da "AURORA" n° 41 (Maggio - Giugno 1997)

L'INTERVENTO

Mussolini: grande anima del socialismo

Carlo Buonsanti

Ci hanno fatto credere per tanto tempo a un Mussolini eminentemente pragmatico, storicamente datato, impossibile da spendere politicamente se non in modo stupidamente nostalgico. Quanto assurda sia questa idea lo scopriamo oggi con il saggio di Manco "La Città fiorita", ed. "All'insegna del Veltro".

Più che un saggio, un manifesto rivoluzionario. Si ricorda il ruolo, di primissimo piano, svolto da Mussolini nel partito socialista, quale leader dell'ala massimalista, cioè comunista (Gramsci, suo grande estimatore, è tra i primi a chiamarlo Duce).

Contrariamente a quanto Mussolini stesso ha lasciato credere, per tranquillizzare la borghesia dopo la presa del potere, egli è stato uno dei più lucidi interpreti di Marx in Italia, mentre sono stati Turati e compagnia a deviare dal marxismo attestandosi su uno sterile evoluzionismo, il materialismo volgare, il sistema parlamentare, l'istituto della rappresentanza.

Certamente Mussolini ha espresso posizioni diverse da Marx, ma anche per questo è un grande marxista.

Il filosofo di Treviri, non si proponeva di fare del socialismo un dogma, piuttosto di elevarlo al rango di disciplina scientifica, ad analisi di nessi causali oggettivi. Bollava come reazionario chi pretendeva di comporre un programma per l'avvenire.

Come sappiamo Marx postulava il superamento del sistema borghese quale portato dalla competizione organica del capitale e della caduta tendenziale del saggio di profitto. Asserendo la «contraddizione insanabile del capitalismo» credeva che i borghesi sarebbero stati così sciocchi da autodistruggersi, anche se qualche dubbio in proposito deve pure averlo avuto se ha lasciato incompiuto, de "Il Capitale", proprio la parte sulla composizione delle classi.

Per Mussolini la borghesia sarà sì superata dal proletariato, ma non come massa spersonalizzata e anonima da affidare alla guida di un partito, bensì quale élite emergente capace di gestire il proprio destino. Per proletariato intende giustamente non solo gli operai ma tutti i soggetti i cui guadagni sono dovuti prevalentemente alla prestazione di lavoro fisico o intellettuale, cioè non a rendite o interessi. D'altra parte nessuna classe ha mai conosciuto omogeneità di situazioni. Ci sono stati grandi e piccoli feudatari, grandi e piccoli aristocratici, ci sono grandi e piccoli borghesi, grandi e piccoli proletari.

Questa classe, estremamente composita al suo interno, che Mussolini per scrupolo filosofico (Marx intende per proletari i miseri al limite della sussistenza) distingue in produttori proletari e produttori borghesi, non è unita da interessi e aspirazioni omogenee, ma egli è convinto che possa trovare egualmente compattezza, al di là degli specifici e immediati interessi di, categoria, nella visione del comune bene finale. Ciò presume una capacità di auto-superamento e auto-negazione. Presume idealismo. Una espressione cara a Mussolini, non come posizione filosofica ma come motivazione profonda di ogni concezione filosofica e politica.

Il luogo naturale dell'impegno per il superamento della scissione fra società economica e società politica, fra società civile e Stato, lo scopre nel sindacato quale incarnazione dello spirito proletario. Nel sindacato i lavoratori, possono infatti farsi valere sul terreno di classe, senza lasciarsi dividere da ideologie rivali o essere costretti a edulcorare il programma nella ricerca del consenso elettorale. Forza rivoluzionaria autonoma capace di strappare ai radicali borghesi e ai politici per professione il controllo della rivoluzione. Sindacati non limitati a rivendicazioni economiche quanto protesi alla conquista del potere, all'«autoemancipazione». Un andare all'alto, non già un precipitare in basso. Il sindacato cioè embrione dello «Stato popolare», espressione diretta e immediata di coloro che costituiscono il vero potere nella società moderna: i produttori.

Con grande acutezza scopre gli effetti più devastanti del conflitto capitale-lavoro nella divisione internazionale ineguale del lavoro che costituisce la contraddizione fondamentale e attiva tra i popoli privilegiati di poche nazioni industrializzate e le immense aree dell'esclusione.

Da qui la trasformazione del concetto di lotta di classe internazionale in quello di lotta a livello mondiale dei popoli sfruttati, contro gli sfruttatori. Un conflitto tra popoli giovani (in continuo incremento demografico, capaci di grandi sacrifici e, soprattutto, portatori di istanze rivoluzionarie volte ad affermare il diritto di tutti i popoli ad un autonomo effettivo sviluppo storico) e popoli vecchi (interessati dall'allungamento dell'età media, dal fenomeno della denatalità, avvezzi ai comforts, sostanzialmente conservatori, determinati a perpetuare l'attuale ordine internazionale). Popoli giovani, la più gran parte dell'umanità, contro popoli vecchi: quasi un conflitto generazionale, ineluttabilmente destinato a risolversi con l'accesso dei primi e l'uscita dei secondi dal mondo della storia.

Inoltre il conflitto tra popoli, che ha segnato il fallimento dell'internazionalismo proletario, assegna al popolo che si autoemancipa il compito di aprire la strada alla rivoluzione globale sollecitando il rinnovamento istituzionale nelle altre nazioni, per fascinazione, svolgendo un ruolo essenziale verso il superamento della logica del dominio. La libertà una volta affermata in un luogo trova nelle masse popolari di tutti i paesi, anche nei più apparentemente ostili, alleati formidabili che, comprendendone l'azione e lo scopo, la conducono a trionfo contro le forze della reazione. Mussolini elabora a questo proposito il concetto di impero, di imperialità, come categoria sublime della politica, un affascinante concetto che attinge per alcuni significativi aspetti alla sapienza pre-socratica.

Dopo aver letto il bellissimo saggio "La città fiorita" sorge spontanea una domanda.

Nei primi decenni del secolo la sinistra italiana ha perso la sua grande occasione (per dirla con Lenin e Trotzkij) non dimostrandosi all'altezza di Mussolini. Saprà esserlo oggi?

Carlo Buonsanti

 

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