da "AURORA" n° 27 (Luglio 1995)

LA POLEMICA

Approcci errati!

Amedeo Canale

Già nel millenovecentottantanove non pochi militanti della cosiddetta «area» nazionalpopolare avevano assunto determinate posizioni.
Posizioni, che con l'evolversi degli avvenimenti politici, trovarono più conferme che smentite e risultarono determinanti per la nostra formazione ideale e culturale, affinando la nostra predisposizione al dialogo con qualsivoglia individuo o soggetto politico e a mantenere una sostanziale obiettività nel giudicare le ragioni degli altri.
In virtù di queste conquiste, a dire il vero non facili in un ambiente come quello del MSI, siamo riusciti ad accreditarci -anche presso uomini e situazioni ritenuti tradizionalmente chiusi e quasi impermeabili a retaggi culturali come i nostri- come persone sensate e ragionevoli che, pur non rinunciando ai propri principî, non avevano difficoltà ad ammettere errori o limiti presenti nel patrimonio culturale e ideale a cui si riferivano.
Tali percorsi, intimamente travagliati e spesso scherniti da quanti restavano abbarbicati sulle «verità assolute», non furono molto comuni e diffusi come qualcuno vuole far intendere. Ed è a causa di ciò che ci ritroviamo oggi di fronte a due difficili realtà, entrambe riconducibili al militante-tipo del MSI.
La prima, quella tutto sommato più comune e consuetudinaria, è rappresentata da coloro che dicono oggi ciò che altri davano per certo cinque o addirittura dieci anni prima, spacciandolo per farina del loro sacco o, peggio, millantano azioni alle quali sono stati estranei o rivendicano come cosa loro idee e pensieri che hanno ferocemente avversato. Tutto questo, naturalmente, senza uno straccio di argomentazione che abbia senso logico e compiuto.
La seconda, viceversa, è riconducibile alla scarsa autonomia di elaborazione politica e alla ridotta capacita valutativa che questi personaggi manifestano.
In questa sede ci interessa analizzare questa ultima, perché da essa si può muovere qualche appunto che interessa tutta una realtà politica in tumultuosa crescita. Una realtà che sta a noi tutti molto a cuore.
Nel '91 in Reggio Calabria si guardava alla Lega come ad un fenomeno all'apparenza molto pericoloso per le genti del Sud, anche se non privo di una sua «carica» positivamente «eversiva». Solo accennare a quest'ultima componente del movimento bossiano ora considerato una eresia dai tanti che, in un secondo tempo, facendole proprie, spacciarono queste valutazioni come prodotto della loro personale analisi.
Dopo le elezioni del 1992, allorché individuammo nel neonato PDS, una realtà in evoluzione capace di divenire un contenitore deideologizzato capace di assorbire e rappresentare le realtà più varie, venivamo definiti degli allocchi, da quelli che, poi, in massa, votarono per il Centrosinistra.
Nel 1993/94 la nostra apertura verso Rifondazione Comunista per congiuntamente operare, seppure in misura minimale, una rottura verso un sistema apparentemente vacillante, fu considerato alla stregua di una pazzia. Sostenevamo allora che un grosso sforzo andava fatto per dialogare col Partito della Rifondazione Comunista nella sua totalità, al di là dei rapporti cordiali e gradevoli con i singoli esponenti di questa realtà politica; eravamo convinti di poter gettare le basi per una larga intesa, e che questa si sarebbe potuta sviluppare solo tra qualche anno con larghi margini di fattibilità.
Allora molti ci accusarono di aver cambiato bandiera (come se innalzare un vessillo che non sia quello personale sia una necessità fisiologica) e di esserci dimenticati della tragedia degli «Anni di piombo», dei morti, della Guerra Civile '43/'45, del Duce assassinato ed oltraggiato, del cugino del fratello dello zio della tal Sezione a cui hanno sparato con cartucce caricate a sale cantando l'«Internazionale».
Oggi, perfino tra gli amici di Rauti vi è chi sostiene la necessità di votare Rifondazione e molti affermano con esemplare «faccia tosta» che tale conquista deriva dalla proverbiale versatilità e ampiezza di visione della nostra area politica originaria.
Naturalmente tutto questo discorso non è volto, anche se lo lascia pensare, ad esaltare in modo e misura spudorati intuizioni che, in fondo, non hanno né rivoluzionato Sistemi né sovvertito regimi; intendiamo solo evidenziare la tendenza a «scimmiottare» tardivamente le intuizioni -ragionevoli o meno- di una o più persone, senza peraltro acquisire le necessarie informazioni e senza analizzare gli elementi prima di operare una scelta.
A questo punto non posso che collegarmi a quella realtà «in tumultuosa crescita che ci sta molto a cuore» come dicevamo qualche rigo prima: a Sinistra Nazionale.
È innegabile che essa costituisca un'operazione senza precedenti, almeno per quanto ci è dato conoscere, che muove da una rivalutazione di esperienze e personaggi storici sottovalutati, aperta alla sperimentazione, capace di intuizioni veramente notevoli sia sul piano politico che in quello culturale.
Ciò le hanno permesso di ritagliarsi un posto di rilievo nell'ambito della Sinistra. 
Tuttavia Sinistra Nazionale, a mio avviso, corre un grosso rischio, che è determinato da alcuni elementi che apparentemente ne condividono le ragioni e la strategia politica.
Questi elementi, in virtù di quanto si rilevava più sopra, non hanno le capacità politiche e la preparazione culturale per sostenere con dovizia d'argomenti e capacità di analisi il peso di una discussione che abbia l'obiettivo di giungere ad un'eventuale intesa con militanti di Rifondazione Comunista per un'azione comune, anche se ristretta al mero ambito locale. Una intesa che sappia salvaguardare l'intangibilità dei nostri princìpi, i contenuti delle nostre istanze ideali nonché la particolarità delle nostre esperienze.
Non intendiamo assolutamente affermare che si prospetti l'arcaico scenario «io con i comunisti non parlo!» o che si debba ritornare a posizioni di odio ideologico. Vogliamo solo rilevare un dato acquisito, che ci pare incontestabile: ossia, quello di vedere in un'area politica, come quella dell'estrema sinistra, la scarsa capacità a percepire la sostanza delle ragioni degli altri che genera una disponibilità solo, temiamo, strumentale ad una comune collaborazione.
La tendenza, quindi ad appoggiare incondizionatamente, e a individuare come interlocutore privilegiato Rifondazione Comunista, è totalmente errata.
E non perché il Partito di Bertinotti e Cossutta non rappresenti uno dei pochi, forse l'unico, punto di riferimento per chi ha a cuore la difesa dei meno abbienti, tutt'altro, ma in quanto si rischia, nel privilegiare questo rapporto, di annacquare oltre misura le nostre convinzioni ed indebolire in modo deleterio la nostra proposta politica.
Chi vive, partecipa, lavora all'interno di Sinistra Nazionale deve tenere sempre a mente quali sono i punti di riferimento culturali, ideali e politici ai quali l'azione pratica deve sempre e comunque uniformarsi.
E i nostri riferimenti, come su queste pagine è stato più volte sottolineato, sono Sorel e il Sindacalismo rivoluzionario, Nietzsche e il fascismo-movimento, Drieu La Rochelle e Berto Ricci, Nicolino Bombacci e Beppe Niccolai. Da tutto ciò non possiamo prescindere senza snaturarci, senza perdere la nostra anima.
E questi princìpi  e uomini, è necessario ricordarlo sempre, non saranno mai accettati da certa sinistra ancora ossessivamente ancorata alla cultura marxista, aggravata dal deviazionismo radical-chic e da un tatticismo elettoralistico eccessivo. Non si esagera quindi nell'affermare che il rapporto non abbastanza critico con questa realtà può condurci, anche in modo del tutto involontario all'abiura delle nostre idee.
Speriamo che quanto abbiamo qui esposto non vada, more solito, interpretato come una scomunica verso chicchessia, ma sia recepito per quello che vuole essere: un avvertimento per quanti, trasportati dall'entusiasmo del momento, si fidano oltre misura di certe aperture e si adagiano pedissequamente su un rapporto politico che deve avere essenzialmente uno scopo tattico e non strategico. Così come abbiamo sempre rifiutato l'anticomunismo gratuito, rifiutiamo oggi di cristallizzarci su posizioni castranti e propendiamo per un'azione politica coerente, aperta a trecentosessanta gradi.
Un'azione meditata nelle scelte e nella valutazione delle convergenze politiche che tenga conto nel quotidiano operare di ciò che siamo e vogliamo continuare ad essere. Concludiamo, senza altri particolari riferimenti, sperando che i nostri rilievi siano recepiti per quelli che sono: un contributo per evitare quegli errori che in tempi lunghi possono rivelarsi fatali.

Amedeo Canale

 

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