da "AURORA" n° 42 (Luglio 1997)

RIFLESSIONI

Riflessioni su "Ciao, rossa Salò"

Domenico Naso

 

Nella quotidiana lettura del "Corsera", spulciando fra le pagine, trovo all'interno articoli non meno interessanti di quelli che per esigenze di scoop giornalistico vengono posti nelle prime pagine. Ciò è frutto d'esperienza, in quanto tali articoli, forse per addetti ai lavori, non vengono letti da chi ritiene che un quotidiano che si rispetti debba pubblicare a lettere mastodontiche solo ciò che colpisce la fantasia e l'emozionalità collettiva della massa; purtroppo così viene considerato il popolo.

Il 2 luglio m'imbatto in due commenti, uno riguardante la Zanussi, impresa che, a dispetto del nome, non è più italiana; l'altro, a firma di Montanelli su di un convegno tenutosi alla facoltà di Lettere dell'Università "La Sapienza" di Roma, da intellettuali di sinistra, circa il valore della ricerca storica (da costoro definita «revisionismo») di Renzo De Felice.

A mio avviso ciò è sintomatico di come chi ha ravvisato il pericolo che la rivoluzione politico-sociale, avviata con Tangentopoli potesse spingersi oltre il dovuto, cerchi, di «rientrare nei ranghi» a tappe forzate. Strano a dirsi, ma questo movimento retrogrado -e poi spiegherò perché- è stato voluto proprio da quella Sinistra, sindacale, partitica ed intellettuale che lo aveva, per così dire, agognato se non suggerito. Peculiare il caso «Zanussi», poiché segna la fine dell'esperienza pilota, mutuata dalla tradizione mitteleuropea, di forme se non proprio co-gestionarie, secondo i canoni della «socializzazione dei mezzi di produzione» ispirata da Mussolini durante la RSI, comunque a valenza fortemente «partecipativa». In ambedue i casi protagonista la Sinistra nella veste della FIOM-CGIL per la Zanussi, e della c.d. «intellighenzia» per il caso De Felice.

I miti, si sa, sono l'anima della Storia, sociale e politica, individuale e collettiva, pertanto sono duri a morire; la Sinistra si è nutrita per cinquant'anni dei miti del «conflitto di classe» e della «Resistenza». Tuttora se ne nutre! Dal '94 al '96 sembrava che lo sfacelo politico-istituzionale portasse dritto ad un ripensamento, ad una profonda riflessione storico-politica del nostro passato e che ciò fosse da stimolo ad una reinterpretazione delle categorie mentali, con le quali si sono univocamente, e non sempre in buona fede, giudicati i fatti, gli eventi di questo secolo. In tale periodo abbiamo assistito a convegni, a programmi televisivi e letto recensioni di libri tutti tesi a farci capire e riflettere su ciò che avvenne poco prima della c.d. «liberazione». Il processo ha avuto anche un riflesso istituzionale, in quanto le dichiarazioni dell'attuale Presidente della Camera, on. Violante, tendevano a ricostruire, attraverso ciò, l'Unità nazionale in funzione anti-Lega. Il tutto si è risolto in un nulla di fatto, poiché la fase emergenziale è terminata e pare si stia tornando ai proclami resistenziali ed «antifascisti».

Il libro di Landolfi s'innesta in tale fermento culturale con un'ottica nuova: è un libro che «viene da sinistra e va a sinistra». L'Autore guarda ai seicento giorni di Salò da socialista e fa delle analisi che finalmente investono il piano economico-sociale, lasciato in ombra da tutti coloro che hanno visto la Repubblica Sociale come un fantoccio creato dai nazisti. Da uomo di sinistra, quale il Landolfi è, non poteva non constatare come la volontà politica, tesa fino allo spasimo, di un uomo, il Mussolini, che si sentiva finito e abbandonato si ergesse sovrana in un clima confuso e tragico, per imporre, e porre, le basi per un nuovo socialismo finalmente aperto alla collaborazione con la Sinistra. Una meteora, un lampo luminoso in un cielo tempestato di bagliori rosso fuoco, come quelli che fuoriuscivano dai moschetti e dai cannoni dei belligeranti. Questa meteora politica, in un ritorno poderoso alle origini, scrollandosi di dosso la crosta fatta di galloni, stellette e coreografie staraciane, cercava la Socializzazione dei mezzi di produzione, come riscatto, per un ventennale regime che, pieno di contraddizioni, era ristagnato in un cliché di parate militari e retorica borghese.

In tutto ciò, forzando un po' le intenzioni dell'Autore stesso, intravvedo un'opera che può parlare non solo alla Sinistra, ma anche alla Destra, in quanto le analisi svolte si pongono al Centro, e dal Centro dominano il paesaggio politico. (Chiaramente non mi riferisco al «centro» dell'emiciclo di Montecitorio, che nessun cittadino di buon senso oggi rimpiangerebbe, dopo che è stato occupato da un partito che di democratico e cristiano aveva solo il nome). Il Centro di cui parlo è il luogo della «Tensione politica», del Principio che fa sì che la politica sia volontaristicamente una questione di «scelta» nel senso più spirituale, ma anche più reale del termine; una politica che, in un genio politico quale il Mussolini, non è più prona, né al determinismo economicista di stampo marxista, né al feticcio dell'autoregolamentazione del Mercato globale e della finanza, sua Regina: ambedue filosofie, prima che prassi, di evidente sapore materialistico.

In tale ottica, il senso del sottotitolo che il Landolfi ha dato al volume, "Il crepuscolo libertario e socializzatore di Mussolini ultimo", assume un senso più completo. Laddove per «ultimo» non ci si riferisce alla fase senescente e sclerotica di un uomo, vinto dalla storia, ma la logica conclusione di un Politico che tornando ad abbeverarsi alla fonte dei suoi entusiastici ideali e ideologie giovanili, ricco della propria esperienza e memore dei propri errori, ha coronato, se pur in via di principio e non di fatto, la sua esistenza con ciò che contraddistingue l'uomo dalla bestia: la facoltà creativa. Quindi «ultimo» come compimento realizzativo. Segnatamente per «libertario» mi sentirei di riprendere la famosa distinzione nietzschiana ed evoliana in merito al concetto di libertà. «Libertà di ...», sostanzialmente negativa, in quanto libertà di fare tutto ciò che si vuole egoisticamente ed individualisticamente, legata ad una visione empirica e sensazionalistica del proprio stare ed agire al mondo; «Libertà per ...», sostanzialmente positiva, che attiene ad una fase di progressiva conquista economica, morale e spirituale, che l'individuo, in quanto persona, acquista funzionalmente per il bene della Comunità nazionale.

Pertanto "Ciao Rossa Salò" si propone come libro, storicamente e politicamente, «multidirezionale» e principalmente «attuale». Emblematicamente il caso Zanussi si presenta come uno stop alle spinte innovatrici di carattere cogestionario. Ciò dimostra come l'intuizione Mussoliniana sulla socializzazione, per uscire dalle strettoie del capitalismo, sia ancora valida e tendenzialmente pronta ad emergere come risoluzione alla crisi aziendale. Sta di fatto che nel '91, negli stabilimenti Zanussi, dopo trattative sindacali di carattere triangolare (Stato e parti sociali), si elaborarono modelli istituzionali-aziendali a carattere fortemente partecipativo, con la costituzione di comitati paritetici, aventi poteri consultivi, ma anche deliberativi circa la sicurezza, l'informazione e la gestione dell'azienda. Proprio l'ala bertinottiana della CGIL, la FIOM, non ha posto la firma sull'intesa, la cui scadenza, dopo anni di stasi, era fissata il 30 giugno di quest'anno. In più, gli operai, iscritti a tale sindacato, degli stabilimenti di Belluno, hanno rifiutato di convalidare un «contratto di solidarietà», nel quale in cambio di 126 miliardi di investimenti e di 350 nuove assunzioni, avrebbero dovuto lavorare un sabato in più al mese. Questa la situazione in un Nord-Est dove operai, comunisti in fabbrica, fuori si iscrivono come micro-imprenditori alla «Life», associazione d'ispirazione chiaramente liberista. Contraddizioni ed ipocrisie che conosciamo da tempo; vetero-marxisti che, come sempre, usano strumentalmente il «conflitto di classe» -l'invidia di colui che non è borghese e tende a sostituirsi ad esso-, garantendosi, attraverso una vera e propria circonvenzione dei lavoratori, intesi quali eterni bambini da accudire, parcelle, benemerenze e privilegi vari.

A fronte di tutto ciò non si può far altro che constatare amaramente la verità; oggi come allora, come sempre! Quando, durante la RSI, si tennero le prime elezioni per le rappresentanze operaie nei Consigli di gestione, i dirigenti del PCI e della CGIL, con alcune lodevoli eccezioni, invitarono gli operai stessi a votare Henry Ford e Greta Garbo. Quanto è «attuale» nella sua constatazione il libro di Landolfi!

Proprio nelle fasi conclusive l'Autore chiarisce come alla fin fine, il non aver capito, che parte delle sinistre, il sostanziale e rivoluzionario aspetto che i Consigli di gestione avrebbero impresso al sistema di rapporti economici, ha visto come veri perdenti della grande guerra la «camicia nera» e il «fazzoletto rosso». L'auto-da-fè che le sinistre hanno compiuto, con maniacale assiduità, non ha fatto altro che ritardare le esigenze di giustizia sociale, della quale esse sono, malgrado tutto, portatrici.

Il Landolfi parla di «mine sociali», che la RSI piazzava strategicamente nel proprio territorio; tali mine sarebbero state, nel loro deflagrare, nocive, abbattendo il vero Nemico del Fascismo: il profitto e l'egoismo plutocratico utilitaristico delle «caste borghesi». Da Sinistra vennero disinnescate, «oggi come allora», ed esse restarono lì, visibili a chiunque voglia ricaricarle, come è accaduto alla Zanussi, occasione mancata.

Dal lato cultural-ideologico, la prosopopea di una certa intellighenzia, che per antonomasia è sempre di sinistra (oggi con l'aggiunta «liberal»), seguendo un canovaccio sperimentato nel tempo, considera il Fascismo unicamente come una ortodossa e dogmatica categoria dello Spirito malefico, in quanto movimento negatore di civiltà. Tale genia di intellettuali organizza convegni anti-revisionisti attaccando Renzo De Felice, studioso di fama internazionale per serietà documentale, con il mal celato proposito di attaccare tutto ciò che possa far minimamente breccia su un periodo storico controverso e con lati oscuri ancora da chiarire. Da Norberto Bobbio che con le sue categorie politiche «Destra = Fascismo turpe», «Sinistra = libertà e progresso», auspica una sinistra prossima ventura che garantisca il diritto alle libertà ed ai sentimenti d'amore e d'affetto anche alle bestie, ad un Umberto Eco, che segnala il pericolo, neo-manicheo, di un «Ur Fascismo», quale razza dello Spirito, contraddicendo sé stesso, in quanto autodichiaratosi in filosofia «nominalista».

Il libro del Landolfi denuncia inequivocabilmente che l'Italietta faziosa e partitocratica, cambia solo in facciata, sempre buonista, ma mai nelle abitudini morali; lobby e consorterie sono tutte intente a ritagliarsi spazi di potere per gustare, pur piccola che sia, la fetta di torta, piuttosto che rinunciare virilmente ad ogni poltroncina e ribalta di teatro per unificare realmente gli italiani. La vera pacificazione non sarà, come nelle intenzioni di Violante, strumentale appannaggio degli apparati del potere partitocratico, ma avverrà solamente ricostituendo il tessuto sociale e civile dei rapporti politico-economici in chiave anti-capitalistica, positivamente partecipativa e comunitaria, nello Spirito e nella prassi, ed eliminando quelle radici faziose che hanno portato la Destra ad amoreggiare con l'invasore Americano e la Sinistra con la Russia dei Soviet, con buona pace della dignità nazionale. La giustificazione per gli allocchi era che occorreva scacciare oltr'Alpe il tedesco invasore, peraltro già tenuto a freno dalla RSI, il cui Capo, nonostante le pressioni di Hitler e dei suoi accoliti, reggeva le sorti di una terra che si voleva libera, indipendente da chiunque e socializzata.

Forse il guardare un po' meglio all'Italietta dei badogliani e dei voltagabbana avrebbe fatto meditare sull'odio verso i tedeschi e sulla tenacia di Mussolini nel reggere le sorti di un mondo ormai destinato a finire. Un mondo di eroi, soldati e intellettuali, che hanno pagato con la vita, non per puro gusto del martirio o come opera teatrale romantica, bensì convinti che un Italia nuova sarebbe stata non più solo Fascista ma anche Socialista, di un socialismo firmato da un «Mussolini ultimo».

"Ciao Rossa Salò" quindi come libro «multidirezionale» che invita la Sinistra, e tutte le parti politiche ancora sane, a ricercare nelle pieghe del passato le contraddizioni e le omissioni che hanno partorito un Italia consociativa, clientelare, nel senso più negativo del termine, schiava dell'oppressore americano che l'ha comprata, per i propri fini strategici, con cioccolate, sigarette e Rock & Roll.

Comprendere, questo l'esito finale del libro, che l'unica Politica possibile è quella nella quale vige «l'unidirezionalità» d'intento: la libertà e l'Indipendenza della nostra Patria.

Domenico Naso

 

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