da "AURORA" n° 4 (Marzo 1993)

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Nemici veri e falsi amici

Carlo Terracciano


"Parassiti schifosi, untuosi e sorridenti, divoratori cortesi, lupi affabili, orsi addomesticati, buffoni della fortuna,
amici da tavola, vigliacchi tutti inchini e scappellate, aria, fantocci, banderuole"

W. Shakespeare, Timone d’Atene, III, 6.


«L’Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro»!
Così recita la Costituzione del 1948 al suo art. 1. È la sua proclamazione d’identità; dovrebbe rappresentare l’essenza stessa del suo credo e del suo essere, la propria ragione fondante.
In tempi nei quali Dio è morto e gli eroi sono di celluloide, non è poi molto strano che uno Stato ponga il lavoro e soprattutto il corrispettivo (presunto) valore in denaro a base del suo credo.
I "tempi ultimi" esprimono i disvalori dell’Ultimo Uomo di nietzschiana memoria.
Di quale tipo di lavoro poi si trattasse, il popolo italiano può prenderne atto palesemente oggi, dopo 45 anni, anno 1 di Tangentopoli.
Quando cioè un regime agonizzante, come un malato cronico allo stato terminale, non è più neanche in grado di coprire le proprie vergogne e si spegne soffocando nei propri escrementi, nei propri liquidi infetti, spurgando d’un colpo gli umori putrescenti e i miasmi fetidi della propria interna e intrinseca corruzione di quasi dieci lustri.
Le radiose giornate di questa democrazia borghese e libertaria iniziarono a Milano nell’aprile del 45 con la danza macabra attorno a corpi maciullati, appesi per i piedi sulla folla quale estremo oltraggio e ludibrio. Tramontano ora nella stessa capitale (im)morale d’ Italia, tra il ludibrio e la vergogna di una classe politica che ha resistito fino all’ultimo prima di crollare nel fango e nella generale esecrazione.
Una classe politica ed imprenditoriale che non è arretrata di fronte a niente pur di sopravvivere a se stessa.
Hanno rubato, certo, e solo gli ipocriti di professione possono oggi fingere di strapparsi i vestiti per una simile scoperta ; ma hanno fatto di più e di peggio! Hanno incominciato tradendo il proprio popolo e vendendo il paese allo straniero, ci hanno asserviti al capitale e agli interessi geostrategici e militari dell’occupante. Hanno distrutto la vita comunitaria e cancellato la memoria storica. Hanno bruciato la terra, inquinando l’aria che respiriamo, avvelenando le acque e le anime degli uomini.
E quando fu necessario tenere asservito il popolo con il terrore, non hanno esitato un attimo a servirsene; hanno massacrato a decine, a centinaia cittadini inermi ed ignari in indiscriminate stragi di stato. Per poi accusare delle stesse chi, da destra e da sinistra, si opponeva al regime di terrore. E li hanno perseguiti, incarcerati, uccisi o costretti all’esilio. Quando finalmente questo regime assassino in coma ci avrà liberato dalla sua malefica presenza, allora si potrà mettere le mani sugli archivi segreti della repubblica fondata sul lavoro e si potranno interrogare e processare davanti al popolo i responsabili di tante nefandezze; allora sì che avremo le prove di crimini e misfatti che vanno oltre ogni più fervida e perfida immaginazione.
E si potranno, allora, smascherare anche tutti quei collaborazionisti occulti dei vari servizi che per anni ed anni ci hanno voluto incantare con parole e scritti, proponendosi quali paladini incorrotti ed integerrimi in lotta contro il potere dominante. Anche se, a dire il vero, alcuni di loro non hanno atteso molto per gettare la maschera...
Ma torniamo dunque all’essenza del problema, alla ragione fondante di questo regime, perché solo comprendendone la vera natura potremo farci una ragione di tutto quello che è accaduto. Uno squarcio alla storia per comprendere la cronaca.
L’Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro? Balle!
L’Italia è un’oligarchia plutocratica fondata sulle baionette dell’occupante americano.
Questa è, in poche parole, la realtà che tutti sanno e nessuno dice. 
Questa è l’essenza fondante di un regime ed un sistema che ci hanno tenuti sottomessi riempiendo le pance (finché hanno potuto) e vuotando i cervelli (finché hanno voluto); asservendo e/o eliminando con tutti i mezzi qualsiasi tipo di resistenza ed opposizione reale.
Tutti i partiti dell’arco costituzionale o da essi proliferati sono responsabili, in toto e in solidale, di collaborazionismo con l’occupante e con i suoi satrapi locali; e questo a prescindere dalla volontà o cognizione di causa dei singoli.
Tutti i partiti dell’arco parlamentare sono responsabili, come associazione criminale, del persistere, del perpetuarsi e del riprodursi di questa sudditanza.
Tutti, senza distinzione di colore, di tessera, di fede politica o religiosa, hanno brigato, mercanteggiato, collaborato servilmente con la potenza imperialista USA. In alcuni casi, come per la strage di Ustica, si è arrivati all’occultamento delle prove, alla menzogna, alla fellonia e all’alto tradimento contro il proprio Stato a favore di una o più potenze straniere. L’8 settembre resta sempre la data di fondazione per gli uomini di questo regime; quelli in stellette e quelli in doppio petto, quelli palesi e quelli coperti.
Ed il bello (?) è che ogni forza politica ha giustificato e collaborato all’asservimento del proprio paese, ridotto a colonia della talassocrazia americana, in nome dei propri alti ideali! 
L’estrema sinistra in nome dell’antifascismo come l’estrema destra in nome dell’antico-munismo.
Le forze governative e di regime, lottizzate fra capitale laico e cattolico, con un occhio oltre-Tevere e l’altro oltre-Oceano Atlantico, hanno sempre agito in nome della libertà e della democrazia, costantemente minacciate (!) da fascisti e comunisti.
È davvero singolare (o no?) che oggi, dopo la fine dell’impero sovietico, lo smembramento dell’URSS e il ripiegamento della Russia stessa entro i propri confini, a nessuno (ma proprio nessuno) nel Parlamento italico (dal MSI ai comunisti, passando per Lega, Rete, Verdi, ecc.), sia mai venuto in mente di chiedere l’uscita dell’Italia dalla NATO e il dissolvimento stesso di quel Patto Atlantico, sorto, così vollero farci credere, allo scopo di opporsi ad una invasione sovietica dell’Europa.
Nessuno ha chiesto che l’America smantelli le sue basi aeree e navali in Europa, riportando oltre oceano i propri bombardieri, i missili atomici e tutti gli altri strumenti di morte e distruzione. Come potremo mai definirci liberi finché l’ultimo marines calpesterà il suolo dell’Eurasia?
Sino a quando sul palazzo di Via Veneto, vero centro del potere romano, sventolerà, arrogante, la bandiera a stelle e strisce?
Al contrario, molti politici italiani di tutte le tendenze chiedono, addirittura, che i paesi dell’Est, dell’ex-Patto di Varsavia, Russia compresa, siano integrati nella NATO! È la versione militarista del Nuovo Ordine Mondiale, il braccio armato del Mondialismo, la scuola di polizia del Sistema Imperialista delle Multinazionali esteso su tutto il territorio euroasiatico, da oceano a oceano.
Del resto un nuovo nemico oggettivo è già stato indicato dagli strateghi del Pentagono: l’Islam. Si salda così la strategia della NATO con l’asse portante dell’occupazione militare del sistema geopolitico Mediterraneo-Medio Oriente-Golfo Persico: il sionismo e lo stato di Israele.
In questa nuova strategia atlantica, che vede l’Italia in prima linea sul Mediterraneo, noi svolgiamo da tempo (almeno dal ’82, con i nostri militari in Libano) il ruolo assegnatoci di vigilantes regionali per conto degli Stati Uniti. Come si addice alle truppe coloniali di un paese occupato, gli Italiani, che non seppero impugnare le proprie armi, sono ora costretti a portare quelle del vincitore, del padrone e a combattere in Asia e Africa (oggi Somalia e Mozambico, e domani...?) le sue guerre neo-coloniali. Dopo aver tolto le colonie agli europei, gli americani li mandano a riconquistarle o a tenerle soggiogate per i loro interessi.
Intanto in Italia, a parte qualche isolata voce "clamans in deserto", tutte le sedicenti opposizioni tacciono su questo punto o, addirittura, applaudono entusiaste.
E se per la sinistra, impegnata a ricucirsi una verginità persa in troppi postriboli, sono lontani i tempi degli "Yankees go home" e delle canzoni che incitavano a "buttare a mare le basi americane", l’estrema destra (quella in cravatta e quella in mimetica), privata ormai dell’alibi dell’anticomunismo e dell’antisovietismo, non fa che confermarsi nel suo ruolo di sempre: quello di cane da guardia degli interessi americanocentrici sullo stivale. Si addita il pericolo arabo-islamico, si aggrediscono gli immigrati di quei paesi, si riduce al ridicolo l’impegno, di anni e anni, storico revisionista. Per la destra parlamentare, l’appiattimento su posizioni americane e sioniste è ancor più squallido e avvilente.
E questo in piena contraddizione persino con la loro tradizione storica. Anni e anni di fatti, di prove e controprove, ci hanno dimostrato fino alla nausea chi e cosa ci fossero dietro tanti ex-fascisti, persino ex-soldati della RSI, riciclatisi nel secondo dopoguerra ed ancora all’opera. 
Chi e cosa ci fosse dietro certi fasulli golpe da opera buffa.
E c’è quasi da ringraziare il destino se i loro padroni della CIA hanno preferito per la colonia Italia la soluzione più indolore del golpe bianco a quella di uno in grigio-verde-nero, alla Pinochet; altrimenti saremmo finiti pure in Vietnam a far carne da fucile nella sporca guerra.
I poveri morti della Repubblica Sociale si rivolterebbero nelle fosse se sapessero a cosa si è ridotto il loro ideale nei sopravvissuti; come i giovani partigiani idealisti (e ce ne furono) caduti combattendo, tornerebbero sì in armi alla vita, ma per sparare sui loro ex-compagni oggi pidiessini o dirigenti dell’ANPI.
L’estrema destra patriottarda non ha fatto che rispettare il patto occulto che le consentì di rinascere come partito politico; come ha continuato a farlo la sua parte più radicale, nazionalpopolare o come diavolo ama definirsi. Che dire di quei cattivi maestri, rinnegati, che dopo anni di predicazione contro l’America, il sionismo, il capitalismo ecc. ecc., non risparmiarono neanche il vergognoso e pietoso spettacolo di un voto (per giunta inutile!) a favore dell’intervento italiano contro l’Iraq, al fianco dei massacratori americani? Servi nel cuore, giuda nell’anima, vigliacchi fino alle viscere, questi falliti in servizio permanente effettivo, questi rifiuti umani schifati persino dai loro padroni-finanziatori (che li scaricano alla prima occasione) hanno ancor oggi l’inaudita sfacciataggine di riproporsi come riferimento politico per giovani in cerca di una alternativa globale al sistema. Come certi vecchi dalle arterie indurite, superati i limiti della decenza, si abbandonano senza più ritegno pubblico alla propria incontinenza. Arrivano, ora, persino a parlarci di Eurasia! Proprio loro ...! Per usare l’espressione più signorile che ci viene in mente: hanno la faccia come il culo! Del resto come avrebbero potuto agire altrimenti senza temere poi che i loro padroni li sputtanassero tirando fuori dagli armadi vecchi e nuovi incartamenti?
Per tutto questo sarà anche nostro compito quello di rappresentare per le giovani generazioni la memoria storica del passato; sempre e ovunque noi smaschereremo questi impuniti impostori quando tenteranno di riproporsi e riciclarsi, per l’ennesima volta, come oppositori duri e puri del sistema.
Memoria storica della destra come della sinistra; perché se una cosa ci è ben chiara è la strumentalità fittizia e funzionale alla conservazione dello status quo di occupati che la contrapposizione generazionale tra destra e sinistra ebbe ed ha tutt’oggi. E chi ancora tenti, da una parte e dall’altra, di creare fratture e scontri tra le forze autenticamente antagoniste al sistema, deve essere immediatamente smascherato, sbugiardato e messo in condizione di non nuocere. Poco importa che siano vecchie o nuove (o seminuove) glorie dei rispettivi giri d’appartenenza. Perché l’importante non è quello che uno dice di essere, ma quello che uno veramente è.
E l’albero si può riconoscerlo dai frutti. Non mi dire cosa pensi o proponi oggi; non mi interessa. Dimmi piuttosto cosa hai fatto in passato, come hai agito (o non agito) nei momenti decisivi, nelle risoluzioni determinanti. Hai infamato, tradito, venduto? Ne sei pentito? Con chi ti sei messo ed invischiato negli anni di piombo e dopo? Chi hai frequentato?
E a cosa ha portato la tua azione (o non azione), rispetto al problema fondamentale: la libertà del tuo paese, l’indipendenza dell’Europa contro l’imperialismo americano-sionista, l’unità eurasiatica antimondialista?
In base a questo e solo a questo sarai giudicato. Fatti, non chiacchiere! 
E, stavolta, senza appelli.
Questa dunque sarà d’ora innanzi la nostra discriminante politica e geopolitica; al di là, al di sopra e, se necessita, contro le vecchie ideologie e le vecchie aree di appartenenza.
Perché creare un vero Movimento Antagonista, radicale nelle scelte di campo, quanto nuovo ed elastico nelle strategie e nelle alleanze, non vuol certo dire mettere assieme, sommare, destra e sinistra; e nemmeno significa raccattare e riciclare gli avanzi imputriditi della vecchia destra e della vecchia sinistra o centro o quel che sia. 
Al contrario! Bisogna dar vita ad una realtà politica completamente nuova, che sappia far tesoro degli errori del passato per non ripeterli e che voglia andare avanti.
Almeno in campo culturale non si parte proprio da zero, da una tabula rasa. Si pensi solo alla quasi decennale opera di un mensile come "Orion", ora oltre il suo 100° numero, e che proprio per questo suo impegno è stato sempre fatto a segno delle più infamanti campagne denigratorie da parte di chi oggi cerca di rubarne le idee per distorcerle al fine opposto. Campagne calunniose peraltro risoltesi con l’imporsi delle sue tesi politiche e con la sconfitta ignominiosa dei suoi nemici, oggi liquidati o in via di autoliquidazione. Ma, oltre i confini dell’eterno provincialismo italiota, nuove interessantissime esperienze stanno maturando nel resto d’Europa, in Medio Oriente, in Asia e in Africa. In particolare quanto sta per avvenire a Mosca ci rassicura nella nostra già salda certezza di aver intrapreso da anni la strada giusta e ci sprona ad andare sempre più avanti in tale direzione.
Per inciso: il giorno in cui le forze patriottiche e sociali della Nuova Russia eurasiatica prevarranno, siamo sicuri che qui da noi i falsi oppositori riveleranno, ancora una volta, il loro volto. Siamo pronti a scommettere che, da destra e da sinistra, da tutti i settori politici si leveranno alte grida contro la missione storica e spirituale di Mosca. Siamo pronti a scommettere che gli estremisti di ogni colore correranno ad accucciarsi ai piedi dei loro padroni atlantici.
Gli uni lo faranno in nome della "democrazia in pericolo", gli altri contro la "reazione neo-zarista in agguato", altri ancora "in difesa dell’occidente bianco e cristiano contro l’invasione tartaro-islamica", e via delirando.
Nessuno di costoro, ovviamente, ammetterà di continuare a fare, a parti invertite, il solito giochetto in voga da cinquanta e passa anni a questa parte: in sostanza l’interesse degli USA nel mondo.
Ecco allora la vera discriminante: o con, o contro l’imperialismo ed il mondialismo, in tutte le sue espressioni e varianti.
Al fianco o contro i popoli in lotta per la propria libertà e specificità etno-culturale, sulla via del riscatto nazionale e sociale. Per parte nostra, la scelta l’abbiamo fatta ormai da tempo, lucidamente ed irreversibilmente: l’Eurasia è il nostro destino.
Abbiamo risposto all’appello di Procanov e degli amici russi di "Den": «Patrioti di tutto il mondo, unitevi!»
Nei prossimi numeri ci proponiamo di relazionare ampiamente sul convegno del 1 e 2 marzo a Mosca, su i «Popoli oppressi dall’imperialismo» e sulle risoluzioni strategiche mondiali che prenderemo tutti insieme, essendo noi, in quell’assise, i rappresentanti della sezione italiana della nuova Eurasia che si va creando. 
Nasce oggi a Mosca una nuova Internazionale dei popoli di tutta la Terra; numerosa, potente, decisa, sperimentata dalla lotta e dalle mille esperienze militanti di uomini e organizzazioni di tutti i continenti, votata al sacrificio fino alla vittoria.
L’ideale dell’Eurasia unita si salderà con quelli che nel resto del pianeta combattono ancora il Mondialismo, che ancora resistono all’ordine mondialista imposto da Washington e Wall Street.
Basti per tutti l’eroico esempio del popolo cubano sotto la ferrea guida di Fidel Castro; un popolo che dimostra di aver ben appreso alla scuola di libertà del "Che".
E si pensi ancora alla resistenza palestinese di Hamas, alla Rivoluzione Islamica dell’Iran o ai nuovi resistenti algerini del FIS. Per non parlare delle grandi e piccole realtà sparse per tutto il mondo, anche nell’Europa occidentale.
Pure in questo senso il nostro antagonismo è globale e non miopisticamente rinchiuso in un provincialismo settario per qualche poltrona di sottopotere locale.
Da questa parte della barricata c’è posto per tutti e per ciascuno, con il proprio bagaglio di storia, di cultura e di passata militanza che nessuno deve rinnegare; ma a condizione che, deposto al fianco lo zaino dei ricordi e delle passioni del passato, si sia pronti ad imbracciare l’arma della critica per andare oltre, in tutti i sensi ... senza nostalgismi e torcicolli, ad un passato morto e sepolto.
Smentiamo dunque i nefasti avvoltoi della "fine della Storia", unendoci ai fratelli in lotta dell’Est e del Sud del mondo, per dare l’assalto alla sinagoga del Grande Satana moderno: l’imperialismo americano ed i suoi collaborazionisti rinnegati d’ogni paese e d’ogni parte politica.
E sia ben chiaro: come sempre, nei momenti decisivi del destino dei popoli, non c’è posto per indecisi, tiepidi, infingardi, doppiogiochisti, opportunisti di sempre, compresi i falsi amici di un passato più o meno recente.
Come sempre, ai grandi appuntamenti della Storia, «Chi non è con noi, è contro di noi».
E come tale sarà trattato ...

Carlo Terracciano

 

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