da "AURORA" n° 12 (Dicembre 1993)

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Ma non cambia mai nulla

Francesco Mastroianni

I risultati delle elezioni del 21 novembre sembrano aver provocato una rivoluzione; ma è solo apparenza.
È vero che è scomparsa la DC insieme ai suoi tradizionali alleati di governo (PSI in primo luogo), ma non è affatto scomparso il Centro, come in molti sembrano credere. Non c'è stato affatto uno spostamento a Destra e a Sinistra -anche se per noi questi termini non hanno più alcun significato. C'è stato uno spostamento al Centro della Destra e della Sinistra che appaiono sempre più uguali.
Quali sono, infatti, oggi le differenze sostanziali tra Lega, MSI e PDS? Non sono tutti favorevoli al libero mercato? Non sono tutti fautori della necessità di restare legati agli USA? Non sono tutti favorevoli alle privatizzazioni? Non si proclamano tutti liberaldemocratici?
Gli elettori, la massa, non hanno affatto cambiato le loro convinzioni politiche; ammesso che ne abbiano mai avute di vere! Hanno solo abbandonato in massa i partiti di governo apparsi come gli unici responsabili dello sfascio economico, ed hanno fatto diventare primo partito il PDS, le cui sporche vicende, più di quindici anni fa, fecero nascere l'espressione «mani pulite», e che oggi non è certo meno coinvolto in Tangentopoli. Il MSI di Gianfranco Fini si è avvantaggiato di questa situazione, particolarmente là dove si presentava da solo, mentre ha fallito clamorosamente dove le alleanze con la DC davano per scontato un successo, come a Salerno.
In Calabria il nuovo si è visto ancora meno. I centri maggiori dove si è votato sono Cosenza e Lamezia Terme.
A Cosenza sono approdati al ballottaggio il candidato del quadripartito e il vecchio Giacomo Mancini (già segretario nazionale del PSI, clamorosamente invischiato nello scandalo ANAS nei primi anni settanta), presentato come il nuovo e sostenuto anche da una lista guidata dall'ex-segretario provinciale del MSI Arnaldo Colletti. Non ce l'ha fatta il candidato ufficiale del PSI, Pino Gentile; così come non ce l'ha fatta il candidato sostenuto ufficialmente dal MSI. 
Insuccesso della lista "Calabria Libera", -il movimento fondato dall'ex-segretario provinciale del MSI di Catanzaro, Beniamino Donnici, approdato su posizioni federaliste, che presentava come candidato a sindaco Walter Aversa, figlio del sovrintendente di polizia assassinato a Lamezia Terme- e di Bernaudo, candidato nel movimento creato da Stefano Delle Chiaie.
A Lamezia Terme quarta città della Calabria, si votava perché il consiglio comunale, eletto due anni fa, era stato sciolto per infiltrazioni mafiose che riguardavano soprattutto i consiglieri del partito socialista, ma anche la DC. Questi due partiti si sono presentati con liste separate, ma con un unico candidato a sindaco, l'avv. Michele Roperto, democristiano che ha anche ricoperto la carica di assessore all'urbanistica.
Ben nove sono state le liste e sette i candidati a sindaco, ed è apparso subito chiaro che il tanto sbandierato rinnovamento si sarebbe risolto con un ballottaggio tra i candidati del vecchio sistema di potere: il candidato di DC e PSI contro il candidato del PDS -il magistrato Doris Lo Moro, amica di Luciano Violante, il potente presidente della Commissione Antimafia accusato di aver manomesso i verbali dell'interrogatorio del camorrista-pentito Pasquale Galasso-, che insieme ai Verdi e alla Rete ha presentato una lista denominata "Alleanza per Lamezia", e che nelle precedenti politiche aveva candidato al senato, nel collegio lametino, proprio lo stesso Violante. Della stessa lista hanno fatto parte anche ex-notabili socialisti e democristiani. Tutto è andato come previsto, anche se l'alleanza DC/PSI, appoggiata dalle gerarchie ecclesiastiche, è scesa dal 70% dei voti di due anni fa al 28% di Roperto -sufficiente comunque a garantirgli il primo posto- e al 39% delle due liste messe insieme.
Alla Lo Moro sono andati il 25% dei voti ed alla lista che la sosteneva il 19%, sufficienti a farne il primo partito.
In competizione nella città della piana anche una lista strana, per la logica comune, denominata "Rinascita di Lamezia" e formata da cittadini che provenivano dalle più disparate esperienze ed ideologie politiche: dall'estrema destra all'estrema sinistra, e che presentava come candidato a sindaco il medico Ugo Di Sarro. Il risultato è stato però -anche per l'inesperienza dei giovani candidati- inferiore alle attese e alle possibilità: meno del 3,5% dei voti. Eppure il programma che presentava era sicuramente il più serio; quello che proponeva, per risolvere i gravissimi problemi della Città, soluzioni semplici e attuabili anche in tempo di vacche magre. A cominciare dall'approvazione del piano regolatore -fermo da vent'anni per i veti incrociati dettati dai vari interessi- con l'individuazione di aree per l'edilizia popolare, da destinare esclusivamente a cooperative e a singoli richiedenti, con l'esclusione delle imprese al fine di evitare le consuete speculazioni. E poi: il potenziamento e la pubblicizzazione delle Terme di Caronte; il piano per il commercio a tutela dei piccoli esercizi che sono costretti a chiudere schiacciati dalle grandi catene di distribuzione; la gestione diretta, da parte del Comune, dei servizi pubblici per combattere le infiltrazioni mafiose che sono costate la vita anche a due poveri netturbini; il controllo del proliferare delle scuole private che rischiano di diventare (e sono già diventate) dei veri e propri diplomifici a pagamento.
La gente ha preferito far finta di credere al finto rinnovamento e anche quando ha inteso protestare non ha voluto scegliere una lista che cozzava contro la consueta logica di "destra e sinistra". Non sono mancati i consensi morali, soprattutto dopo il rifiuto di entrare in alleanze che avrebbero permesso di conquistare un seggio in consiglio comunale e, soprattutto, i risultati sul piano umano, se si pensa che alla lista "Rinascita per Lamezia" sono andati consensi di elettori che fino a quindici anni fa si combattevano tra loro anche fisicamente.
Tra le altre liste ottimo il risultato del prof. Egidio Chiarella sostenuto dalla lista del "Movimento Cristiano Veritas" e protagonista di una lunga polemica con le gerarchie ecclesiastiche (che gli hanno negato l'Eucarestia), che ha ottenuto il 15% dei voti, e buono quello del giudice Benito Romano De Grazia che, sostenuto dalla lista del "Centro Lazzati" e dall'Unione del Centro, ha avuto il 15% dei voti. 
Inferiore alle attese il risultato del MSI il cui candidato a sindaco -l'avv Fabrizio Falvo- ha avuto il 7,5% con cinquecento voti in più della lista che ha confermato il consigliere comunale. Stesso discorso per Rifondazione comunista, il cui candidato a sindaco, l'avv. Agostino Panedigrano, ha avuto il 9%.
Eppure alcune considerazioni meritano di essere fatte, proprio alla luce di questi risultati: a Lamezia Terme due anni fa DC, PSDI e PDS avevano insieme l'80% dei voti, mentre oggi, nonostante l'avanzata del partito di Occhetto, sono sotto il 55%. La frantumazione delle opposizioni fa il gioco dei partiti tradizionali e dei gruppi di potere: i tre candidati a sindaco che non si presentavano come espressione dei partiti hanno raccolto il 30% dei voti, ma nessuno di loro è arrivato al ballottaggio.
Ancora peggio a Cosenza, dove i due candidati che si contendevano la carica di primo cittadino il 5 dicembre mettono assieme solo un terzo dei voti. La grossa fetta di elettorato che a Lamezia Terme ha continuato a votare per i partiti maggiori non ha risentito in alcun modo dell'effetto "tangentopoli", né si è preoccupata del rinnovamento di facciata operato da quelle liste: i primi eletti non sono infatti volti nuovi, ma solo vecchi notabili -magari saltati nel carro dei possibili vincitori- compresi i resti del Consiglio comunale sciolto per mafia.
Il nuovo non è recepito e prevale la rassegnazione o l'abitudine o, peggio ancora, la speranza che tutto torni come prima. Anche Chiarella e De Grazia non possono essere considerati veramente il nuovo. Il primo è stato per lungo tempo alla segreteria di un parlamentare socialista catanzarese, e poi candidato al Consiglio comunale e al Parlamento nelle liste del PSDI; il secondo era un esponente della DC che si richiama a Mario Segni.
Il consenso non dipende dalle qualità dei programmi e dall'onestà , ma dalla capacità, o meglio dalla possibilità, di persuadere l'opinione pubblica.
E ciò in Calabria non si fa con i bei discorsi; si fa con gli apparati clientelari o con i mezzi d'informazione di massa: il successo di Chiarella è stato preparato con una campagna condotta per più di un anno attraverso un'emittente televisiva locale. Quest'ultimo aspetto deve far riflettere soprattutto noi.

Francesco Mastroianni

 

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