da "AURORA" n° 3 (Febbraio 1993)

GEOPOLITICA

L'Impero del male prossimo venturo

Carlo Terracciano

Com’è a tutti noto, ... gli Stati Uniti d’America sono l’Impero del Bene! Essi sono i vigili, garanti custodi mondiali di Libertà, Giustizia, Democrazia, Diritto, Benessere ecc. ecc., tutte rigorosamente maiuscole. Le 181 (centottantuno) guerre od operazioni di polizia condotte dagli USA dalla loro fondazione in poi (con una media di un intervento ogni 10 mesi!) (1) non furono mai operazioni aggressive, espansionistiche, imperialistiche, ma solo interventi difensivi o, tutt'al più, preventivi, per portare benessere e libertà in tutto il mondo. (2) Questo nel Centro America, insulare e peninsulare (familiarmente definito dalla stampa statunitense: «il cortile di casa»!), come nel cono Sud del continente americano, in Africa come in Asia (con il solo, piccolo incidente vietnamita, quando quegli incivili musi gialli osarono opporsi all’avanzata del progresso e della civiltà a stelle e strisce), in Europa, con ben due guerre mondiali, per finire oggi in Medio Oriente, dove l’azione benefica e libertaria degli USA si coniuga e fonde, in perfetta armonia d’intenti ed eventi, con quella pacifica democrazia che ha nome Israele, impegnato da 45 anni a civilizzare palestinesi, arabi, islamici.
Fino a ieri, dunque, la politica internazionale era chiara: c’era l’Impero del Bene d’oltre Atlantico, con il suo seguito di buoni satelliti occidentali e la vigile presenza di uomini savi e anziani che custodivano i destini del mondo e c’era l’Impero del Male per eccellenza, l’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, con i suoi poveri schiavi dell’Est, anelanti soltanto a liberarsi dal giogo di Mosca per raggiungere l’Impero del Bene (e dello star bene!), per formare poi tutti, in perfetta pace e armonia un mondo di benessere e giustizia; tutto questo ha anche un nome: «Nuovo Ordine Mondiale» (da non confondere con l’Ordine Nuovo, ... che doveva esser tutt’altra cosa!) e un modello socio culturale: ... Disneyland!
Poi è successo qualcosa! Lo schema è saltato.
L’Impero del Male, nella sua maligna malvagità ha escogitato il più malevolo, subdolo, spregevole inganno che si potesse mai immaginare: è scomparso! Sciolto, dissolto come neve al sole ... Pouff! Prima era lì e il giorno dopo non c’era più. Imploso in decine di entità politiche che, colmo della sfrontatezza, appena ritrovata la libertà l’hanno utilizzata non per unirsi nella pace armonica del sistema mondiale americanocentrico, ma per scannarsi l’un l’altra (questo si, in perfetta armonia) in nome della nazione, dell’etnia, della fede, della tradizione, del sangue e del suolo; cioè proprio tutto quanto c’è di più contrario al modernismo laicista, al mondialismo capitalista predicato dall’Impero del Bene. Imperdonabile!
E pensare che Washington aveva fatto carte false pur di preservare l’Impero del Male, ma sotto la guida illuminata di Gorbaciov, l’uomo segnato in fronte. Come si può infatti essere Impero del Bene Assoluto, cavaliere errante per il globo, se non si ha un credibile Nemico Oggettivo, ovviamente il Male Assoluto (e quale rimpianto per i bei tempi quando c’era un Hitler contro cui battersi)? Ci può mai essere una Bella senza una Bestia, per quanto addomesticata, nel Gran Circo Barnum delle Nazioni (cosiddette) Unite?
É iniziata allora una disperata ricerca degli Stati Uniti per trovare il sostituto a quell’alter ego così improvvisamente defilatosi, alla fine della storia. Anche per giustificare un apparato bellico elefantiaco e le alleanze strategiche, non più necessarie. 
Un Saddam Hussein è servito, almeno per un certo tempo, allo scopo. Certo che renderlo credibile come nuovo Hitler, dittatore assetato di sangue e aggressore del povero, piccolo, democratico Kuwait è stata veramente dura .E questo nonostante l’impegno e la buona volontà di tutta la stampa mondiale-mondialista, accodatasi a quella USA. Almeno in questo i giornalisti nostrani hanno dato punti a tutti ... in servilismo! Eppure proprio il signore di Bagdad era stato per anni e anni il pupillo e lo strumento dell’Occidente e delle monarchie del Golfo, utile a contrastare e contenere la Rivoluzione Islamica dell’Iran, che aveva così duramente colpito le mire geostrategiche dell’imperialismo tallassocratico (3) americano nell’area decisiva del Golfo Persico e di tutto il Medio Oriente. Perché la Verità (quella vera) è che una potenza imperialista, anzi «la» Potenza mondiale per eccellenza, come gli Stati Uniti, persegue esclusivamente (ed è logico) il proprio interesse di dominio geopolitico mondiale, a prescindere dai regimi politici ed economici con cui ha a che fare e dalle ideologie o fedi religiose dei propri alleati.
Gli Stati Uniti, nella loro pur relativamente breve storia, hanno puttaneggiato e fatto i protettori di tutti. Si sono schierati, volta a volta,, con i regimi più sanguinari, reazionari, totalitari ed antidemocratici dei cinque continenti. Hanno appoggiato le dittature latinoamericane (da loro stessi instaurate) alla Pinochet e alla Videla, come i regimi tribali di tutta l’Africa nera; e questo infischiandosene alla grande di tutta la retorica sui diritti dell’uomo sventolata all’interno degli USA o in occasione di aggressioni contro paesi che resistevano loro. Per non parlare dei rapporti con i vari regimi marxisti, dalla Jugoslavia alla Romania, in funzione antisovietica. Unica legge internazionale sempre rispettata: la convenienza politica e geostrategica nonché economica del momento.
In particolare, per quanto riguarda il Medio Oriente, l’unico punto fermo della politica USA è l’alleanza, diremmo la quasi totale simbiosi, con gli interessi sionisti, in Palestina, di Eretz Israel.
Presenza politico-militare sionista e imperialismo tallassocratico statunitense sono una cosa sola; l’una è il puntello e la garanzia certa dell’altro e viceversa.
Le due politiche sono così interconnesse anche per l’influenza determinante delle lobbies ebraico-sioniste in America. Tanto che sarebbe arduo dire se è la potenza militare e nucleare USA che ha Israele quale avamposto imperialista nel bel mezzo del mondo arabo-islamico, nel Mediterraneo orientale, o se invece è Israele a possedere le chiavi, tramite i confratelli americani, della politica internazionale statunitense, scudo e spada del sionismo in Medio Oriente e strumento armato di dominio su tutto il pianeta.
Una cosa è certa: in quest’area vitale del mondo, primari e imprescindibili sono solo gli interessi vitali di Israele; quelli presenti e quelli futuri, che contemplano tutta la cosiddetta «mezzaluna fertile», dal sistema potamico Tigri-Eufrate passando per il lago di Tiberiade, il Giordano, il Mar Morto fino al Nilo.
Ed è nell’ambito di tale prospettiva geopolitica che possiamo subito avanzare una previsione, una profezia sulla futura politica estera di Washington con l’avvento al potere dell’Amministrazione Clinton, con il suo staff di teste d’uovo della sinistra ebraica americana. Ebbene la prossima vittima delle attenzioni USA sarà, già è e già fu, la Repubblica Islamica dell’Iran.
L’Iran post-khomeinista di Kamenei e Rafsanjani è infatti oggi l’unico paese in grado di resistere alla pacificazione del Medio Oriente, cioè all’assoggettamento totale del mondo arabo-islamico agli interessi delle bandiere stellate, a cinque o sei punte.
L’Egitto, dopo il tradimento di Sadat, è, al momento, fuori gioco. La Giordania è da sempre impotente, con un trono che vacilla e un re morente di cancro. Il Libano, messo a tacere dalla pax siriana in combutta con Israele che ne occupa parte del territorio, anche tramite le milizie di mercenari, vede solo l’eroica resistenza degli Hezbollah.
Non a caso la Siria è stata cancellata dalla lista nera dei cattivi terroristi internazionali redatta dall’occidente. La prima fascia di sicurezza per Israele è così assicurata. Bisogna estenderla oltre.
L’Iraq è in ginocchio anche se Bush ha avuto l’accortezza di lasciare al potere il suo vecchio amico-nemico Saddam, per evitarne la spartizione e la nascita, nel nord del paese, di uno stato curdo (antiturco, e la Turchia è nella NATO) e il rafforzarsi dello sciismo rivoluzionario nella parte meridionale; ma anche per avere sempre uno spauracchio da agitare davanti agli occhi terrorizzati dei satrapi collaborazionisti del Golfo, giustificando così la permanenza sine die della task force americana sulle rotte del petrolio e presso i pozzi dell’oro nero.
L’Iran sarà dunque presto il nuovo Impero del Male, come lo fu per l’Amministrazione Carter (di cui Clinton è l’ideale continuatore) ai tempi dell’occupazione del «covo di spie», l’ambasciata USA a Teheran.
Ma a parte il contagio della rivoluzione islamica iraniana e il ruolo di potenza regionale di Teheran, il fatto veramente scatenante è la potenzialità atomica dell’Iran; questo, ovviamente, preoccupa Israele nei suoi piani di dominio mediorientale.
Si pensi solo che nel ’82, in piena guerra Iran-Iraq (favorita da americani e israeliani per annullare entrambi i contendenti), l’aviazione con la stella di Davide volò fin sopra Bagdad, distruggendo gli impianti nucleari iracheni. Gli Stati Uniti tacquero, salvo poi a ripetere gli attacchi il decennio dopo.
Le mire contro l’Iran non sono una nostra paranoia fantapolitica, ma uno scenario geostrategico che la stampa mondialista, anche italiana, sta evocando di continuo. Persino il ritornare sempre sulla questione Rusdhie fa parte del gioco.
Per essere profeti non abbiamo bisogno della palla di vetro o di una ispirazione divina; Basta leggere le anticipazioni apparse su certi giornali che stanno preparando il clima adatto per l’intervento di domani. Prendiamone uno a caso: l’articolo di Maurizio Ricci su "Repubblica" del gennaio scorso dal titolo «Attenti, l’Iran prepara l’atomica; ora per Israele il nemico è Teheran». Per inciso, inquadrato all’interno di questo articolo ve n’è un altro sui 400 palestinesi di Hamas deportati in Libano, con una foto della loro manifestazione al confine israeliano in cui esibivano un polemico striscione in arabo e inglese, con scritto: «Se non sei Ebreo, non sei un essere umano».
Questo quasi a sottolineare uno stretto rapporto tra la lotta palestinese di Hamas e l’Iran. Viste le conseguenze per l’OLP dell’alleanza con Saddam, l’avvertimento è palese. Proprio ora che la Knesset non considera più reato avere contatto con l’organizzazione di Arafat, mentre perseguita, deporta e massacra i militanti rivoluzionari di Hamas.
Secondo gli esperti israeliani, l’Iran potrebbe avere l’atomica di Allah entro 8-10 anni; e loro si che sono esperti, visto che lo stato ebraico possiede già, non dichiarate, almeno 200 bombe nucleari con relativi missili a lunga gittata, per non parlare di quelle armi segrete di cui si ebbe sentore durante la guerra del Golfo.
Certo colpire l’Iran è ben più difficile che rifarsela con la marionetta Saddam Hussein. Otto anni di guerra con quest’ultimo, un milione e mezzo di morti, la saldezza nel tempo del regime iraniano e l’eroicità dei Pasdaran possono dare filo da torcere persino alla oliata potenza militare israeliana; anche gli Stati Uniti l’hanno imparato, nel 1979.
Ecco allora che Ze’ev Shiff, scrittore israeliano ed esperto militare del quotidiano "Ha’aretz", si affretta a precisare: «Ma io non credo che vogliano colpire Israele. Almeno non credo che siamo in cima alla loro lista. Non rappresentiamo una minaccia per loro e, fra cinque-dieci anni, se riusciremo davvero a fare la pace con palestinesi, giordani, siriani, saremo anche politicamente coperti. Agli iraniani, invece, la bomba serve soprattutto per cambiare i rapporti di forza nella regione: tenere a bada Iraq e Turchia ed estendere la propria egemonia verso l’Asia centrale da una parte, e dall’altra, gli stati del Golfo, da cui parte il cordone ombelicale che porta il petrolio all’Europa, al Giappone e agli Stati Uniti. Per questo dico che quello iraniano non è un problema di Israele, ma di tutti, Occidente in testa». (4)
Ecco un pezzo di giornalismo politico tanto ipocrita quanto geniale a cui fa eco Isabel Kasher, esperta di Medio Oriente, dalle colonne del "Jerusalem Post". Meriterebbe un saggio a parte di analisi, anche psicologica. Il messaggio è comunque chiaro. Si vuol suggerire, neanche tanto fra le righe, come l’Iran sia soprattutto un problema occidentale (che poi significa americano), per cui gli USA devono intervenire se vogliono restare i padroni mondiali, tramite il ricatto petrolifero su Europa e Giappone; quello per cui fecero e/o fecero fare le guerre nel Golfo.
Israele ha capito benissimo che le guerre per procura sono più proficue e meno dispendiose, ed è pronto a sacrificare fino all’ultimo ... occidentale per continuare a prosperare nel suo piano secolare e dormire sonni tranquilli.
«Perché -conclude lo Shiff- il grande obiettivo di Teheran è cacciare gli Stati Uniti dal Golfo». O Israele si sente ancora più forte del suo giovane alleato d’oltre oceano?
Ovviamente qui il tema di politica internazionale viene collegato a quello del cosiddetto fondamentalismo islamico dentro Israele, ma anche nei vari paesi arabi occidentalizzati, dall’Egitto alla Siria, al Libano, fino alla lontana Libia e all’Algeria in stato d’assedio.
Un altro avvertimento di Israele è rivolto ai governanti arabi traditori: «... è anche vostro interesse fermare l’Iran", se non volete perdere i troni, le seggiole presidenziali e ... la testa».
Insomma Israele, in funzione di direttore del coro, ha dato il «la» alla stampa mondiale che, prontamente, riprende e amplifica.
Ha iniziato, con l’acume conservativo di sempre, le grandi manovre di accerchiamento dell’Iran (persino all’interno dei confini della CSI) per metterlo al bando dal mondo e fare dei fondamentalisti di Teheran i nuovi nazisti e della Repubblica Islamica il nuovo Regno del Male, favorendo il ritorno nell’area (ma non erano mai partiti) dell’Impero del Bene americano; sempre a difesa dei deboli minacciati. Che questo sia, per l’ennesima volta, perfettamente funzionale agli interessi sionisti è un particolare trascurabile ...
L’elezione di Clinton, portato alla Casa Nera con il 90% (!) del voto ebraico americano e, quel che conta, con la benedizione delle sue lobbies (mentre Bush, dopo tanti meriti, aveva osato rifiutare il prestito di 10 miliardi di dollari a fondo perduto a favore di Israele, costringendo gli Israeliani a partecipare alla farsa negoziale con i palestinesi moderati) è perfettamente funzionale agli interessi militari strategici dei geopolitici israeliani. Una costante della politica USA e nulla di nuovo sotto il sole della Palestina!
In Italia "Repubblica" non è certo l’unico giornale mondialista che prepara l’opinione pubblica ai futuri interventi umanitari americani e/o sionisti. Si pensi solo, ad esempio, agli articoli di Luigi Ippoliti e Guido Olimpo sul "Corriere della sera" dell’8/11/92:
«Offensiva islamica nell’Asia ex-sovietica» e «Nuovi adepti nella legione di Allah», corredati con tanto di cartina geografica su pretesi interventi iraniani in Tagikistan e Sudan (e se "Restore Hope" somalo non fosse che la manovra d’accerchiamento strategico di quest’ultimo, passando per l’Etiopia, fino a ricongiungersi con l’Egitto di Mubarak a nord?).
Ma "Repubblica" resta all’offensiva con il recentissimo «Ankara accusa: l’Iran arma i nostri terroristi» del 5 febbraio ’93. L’articolo parla della morte di giornalisti e scrittori turchi e dell’attentato (fallito) ad un industriale ebreo, Jak Kamhi, tutti ovviamente accreditati al regime islamico di Teheran.
La controprova del nove, in Italia ci è offerta dai nostri "007" del Servizio di Sicurezza (si fa per dire) inquadrato nella NATO. Sono gli stessi Servizi che recentemente, senza motivo, hanno espulso dal nostro paese uno studente palestinese reo di simpatizzare per Hamas. 
Nella "Relazione semestrale sulla politica informativa e la sicurezza", si additano proprio Iran e Libia come potenziali pericoli (per chi? per l’Italia che dista migliaia di chilometri dall’Iran?): «È stato accertato che un paese dell’area mediorientale (notare l’ipocrita omissione del nome - Iran, N.d.R.) è in procinto di raggiungere una propria autonomia produttiva nel settore militare-industriale avvalendosi di elevate capacità tecnologiche e di una struttura organizzativa capillare impegnata nell’acquisizione di materiali e tecnologie occidentali prevalentemente del tipo "dual use" e liberamente esportabili (!). Nel settore della proliferazione nucleare, questo Paese è impegnato ad acquisire capacità nucleari attraverso paesi dell’area asiatica (Corea, N.d.R.)».
Chiaro? Chi è il malpensante che immagina infiltrazioni sioniste nei nostri servizi?! 
Sia messo alla gogna! 
«Infine, un Paese dell’Africa settentrionale (Libia, N.d.R.), attivo nel settore della produzione di armamenti chimici e missilistici, ha avviato un vasto programma finalizzato alla realizzazione di strutture produttive sotterranee». (Relazione apparsa su "Repubblica" del 27/1/93)
Ogni commento sarebbe superfluo.
Israele addita il pericolo, la stampa mondialista riprende e rilancia, l’America di Clinton, eletto dalle lobbies sioniste, si prepara ad intervenire contro il nuovo Regno del Maligno. L’ha capita persino Saddam che smorza la polemica e si ripropone, come già nel ’80, quale difensore delle monarchie del Golfo contro i nemici iraniani. L’alternativa ai massicci bombardamenti con bombe intelligenti, potrebbe essere un’altra guerra degli otto anni e qualche altro milione di morti.
Il Bene, comunque, trionferà sul Male, stavolta vestito in turbante e chador e tutti vivranno felici e contenti nel Nuovo Ordine Mondiale; protetti e vigilati dai poliziotti mondiali statunitensi, con la benedizione del Papa (Somalia docet), del Rabbino capo di Israele e del segretario (formale) dell’ONU. Anche l’Italia avrà la sua razione briciole e la sua eroica notorietà alla ... Cocciolone!
Per quanto ci riguarda, anche noi abbiamo fatto una scelta e da tempo.
Se gli Stati Uniti e Israele sono gli Imperi del Bene, non abbiamo dubbi con chi schierarci: viva l'Impero del Male.

Carlo Terracciano

NOTE:

1) Cfr. Maurizio Blondet: "Pax americana in 181 guerre", in "L'Italia", Anno II, n° 5 del 3/2/93, pag. 27
2) Noam Chomsky: "La quinta libertà". Ed. Elèuthera, 1987.
3) Talassocrazia = Governo del mare: potenza imperialista che fa del mare e del suo controllo militare la base della propria potenza espansionista. Così fu per l'Impero Britannico, come oggi per gli Stati Uniti. Spesso contrapposta alla "Tellurocrazia", alla potenza terrestre (tipo Russia e Germania). Lo scontro tra "Terra" e "Mare" è una delle basi della scienza geopolitica applicata agli eventi mondiali.
4) "Repubblica", gennaio '93,

 

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