da "AURORA" n° 21 (Ottobre - Dicembre 1994)

LA CULTURA

Europa o Occidente?

Claudio Mutti

In un recente saggio di Franco Cardini ("Noi e l'Islam. Un incontro possibile?"- Laterza, Bari 1994) viene affrontato, seppure in maniera marginale e sintetica, un argomento che riveste un interesse enorme, perché riguarda aspetti generalmente trascurati o falsificati di quella questione vitale che è la nostra identità europea - identità che troppo spesso si tende a confondere con una presunta «identità occidentale».
«Il concetto di Occidente -dice invece Cardini- è relativamente nuovo e sembra di per sé inscindibile da quello di modernità». 
Se ne deduce logicamente che i tentativi di nobilitare l'Occidente individuandone le radici nell'antica Grecia, nella civiltà romana o nella Cristianità latino-germanica sono ingiustificati. Una cultura come quella greca, che non produsse soltanto il razionalismo sofistico del V sec. a.C. e il materialismo meccanicistico epicureo, ma si espresse anche e soprattutto nei Misteri, nella teologia di Eschilo e di Pindaro, nella metafisica di Platone, nel neo-platonismo teurgico e mistico, non può essere seriamente presentata come antesignana della modernità, che è, Weber docet, «disincanto del mondo». Un discorso analogo vale per Roma, la cui civiltà si basa su quanto vi è di più irriducibile alle esigenze della modernità: l'identificazione dell'ambito religioso con quello giuridico e politico. Dell'«Occidente» medioevale, poi, non dovrebbe essere neanche il caso di parlare: la modernità, se mai, nasce quando esso muore.
Ma il termine «Occidente», prima ancora di richiamare una certa visione del mondo, rappresenta una nozione di tipo geografico e spaziale. 
Ebbene, qui deve essere posta in evidenza una realtà elementare che la cultura diventata egemone nell'ultimo cinquantennio ha teso ad oscurare. È sufficiente guardare il planisfero di un qualunque atlante geografico per rendersi conto che l'Occidente della geografia terrestre coincide con il continente americano e con le acque oceaniche che lo circondano. L'Europa non è Occidente. L'Europa si trova nell'emisfero orientale ed è parte integrante di quell'unità continentale che si chiama Eurasia. 
Se l'Europa ha un rapporto di continuità naturale con altre parti del mondo, queste non sono dunque le Americhe, ma l'Asia e l'Africa. 
Tutto questo, Cardini non lo dice esplicitamente, ma lo fa pensare al lettore allorché pone un interrogativo di questo genere: «Ma l'equatore e davvero una linea divisoria anche in termini di cultura e di economia -e di potere- più netta del meridiano atlantico che separa il continente europeo da quello americano?». 
Contemporaneamente ci dà un'informazione interessante per quanto concerne la visione americana della geografia terrestre: «negli Stati Uniti vengono ormai da decenni pubblicati atlanti nei quali il centro del mondo è rappresentato dal Pacifico, (...) mentre l'Eurasia figura lontana periferia schiacciata alle pareti laterali della proiezione ovale».
A buon diritto perciò Cardini afferma che «si è riusciti ad enucleare un concetto in apparenza univoco di "Occidente" solo a patto di passar sopra alle grandi sintesi eurasiatiche e mediterranee, quali quella avviata da Alessandro Magno e che da almeno il I secolo a.C. fu assunta a fulcro delle scelte politiche e culturali dell'impero romano». 
Ecco dunque che è messa a nudo la truffa degli occidentalisti, i quali vorrebbero spacciare l'Occidente atlantico e americanocentrico come il successore dell'impero Romano (mentre, semmai, l'Occidente è erede della mercantile e talassocratica Cartagine). I «grandi spazi» degli imperi dell'antichità ebbero, da Alessandro ad Attila, una dimensione eurasiatica; e ancora nell'età moderna fu eurasiatica e mediterranea -ed ebbe la sua capitale in Europa- la grandiosa costruzione politica e civile degli Ottomani, i quali subentrarono ai Cesari bizantini nella guida di un Impero esteso sui territori di tre continenti.
Ma ciò ci porta al tema specifico del saggio di Cardini, il quale si chiede testualmente: «si può davvero parlare a cuor leggero di una "estraneità" o di una "opposizione" tra Europa e Islam?». 
Se non bastasse il richiamo storico all'Europa ottomana che abbiamo proposto più sopra, ecco le argomentazioni dello stesso Cardini: «non dobbiamo dimenticarci che la Spagna e stata per buona parte musulmana tra VIII e XV secolo, che la Sicilia lo è stata tra IX e XI». 
Ma esiste ancora oggi un Islam europeo, del quale l'autore si limita a menzionare le comunità più numerose: «in Albania, in Bosnia, nella Repubblica Federale Russa, nella Turchia "europea" (si notino le virgolette, le quali inducono a pensare che l'Autore non concordi con la diffusa opinione che respinge fuori dal nostro spazio i territori situati oltre il Bosforo e i Dardanelli, N.d.R.) vi sono musulmani discendenti di immigrati o di convertiti del tempo delle dominazioni turco-ottomana o tartara dell'Orda d'Oro». A questo Islam "autoctono", se ne aggiunge un altro di nuova formazione: «gli immigrati in cerca di lavoro dai vari paesi musulmani e, infine, alcuni euro-occidentali (e anche euro-orientali, N.d.R.) convertiti di recente». Vi sono dunque, tra l'Atlantico e gli Urali, tredici milioni e mezzo di musulmani europei, vale a dire il 2,6% della popolazione totale.
"Noi e l'Islam. Un incontro possibile?". 
La risposta al quesito contenuto nel titolo viene implicitamente fornita laddove l'Autore, dovendo citare fenomeni storici esemplari di convivenza «franca e cordiale» tra comunità diverse, evoca l'impero mongolo, la Spagna musulmana e il Sultanato musulmano di Delhi. Ma Cardini non si limita ad auspicare un incontro tra musulmani e cristiani, né si appiattisce sull'abusato schema post-conciliare del «dialogo» interconfessionale; dimostrando di essere un «integralista» molto atipico, l'Autore allarga l'incontro anche ai «laici di buona volontà». 
Chi sono costoro? Come minimo, una cosa è certa: in Europa, sono quei laici che non si riconoscono nell'ideologia occidentale ...
È davvero il caso di dire: «Allah akbar»!

Claudio Mutti

 

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