche anno dopo i due processi del dopoguerra, con le sue verità e il suo dolore di persona onesta, morirà di crepacuore. 

Bruno Rassu

 

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