da "AURORA" n° 7 (Giugno 1993)

LETTERE

Sono giunte in Redazione due missive; una del camerata Mario Tuti e una del compagno Marco Camenisch. 
Riteniamo che un periodico che si definisce antagonista non debba sottrarsi al dovere di dare voce a coloro che, per condizioni oggettive e -nel caso di Mario Tuti- per cristallina coerenza e dignità, non dispongono di quelle tribune mass mediali da sempre riservate al pentitume di vario colore ed estrazione.


 

Confessioni per il mio giudice

(con dotte citazioni di arte varia)

Voghera, 30.4.93

 

Confesso, sì confesso che ho dubitato della Sua Magistrale Sorveglianza.
Leggendo il decreto con cui mi ha proclamato non meritevole di remissione, ho dubitato. Ho dubitato che fosse tutto uno scherzo, una sorta di pesce d’aprile o un pezzo di teatro dell’assurdo.
Con Vostra Eccellenza che mi sta in cagnesco perché non mi faccio volentieri la galera: va bene, lo confesso, può essere grave disconoscere i meriti educativi di questa istituzione... Ma allora perché considerare addirittura una tragedia che anch’io abbia voluto far provare qualche giorno di carcere a guardie, educatori e direttore a Porto Azzurro? Non l’ha visto quel film, Brubaker? E si ricorda chi erano lì i detenuti affidabili?
E poi, via, dimenticare così tutte le promesse del nostro beneAmato megadirettore, gli impegni di Amnes(t)y International, le assicurazioni del suo stesso untuoso e margarinesco presidente... Forse per timidezza ora negano, ma per fortuna ci sono gli atti processuali ad affermare la verità. E, francamente, confesso anche che non ho ben capito se forse mi si rimprovera per aver dato fin troppo bene da mangiare alle guardie in quella settimana, visto le spese che dovrei pagare -più di quaranta milioni... e che pensate che abbia fatto anch’io i soldi con la politica?- e che sono dovute essenzialmente al conto del ristorante. La prossima volta vuol dire che le guardie le tratterò a pane ed acqua, va bene?
Ma, soprattutto, confesso che ho dubitato di ben intendere quando la Sua Sorvegliante Magistralità mi accusa di non aver mai voluto fare autocritica... Mea culpa, mea culpa: è vero, non mi sono mai piegato ai ricatti e alle infamie della legislazione premiale, come non mi sono mai pentito di aver cercato di oppormi a questo regime di mafiosi, piduisti, camorristi, stragisti e corrotti vari... Ma la Sua insonne Autorità cosa faceva in tutti quegli anni d’impunità e illegalità di partiti e governanti? Dormiva? No, come tanti Suoi Colleghi, rigidi custodi della Legge e dell’Ordine, sorvegliava ...faceva il palo insomma, perché nessuno disturbasse!
Ed ecco che così finalmente si spiegano anche quelle infami ed infamanti accuse montate contro di me dai magistrati, e gli anni d’illegale segregazione nei famigerati braccetti, comodo capro espiatorio, isolato e costretto al silenzio, dei misfatti del regime.
Di tutto questo non se ne è mai accorto? O che fa il nesci, Eccellenza? Ma non li legge i giornali, ma non li sente i discorsi della gente? Eppure ormai qualche segno che le cose stanno cambiando dovrebbe arrivare anche nelle Vostre aule sorde e grigie...

Per il resto, sì, lo confesso, so bene di aver creato spesso problemi e conflitti: quando chiedevo di studiare, di fare teatro, d’impegnarmi per i più bisognosi ...e malgrado le precise disposizioni dell’ordinamento carcerario mi sono dovuto scontrare con divieti, censure, punizioni, trasferimenti. Ho dubitato allora lo confesso, ho dubitato perfino che la Sua Sorvegliante Magistralità servisse a coprire gli abusi e le violazioni di legge.
Ma ci sono appunto i rapporti, è tutto scritto e segnalato a fascicolo, non provo neppure a negare: che ho preso le difese dei più deboli, che ho chiesto di poter donare il sangue, che ho cercato di mandare qualche piccola somma in bolli ai lebbrosi ed ai bambini abbandonati... Tutto vietato, certo, e io ad insistere, a creare problemi!

Confesso, ho pensato addirittura che le Sue parole, le Sue frasi tradissero inconfessate frustrazioni o il desiderio di guadagnarsi qualche inattuale benemerenza antifascista, che pure avrebbe potuto provare a conquistarsi molto più sportivamente esternando il Suo livore durante qualcuno dei nostri radi incontri, invece di quel sorrisetto accattivante.
Confesso che ho pensato tutto questo, e anche di più, e mi sono detto che aveva proprio ragione il buon vecchio zio Foffo quando, nelle sue Conversazioni a Tavola, osservava di non riuscire a comprendere se erano gli studi giuridici a rendere scema la gente oppure se non fossero proprio gli scemi ad essere naturalmente attratti da quegli studi...
Confesso allora che ho dubitato di Lei, del paladino dei detenuti di Livorno. Mea culpa, mea culpa, mea maxima culpa!

Perché finalmente credo di aver capito. 
Il Suo decreto del 5 aprile scorso, nel fatidico anniversario di quelle elezioni che hanno segnato la fine di tante impunità e complicità, questo decreto dicevo, è in realtà una sorta di diploma d’onore, e come tale lo voglio far incorniciare e lo mostrerò con legittimo orgoglio. In questo paese di rese, tradimenti, corruzioni, e che si avvia finalmente alla resa dei conti, Lei, caro Rinaldo -mi permetta, La prego, questa familiarità- Lei, non sentendosela ancora di scendere direttamente in campo, ha voluto comunque, con magistrale sottigliezza, provare a pararsi il culo dandomi questo segreto riconoscimento della Sua stima, e l’esortazione forse a regolare finalmente tutti i conti, senza remissione. 
E vedrò di accontentarLa...
Solo, per finire, mi permetta un piccolo appunto: tra le mie benemerenze di "terrorista della destra eversiva che non ha mai dato segni di ripensamento" e che è orgoglioso di aver creato, pur dal carcere, qualche problema alle istituzioni, Lei ha dimenticato di ricordare, dopo diciotto anni di carcere speciale, anche l’ultimo riconoscimento che ho avuto dal ministero, su delega del Martellante piduista con conti segreti in Svizzera, e sentito anche il Suo esimio parere e quello della direzione del carcere. 
Ha dimenticato di ricordare che a me, unico tra i terroristi -sì, lo so, dovrei forse parlare di prigionieri politici ma, mi scuserà, il termine in quest’ultimo anno è stato alquanto squalificato- ora mi hanno applicato anche l’isolamento e le restrizioni del decreto antimafia, il famoso art. 41 bis... e non è certo cosa da tutti, ma solo per il Tuti!
Confesso la mia vanità, e ci tenevo a rivendicarlo anche per distinguermi dai tanti irriducibili buoni per tutte le stagioni e tutte le licenze e dai duri e puri che imperversano nelle aree omogenee e in televisione... Mi resta però un piccolo dubbio: di non essermelo meritato in fondo questo riconoscimento da parte delle Autorità, perché, si sa, la mafia, come le stragi, semmai è Cosa Vostra, non certo mia!
Senza remissione

Mario Tuti

 


 

Comunicato dal carcere


S. Vittore - Milano, 7.2.93

Con lo sciopero della fame iniziato il 1febbraio 1993 protesto:
1) contro l’invivibilità della sezione di massima sicurezza di questa prigione in quanto non ci è concessa socialità alcuna:
- mancanza totale di spazi ricreativi
- completa assenza di spazi ed attrezzature per attività sportive
- vitto qualitativamente precario o nullo, aggravante ciò la situazione di chi o per motivi di divieto o economici non può integrare col sopravvitto acquistabile e cucinabile in cella
- la gestione, da parte della direzione, delle differenziate condizioni di detenzione, entro i limiti discrezionali, è una delle più ristrette che conosciamo nel circuito carcerario di massima sicurezza
- la sezione è sostanzialmente utilizzata come transito e ciò comporta un continuo rimestamento di detenuti
- mancano celle singole (per esempio per detenuti con lunghe pene o fine pena mai)
- è praticamente assente la possibilità di lavoro e cioè di autosostentamento per detenuti meno abbienti
ed in quanto questa privazione di spazi di socialità, connessa e dovuta all’ambigua gestione della sezione, all’insegna della generica e crescente tendenza al peggioramento del regime carcerario nella scia ricattatoria dell’emergenziale articolo 41 bis, rende pressoché impossibile instaurare quel minimo di continuità ed equilibrio e diversificazione nelle azioni vitali e quotidiane e non, personali, e nelle relazioni ed azioni interpersonali necessarie per il mantenimento dell’integrità psicofisica (salute) dell’individuo, soprattutto se condannato a detenzione lunga.
Il che equivale al sistematico e premeditato tentativo di annientamento della personalità ed identità del detenuto.
2) Per chiedere il trasferimento in un carcere di massima sicurezza ove possa convivere con prigionieri affini alla mia generica identità sociale, culturale, politica, che può essere definita oltremodo genericamente come il dissenso radicale e rivoluzionario all’attuale dittatura del capitale imperialista sovranazionale, dei suoi stati ed apparati.
In merito ho inoltrato due istanze di trasferimento, che il ministero di DISgrazia e INgiustizia ha ritenuto opportuno respingere, con motivazioni a dir poco inconsistenti.
3) In solidarietà con le iniziative di lotta per la riunione dei prigionieri e delle prigioniere a me genericamente affini nel senso di cui sopra, che si dichiarino prigionieri/e politici/che o no, e le iniziative di lotta ovunque contro l’annientamento tramite carcerazione, passate ed attuali.

 

Marco Camenisch

 

 

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