Ion Iliescu
Romania: rivoluzione e riforma
Reverdito Edizioni - Trento
£.
28.000
La Romania post-comunista dai giorni
dell'Ottantanove fino ad oggi attraverso la penna di Ion Iliescu, a ben ragione può
apparire come una sorta di «pezza giustificativa» intrapresa dall'ex-segretario del
Comitato Centrale del partito comunista allo scopo di metter fine alle pesanti accuse a
lui mosse dall'opposizione, in merito ai suoi ancor poco chiari ruoli svolti nel recente
passato. A partire dalla tragica rivoluzione di Natale, al processo farsa della coppia
Ceausescu, alle contestazioni universitarie del giugno '90, per finire alle ancor meno
limpide elezioni presidenziali del 1992.
Uomo di complotto al servizio di Mosca, o piuttosto come egli stesso sostiene, fortuito
spettatore favorito dagli eventi? È molto probabile che tale libro sia stato scritto
proprio per metter la parola «fine», una volta per tutte, alle illazioni sorte in
Romania a seguito delle dichiarazioni esplosive del generale Teodorescu, ex-vicecapo
del
controspionaggio nella Romania di Ceausescu, rese alla commissione parlamentare
d'inchiesta preposta a far luce sui misteri della rivoluzione di Natale: tale rivoluzione
fu un colpo di Stato, gli organizzatori furono il presidente attuale Iliescu e il Gen.
Militaru (ex-addetto allo spionaggio per conto di Mosca e conseguentemente Ministro della
difesa in uno dei primi governi democratici del dopo '89).
In ogni caso le duecentossessantacinque pagine del libro non chiariscono a pieno le
numerose ombre venutesi a creare anche nella Romania post-comunista, e dalle quali esce un
uomo deciso a portare la Romania nella integrazione europea, pur convinto che... la
interdipendenza senza indipendenza porti alla dipendenza. Da qualsiasi punto di vista lo
si intenda ne esce un uomo di transizione, che pur volendo superare i confini del passato
ne rimane comunque prigioniero. Le recenti leggi repressive sui reati omosessuali, le
rivendicazioni dei Romeni di Moldavia e Ucraina, un certo legame col centralismo, e la
difesa del primato della politica sulla economia appartengono al passato.
Il desiderio di entrare a far parte dell'Unione europea, la speranza di poter far parte
della Nato, le privatizzazioni, gli appelli al mercato, il progredire della delinquenza,
le incertezze dell'ignoto da lui stesso manifestate, appartengono al presente e forse anche
al futuro.
E tutto ciò riflette sicuramente il problema principale d'una Romania (quanto del suo
popolo) divisa a metà fra Oriente e Occidente, e né Ceausescu prima, né Iliescu dopo
hanno finora rotto tale instabile equilibrio, e molto probabilmente non vi riusciranno
nemmeno i futuri successori.
Autori Vari
Omaggio a Drieu La Rochelle
Ed. all'insegna del Veltro, Parma, '96 pp. 90
£. 18.000
Il cinquantennale della Morte di Drieu è trascorso, a rigore,
da un anno. Tuttavia le iniziative editoriali che si riferiscono alla sua opera sono
proseguite anche nel corso del 1996: entro la fine di quest'anno dovrebbero apparire le
nuove edizioni di "Gilles" e delle "Memorie di Dirk Raspe", da tempo
introvabili nel mercato italiano.
In tale fioritura si inquadra anche la recente iniziativa dei "Quaderni del
Veltro", che nel trentesimo volume della collana hanno raccolto alcuni scritti in
memoriam, dovuti ad autori diversi: Attilio Mordini, Jean Mabire, Moreno Marchi, Tiberio
Graziani, Claudio Mutti e ancora Moreno Marchi.
Il testo di Attilio Mordini, apparso nel lontano '63 sulla terza pagina di un quotidiano,
rintraccia nelle pagine realistiche della narrativa rochelliana «dimensioni
inaspettatamente trascendenti», ovvero la testimonianza di una «dimensione metafisica
della realtà sentita e vissuta». Tiberio Graziani, traduttore de "L'uomo a
cavallo", dei "Cani di paglia", del "Diario di un delicato" e di
"Appunti per comprendere il secolo", si sofferma anch'egli su un Drieu teso ad
«esprimere religiosità e il senso del sacro» e ne studia il particolare rapporto con
Baudelaire. Moreno Marchi, che ritrova in Drieu una sorta di «compagno più anziano» con
cui è possibile instaurare un «sereno, paritario rapporto di reciproca ambivalenza»,
intende metterne in risalto la classe e lo stile, «sia con le donne sia coi libri sia con
la politica» e mira quindi a presentarcelo nella totalità e nella coerenza della sua
persona. Infine Jean Mabire e Claudio Mutti, in due saggi che potremo dire complementari,
sviluppano quegli aspetti del pensiero politico di Drieu che essi ritengono più
stimolanti e fecondi. La scelta dell'ultimo Drieu a favore dell'autocrazia staliniana e
della egemonia imperiale sovietica, viste come l'unica reale alternativa alla décadence
occidentale, viene ricondotta da Mutti ad un complesso di posizioni analoghe che verso la
fine della Guerra si manifestarono un po' in tutta Europa tra i
nazionalrivoluzionari, i nazionalsocialisti e i fascisti (italiani compresi), posizioni alle quali si rifanno
alcuni ambienti odierni del fronte antimondialista. Analogamente Mabire vede nella
sintesi di nazionalismo e di comunismo effettuata da Drieu, nel suo «vero socialismo»
schierato a difesa non dei «diritti dell'uomo», ma dei «diritti della comunità», la
prima lezione che è possibile trarre dall'impegno politico dello scrittore militante; la
seconda, è il pressante appello all'unità dell'Europa che ci proviene da questo
«autentico ghibellino», sicché Drieu è per l'Europa quello che Fichte è stato per la
Germania.
Ion Motza
Corrispondenza col Welt-Dienst
(1934-1936)
Ed. all'insegna del Veltro, Parma, '96
pp. 104 £. 18.000
Welt-Dienst, ossia "Servizio Mondiale", si chiamò
l'«ufficio di assistenza tecnica» fondato nel 1933 da Ulrich Fleischhauer (discepolo di
Teodor Fritsch e amico di Dietrich Eckart) al fine di raccogliere notizie sulle attività
ebraiche nel mondo, di attuare contro-informazione e svolgere propaganda.
Il "Servizio Mondiale" aveva la propria sede a Erfurt e spediva in varie
nazioni, ai «patrioti di tutto il mondo», un quindicinale pubblicato inizialmente in tre
lingue e successivamente in ben diciotto. Fu l'organismo fondato da Fleischhauer ad
organizzare nel 1937 la conferenza di Erfurt, alla quale parteciparono i delegati di
ventidue nazioni.
Tra le personalità che furono in relazione col "Welt-Dienst", e che troviamo
menzionate nel carteggio pubblicato in questo "Quaderno del Veltro", vi fu anche
monsignor Umberto Benigni, uno dei primi cristiano-sociali italiani di livello europeo,
«il genio malefico di Pio X», per riprendere la definizione che ne diede Giovanni
Spadolini. E circa monsignor Benigni apprendiamo, dal documento in questione, che ebbe
contatti con Ion Motza, il numero due della Guardia di Ferro rumena.
Ma veniamo a Ion Motza. La sua corrispondenza col "Welt-Dienst" getta nuova luce
sulla attività dei Centri d'Azione per l'Universalità di Roma e sul congresso di
Montreaux del 1934, argomenti dei quali si era occupato, una ventina di anni fa, Michael
Ledeen con "L'Internazionale fascista". Dalle lettere di Ion Motza emerge uno
spaccato degli ambienti nazionalisti, fascisti e nazional-socialisti che riserva non poche
sorprese, soprattutto per quanto riguarda le posizioni dei vari movimenti sulla questione
ebraica.
Un altro celebre episodio, sul quale la corrispondenza in esame ci fornisce dati e
testimonianze di una certa importanza, è quel famoso processo di Berna del 1934-'35 che
vide imputati i distributori svizzeri dei "Protocolli dei Savi di Sion" assolti
in appello nel 1937 dall'accusa di aver diffuso... letteratura oscena.
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