da "AURORA" n° 40 (Aprile 1997)

OLTRECONFINE

da "Disenso" n° 9

L'America latina nella guerra civile mondiale

Ermanno Massari (trad.)

 

Senza dubbio questo secolo, prossimo a finire, può esser definito come un secolo di guerra continua. Due terribili conflitti mondiali hanno proiettato le loro ombre sino ai nostri giorni. E quando parliamo di guerra civile, che si ha dentro lo stesso popolo, la medesima nazione o la stessa unità politica, la situazione è più complessa e pericolosa. Tinta di grande carica ideologica, la guerra civile non presenta un fronte definito, le operazioni militari si possono distinguere per la loro indiscriminata violenza e la loro principale caratteristica è l'odio.

Uno dei maggiori pensatori attuali, Ernst Nolte, sviluppando ed approfondendo le idee di Carl Schmitt, Ernst Junger e di altri autori nel periodo tra le due guerre, illustra la tesi della «guerra civile mondiale» -una continuazione della «guerra civile europea»- in diversi scritti apparsi negli ultimi anni ("La guerra civile mondiale ed altri saggi", Roma 1994; "La guerra civil europea 1917-45", Mexico 1995; "Después del comunismo", Madrid 1995).

La Francia rivoluzionaria del 1789 consacrò un nuovo elemento. Gli stranieri che giurarono lealtà al sistema giacobino erano ammessi come propri «fedeli». Già allora non comandava un governo francese, ma un partito politico, con seguaci in tutto il continente e una linea amico-nemico da connotazioni quasi religiose. Una immediata reazione l'ebbero anche i suoi fedeli, in modo che si stabilì un nuovo tipo di conflitto, di confronto fanatico che non avrebbe risparmiato alcun paese. Così si profilò la divisione Rivoluzione-Controrivoluzione, che presto oltrepassò le frontiere europee per avere sostenitori in tutto il mondo. Dopo Napoleone, e fino alla grande guerra, il potere conservatore europeo relegò i conflitti nell'ottica interstatale. Con l'ascesa al potere del bolscevismo in Russia, nel '17, la guerra civile mondiale si rinnovò, trasformandosi l'URSS nella bandiera e nella Mecca dei ribelli e delle lotte globali del proletariato contro la borghesia.

La reazione si ebbe tramite partiti di massa anticomunisti come il fascismo italiano nel '22 e il nazionalismo tedesco nel '33 che, col tempo, si confrontarono con il bolscevismo nella guerra russo-tedesca ('41-'45), che si trasformò in una guerra civile internazionale grazie agli alleati che i due contendenti avevano.

Quando gli anglo-nordamericani e i loro alleati democratici videro che Stalin -che avevano aiutato a sconfiggere il rivale comune (il III Reich)-, perseguendo un'idea d'espansione planetaria comunista, non pensava di cessare il combattimento contro il capitalismo, trovarono nella potenza sovietica, invece che nel nazismo, il nemico totale del mondo libero, in un nuovo conflitto conosciuto come «guerra fredda». Tale situazione si mantenne, con alti e bassi, sino alla caduta del «muro di Berlino», nel 1989, e cessò per ritiro volontario di uno dei due contendenti. Ciò che occorre porre in risalto è che di fronte all'impossibilità di un combattimento reale, causa gli armamenti atomici, i due contendenti, USA ed URSS, cercarono di guadagnar terreno nelle periferie del mondo, incitando i propri alleati a combattere guerre civili silenziose, come è successo in Asia, Africa e America-Latina. Per carenza di risorse sufficienti, mancanza di un potere centrale e causa la disgraziata dipendenza a cui tutti i movimenti nazionali erano sottomessi, credendo di raggiungere una futura autodeterminazione all'ombra di uno dei due blocchi, aree come l'America-latina entrarono nel gioco della guerra civile fra le superpotenze che si servirono di governi fantoccio e governanti corrotti. Ed in questa guerra, che come tutte le guerre civili demonizza totalmente l'avversario come depositario assoluto del male, si ammucchiano morti latino-americani assassinati da latino-americani, caduti per pallottole compatriote. Così in un futuro conflitto, ogni uomo diviene oppressore per il solo fatto di portare una divisa e va ucciso; e ogni uomo, solo perché dissente, è un sovversivo e va torturato e fatto sparire. Si agisce non su una persona, ma su «qualcosa» di impersonale, senza valore, fuori dalla «umanità». È una guerra tra fedeli ed infedeli, ingigantita dai mezzi di propaganda e assicurata, all'interno, dai meccanismi polizieschi. Intanto i paesi latino-americani si indebitano abbondantemente mentre le relative popolazioni affondano nella povertà e nella violenza, obbligate a vivere da gurkas degli imperialismi rivali.

Caso sintomatico è quello cubano; originalmente fu una rivoluzione della classe media e dei contadini contro la dittatura di Battista, guidata dal movimento diretto da Fidel Castro -che godeva della compiacenza nordamericana- che risultò trionfante nel '59. Castro contava nell'appoggio economico degli Stati Uniti, ma la sua impronta nazionalista di sinistra terminò con la riforma agraria e la nazionalizzazione dei latifondi zuccherieri, molti dei quali di proprietà nordamericana. La conseguente crisi con Washington indusse il governo cubano, approfittando della propria posizione strategica, ad accettare gli aiuti economici sovietici in cambio della presenza russa nel Paese. Il processo di socializzazione si accentuò con il sequestro delle compagnie petrolifere statunitensi. Castro dovette proclamare la sua adesione alla dottrina marxista-leninista e trasformò il suo partito in uno comunista. La crisi dei missili nel '62 portò il Paese al limite di un conflitto internazionale. Da allora, Cuba ha dovuto ondeggiare tra Washington e Mosca mantenendo una certa indipendenza, e servendo da base d'appoggio alle guerriglie rivoluzionarie di tutto il mondo.

La rivoluzione cubana influì molto in tutta l'America-latina suggerendo la soluzione rivoluzionaria a tutti i problemi del continente. Molti intellettuali latino-nordamericani e latino-americani difesero il debutto castrista-guevarista. Però alla lunga ebbe come conseguenza l'aumento dell'ingerenza degli USA nell'economia e nella politica latino-americana. Come ai movimenti del '58 e del '68 nell'Europa dell'Est -Ungheria e Cecoslovacchia- si imponeva il bipolarismo al disopra delle intenzioni di sovranità nelle aree di influenza delle due superpotenze.

Gli USA furono sempre la potenza egemone di tutta l'America. Oltre alla logica influenza derivata dalla loro grande economia, hanno usato il potere politico per controllare tutta l'area, variando dalla pressione politica all'intervento armato, e utilizzando con profitto la "Dottrina Monroe" e il Panamericanismo, trasformati in attrezzi di geopolitica per i propri fini politici ed economici. Creata durante la guerra fredda, la OEA -Organizzazione degli Stati Americani- è divenuta uno strumento di controllo degli Stati Uniti -in veste democratica- sulla politica latino-americana, per lottare contro i movimenti rivoluzionari e l'influenza comunista e assolvere le medesime funzioni del Patto di Varsavia, per gli obiettivi dell'URSS, nell'Est-Europa. Ugualmente si inasprivano le condizioni autonomiste della guerra fredda; le due potenze non esitavano ad intervenire alla prima opportunità di movimenti nel rispettivo blocco: Budapest '56, di fronte alla indocilità di Nagy; Guatemala '54, per rovesciare Arbenz. In momenti di distensione si cambiava politica: aiuti sovietici di Krusciov ai suoi vicini; «Alleanza per il progresso» di Kennedy.

Una significativa differenza era che nel blocco occidentale, Cuba faceva da «paese chiave» dell'imperialismo sovietico senza che esistesse contropartita nel blocco comunista. In realtà, Cuba mai potè essere un serio pericolo per gli Stati Uniti. Però è servita da «contro-immagine» poiché le guerriglie stimolate da L'Avana -insieme alla Conferenza Tricontinentale del Movimento Rivoluzionario di America e Africa nel '66- hanno favorito lo sviluppo dell'anti-guerriglia guidata da Washington, ed aumentato la dipendenza dei paesi latino-americani dagli Stati Uniti. Privati di decisione politica propria e sovranità reale, questi paesi cominciarono una lotta fratricida, obiettivo della guerra civile mondiale.

Il processo di democratizzazione cominciato all'inizio degli anni Ottanta non solo non incontrò soluzioni, ma portò ad un aggravamento della situazione. La scomparsa delle democrazie popolari nell'Europa dell'Est e in URSS ha dato il suo contributo al degrado della situazione politica di Cuba, il cui regime era screditato per la mancanza dei diritti umani, mentre Castro diffidava del comunismo pro-sovietico seguace della perestrojka, che potrebbe condurre ad un golpe camuffato da rivoluzione, come in Romania. A partire dalla fine del bipolarismo Cuba, abbandonata da Mosca, fu oggetto di un feroce blocco da parte degli Stati Uniti, mentre la guerriglia in Centro-America scompariva. Regnava la «Pax Americana».

Il decennio '90 rappresenta non solo la fine del bipolarismo, ma il consolidamento dei regimi democratici. Anche la struttura di «grandi spazi» in iniziative economiche. Al "Patto Andino", creato nel '69 fra Bolivia, Ecuador, Colombia, Perù e Venezuela si aggiunsero il Mercato Comune Centro-Americano dei paesi di quell'area, il "Mercosur", creato per Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay nel '91 e al quale aderirà anche il Cile, ed il "NAFTA" costituito da Stati Uniti, Canada e Messico nel '94. Questi trattati hanno favorito l'importazione di capitali e di investimenti stranieri. L'ondata di privatizzazioni in tutta la regione è un dato significativo e, nonostante la corruzione, il narcotraffico e il malcontento per il duro adattamento economico che accompagna questi processi, come nell'Europa del Est, non è servita per diminuire la povertà: 200 milioni di persone, quasi la metà della popolazione latino-americana vive nei limiti della povertà.

Alla guerra civile mondiale può seguire una serie di sanguinose guerre civili localizzate, il cui motore, questa volta metterà radici nella profonda e recente divisione fra ricchi e poveri, fra quelli che stanno dentro del villaggio globale e i dannati e «fondamentalisti». Ragione di più per stabilire un'integrazione di popoli basati su comuni valori.

L'America-latina, malgrado i suoi problemi, mostra di voler costruire un futuro «in comune», allontanandosi dalla tutela del gigante del nord. Resta da vedere se gli Stati Uniti sapranno e vorranno accettare di collaborare con i latino-americani senza pretendere di continuare ad esercitare una politica dominante.

Ermanno Massari (trad.)
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