da "AURORA" n° 11 (Novembre 1993)

*   *   *

Mosca come Parigi e... come Salò

Gianni Benvenuti

Chi vede di buon occhio il cosiddetto mondialismo, con gli americani quali poliziotti del mondo; chi condivide l'Europa farsa di Maastricht; chi ancora è legato alle vecchie, logore e superate formule di destra e sinistra; chi ancora pensa, ed è convinto, che il fallimento del "socialismo reale" porti ineluttabilmente al trionfo della logica capitalista; chi ancora non ha compreso che il "nuovo" può nascere solamente da un antagonismo ed un trasversalismo arditi e coraggiosi; chi ancora si lascia ingannare e abbindolare da interessati e stabilizzanti luoghi comuni, o da fantasmi e paure ataviche, quali antifascismo e anticomunismo, ebbene a tutti costoro questo scritto non è rivolto considerandolo, senza alcun dubbio, oltre l'eresia.
Quando domenica 3 ottobre giunsero da Mosca le prime notizie della rivolta contro il filo-americano e filo-capitalista Eltsin ho avuto immediatamente un moto di curiosità mista a simpatia verso coloro che erano scesi in piazza. Quando poi le informazioni si sono fatte più precise e siamo venuti a sapere che sulle barricate stava innanzi tutto la gente comune e, fianco a fianco, i nostalgici del comunismo, i nazionalisti, i fascisti, i sostenitori dell'Eurasia, gli zaristi ho gioito e la mia memoria storica è andata repentinamente a circa sessant'anni indietro. 
Al 6 febbraio '34. Allora a Parigi contro il regime radical-borghese corrotto e filo-capitalista scesero in piazza fascisti e comunisti.
Anche allora, come oggi a Mosca, la polizia sparò e vi furono morti e feriti. Tutto durò assai poco, un solo giorno. Ma l'eretica unione fra comunisti di base e fascisti di base ci fu, importante e significativa. Tra quella folla, tra quegli eretici c'era anche lo scrittore francese Pierre Drieu La Rochelle che ricorderà, come punto fermo, quell'esperienza unica per il resto della sua non lunga esistenza, tanto da arrivare ad affermare: «A questo punto occorre parlare senza mezzi termini. Occorre un partito che non può essere che nazionale e socialista».
Ed ancora: «Fin al luglio1918 ho intuito nel comunismo russo la fucina di una nuova aristocrazia. Non mi sono sbagliato. E cerco questa nuova aristocrazia nel socialismo europeo, il fascismo».
Ma c'è ancora di più. Così Drieu La Rochelle raccontò quella indimenticabile giornata del 6 febbraio '34: «Erano uomini che con lo stesso gesto spontaneo e generoso offrivano il loro sangue e prendevano quello altrui. L'una cosa non va senza l'altra e si tratta in ogni caso di una prova d'amore... Comunisti, patrioti. Tuttavia ben vicini, gli uni agli altri. Ad un certo punto si cantava alla rinfusa la Marsigliese e l'Internazionale. Avrei voluto che quel momento fosse durato per sempre».
Ma l'autore di "Gilles" va ancora più avanti. Va oltre quando afferma: «So perfettamente di essere fascista dal 6 febbraio e so bene in che cosa consista. Consiste nel voler fare il socialismo senza sbraitare che lo si farà, ma al contrario nel farlo. Essere fascista significa che non si può fare altro che il socialismo, che bisogna mettere in galera i capi attuali dell'economia, irresponsabili di fronte alla politica, e i capi politici, irresponsabili sul piano economico».
Fino ad arrivare a scrivere prima di darsi la morte: «Io muoio comunista».
Sicuramente tra Mosca e Parigi ci sono sessant'anni. Vi è soprattutto una situazione geopolitica assai diversa. Vi sono tante differenze che tutti possono immaginare e constatare. Ma la sostanza, il nodo centrale, sono i medesimi. Rossi e neri, così li possiamo chiamare, per intenderci con più semplicità, scendono in piazza oggi come ieri contro la liberaldemocrazia; contro una società, quella capitalista, corrotta e corruttrice, contro un meccanismo economico e politico che tutto schiaccia e tutto stritola, contro, come sosteneva Drieu La Rochelle, l'irresponsabilità dei capi economici e dei capi politici; contro l'Alta Finanza e le Multinazionali.
Questo vale per Parigi come per Mosca. Ma a Mosca c'è, se si vuole, un ulteriore importante elemento. Rossi e neri scendono in piazza contro il Mondialismo, contro l'americanizzazione della Russia, per difendere l'identità nazionale contro la logica della Coca cola. Contro quel capitalismo selvaggio e distruttore che intende sostituirsi, con tutte le sue perversità e aberrazioni, al fallimento del socialismo reale. Ancora una volta la storia dimostra come, in effetti, comunismo e capitalismo siano sempre andati di pari passo. L'uno è complementare e funzionale all'altro. Parigi come Mosca. Sessant'anni sembrano non essere trascorsi, o sembrano essere trascorsi invano.
Ed è ancora Drieu La Rochelle che ci viene in aiuto: «Comunismo e capitalismo insieme sono gli agenti inseparabili della rovina delle civiltà conosciute. Presto noi vedremo confondersi queste due forze. Ma vedremo anche queste due forze sfinite, insufficienti a rialzare l'umanità. È per questo che dobbiamo portare il nostro pensiero al di là del comunismo e del capitalismo».
Ecco il "socialismo fascista" di Drieu. Ecco il "fascismo immenso e rosso" di Robert Brasillach. A Parigi nel '34 come a Mosca nel '93 si muore sopra le barricate anche e soprattutto per questo. Ma un filo logico c'è: costruire l'unico possibile socialismo. E questo non può che avvenire se non attraverso l'unione di tutte le forze sane e antagoniste che, anche se spesso schierate su fittizie posizioni contrapposte, aspirano a costruire un'autentica giustizia sociale.
«Nella bocca dell'uomo, riempita di conserve, si forma una pericolosa reazione chimica che corrompe le parole. Così finisce la religione, l'arte, il linguaggio. Ucciso, l'uomo non esprime più niente». È ancora Drieu a parlare.
A Parigi ieri ed a Mosca oggi, rossi e neri scendono in piazza per riprendersi ciò che è stato loro tolto. Per tornare ad essere uomini vivi e liberi. Per non avere più, ieri a Parigi, ed in un futuro assai prossimo a Mosca la bocca "riempita di conserve". Per continuare ad essere Europei. Per tentare di costruire, forse inconsapevolmente ancora, come più sopra si diceva, l'unica alternativa al comunismo e al capitalismo. 
Come accadde, in altro periodo storico, a Nicolino Bombacci che, fondatore del partito comunista italiano, si trovò a morire a fianco di Mussolini gridando: «Viva il socialismo!».
In un'Europa che da decenni sta sempre più perdendo e rinnegando i suoi valori spirituali e sociali, ogni qualvolta sale il desiderio di ritrovare e riconquistare quanto perso ecco che i cosiddetti opposti si incontrano, riscoprendo le loro caratteristiche sociali, popolari, nazionali. Per un attimo. Per un momento. Per poi subito allontanarsi di nuovo. Quasi fosse un perverso gioco al massacro. Perché non ricordare anche (quante volte ne abbiamo parlato!) il '68 in Italia e soprattutto a Valle Giulia? Anche allora rossi e neri sulla stessa barricata. Contro il sistema borghese e liberalcapitalista. Poi venne ciò che tutti noi conosciamo e che vorremmo non fosse mai accaduto: gli anni di piombo e la logica degli opposti estremismi.
Nei giorni scorsi a Mosca e successo dunque qualcosa di significativo, come accadde a Parigi nel lontano '34, come accadde durante la Repubblica di Salò. Tre epoche diverse, ma con tante, troppe similitudini per essere dimenticate. Una lezione da imparare sino in fondo. Un patrimonio incommensurabile da conservare gelosamente. Momenti ed esempi affascinanti e fecondi.
«Andare al di là dell'avvenimento contingente, tentare cammini rischiosi, percorrere tutte le strade possibili della storia... Andare dove non c'è nessuno». È sempre Drieu che parla.
La strada è ancora aperta, più che mai. Prima che si chiuda definitivamente e drammaticamente occorre percorrerla fino in fondo.
Senza esitazioni. 

Gianni Benvenuti

 

articolo precedente indice n° 11 articolo successivo