da "AURORA" n° 45 (Gennaio 1998)

SCUOLA E SOCIETÀ

Assalto alla scuola statale

Filippo Ronchi

Narrano le cronache del Palazzo che venerdì 14 novembre 1997, alla vigilia delle elezioni amministrative, Massimo D'Alema ha incontrato Romano Prodi per chiedere «un salto di qualità nell'azione di governo» in senso riformista. Probabilmente la «mossa tattica» del segretario del PDS, che sta prendendo slancio verso obiettivi ambiziosi (Palazzo Chigi? Quirinale?), era dovuta nell'immediato a problemi di visibilità, non sua ovviamente, ma della Quercia, dopo che nelle settimane precedenti su una serie di temi si erano distinti prima Rifondazione Comunista, poi il PPI, nell'ambito di quella finta competizione fra partiti sempre pronti a ricompattarsi nei momenti decisivi, che costituisce una delle caratteristiche dello schieramento di centrosinistra. Da ricordare, però, è soprattutto la risposta che al leader del PDS ha dato il Presidente del Consiglio, secondo cui un impegno riformista è cominciato «con vigore già da molto tempo», mentre attualmente il governo sta lavorando «con dominanza assoluta su occupazione e scuola». Concetto peraltro ribadito in occasione della tradizionale conferenza stampa di fine anno, quando il premier ha affermato che «ora vanno affrontati i grandi temi dell'occupazione e della scuola». Simili dichiarazioni, provenendo da uomini politici che portano la responsabilità -ad esempio- della perdita di 67 mila posti di lavoro al mese nel periodo compreso tra luglio e ottobre '97, suonano come una minaccia. Non a caso, D'Alema, in una sua intervista novembrina alla "Stampa", individuava l'origine di tutti i mali nel fatto che la maggioranza deve muoversi in un contesto diverso da quello della Gran Bretagna, dove la Thatcher aveva già provveduto a liberalizzare il Paese semplificando l'opera del laburista Blair!

 

La rottamazione della scuola statale

Per quanto riguarda il settore dell'istruzione pubblica, in particolare, il piano di valorizzazione promesso dall'Ulivo e dai suoi alleati di Rifondazione Comunista appartiene al regno delle menzogne. Al di là delle dichiarate intenzioni e al di là della strategia degli annunci, il governo Prodi si è distinto per una serie di atti concreti ispirati ad obiettivi di contenimento della spesa e di disarticolazione delle scuole statali per favorire quelle private. La maggioranza di centrosinistra ha, in questo modo, alimentato ulteriormente il senso di abbandono e di frustrazione che vivono i lavoratori della scuola e gli studenti. Consideriamo gli avvenimenti più recenti. Il solito Berlinguer ha compiuto un colpo di mano, a novembre, sull'autonomia scolastica. Il ministro l'ha infatti introdotta «in via sperimentale», senza attendere i tempi necessari al varo dei decreti attuativi previsti dalla legge Bassanini. Sul piano didattico, il decreto di Berlinguer è aria fritta, perché ripropone una serie di possibilità già contenute nel contratto di lavoro '94/'97. Il solo effetto di questa ennesima «operazione di immagine» sarà, probabilmente, quello di aumentare il disorientamento e il caos che regnano ormai negli istituti statali, ove docenti obbligati per decenni a muoversi sulla base di prescrizioni minuziose, si trovano a decidere, dall'oggi al domani, su quasi tutto (orario, calendario scolastico, durata delle lezioni, organizzazione delle classi). L'autonomia, avviata senza un minimo di preparazione e riflessione, sarà sperimentata, dunque, in corpore vili, sulla pelle di studenti, insegnanti, personale amministrativo e ausiliario, mentre per ora è stato steso un velo di silenzio sul problema cruciale dei finanziamenti alle scuole per attuarla.

 

Tecnica di un massacro sociale

Si sono poi delineate in maniera drammatica le cifre della Finanziaria '98 riguardanti l'istruzione, che meritano una disamina approfondita. C'è subito da dire che i famosi 110 miliardi di sostegno alle scuole private richiesti dai Popolari ed approvati dal Parlamento, si vanno, in realtà, ad aggiungere ad altri 236 miliardi e 584 milioni già stanziati per il prossimo anno. Le scuole private passano così dai 122 miliardi e 930 milioni elargiti dallo Stato nel '90 agli attuali 346 miliardi e 584 milioni. Per la futura legge di parità tra scuola pubblica e privata sono stati, inoltre, accantonati presso la Presidenza del Consiglio ben 1.595 miliardi spendibili dal '98! Insomma, se nelle scuole statali si sono risparmiati in questi ultimi anni, per contribuire al famoso «risanamento», 17.000 miliardi, le private nello stesso periodo non hanno pagato niente, anzi con i recenti provvedimenti si vogliono risolvere a spese della collettività i problemi delle scuole cattoliche, che stanno chiudendo una dietro l'altra, in un paese dove i lavoratori hanno ben diversi problemi e non si strappano certo le vesti perché non riescono a mandare i propri figli nelle scuole parificate, che infatti accolgono solo il 5% dell'utenza complessiva. Ma l'assalto alla scuola statale è entrato ormai nella sua fase decisiva. Con la nuova Finanziaria si prevedono tagli per altri 442 miliardi nel '98, che si aggiungono ai 1.540 stabiliti nella Finanziaria '97 per un totale di 1.982 miliardi; 1.232 miliardi di tagli sono in programma per il '99 ed altri 977 per l'anno 2.000. Nel '98 gli organici diminuiranno del 3%, il che, in cifre assolute, vuol dire -23.780 insegnanti, -3.900 impiegati amministrativi, cui si aggiungono 4.500 ausiliari in meno, poiché sarà dato l'appalto dei lavori di pulizia a ditte esterne. Anche i docenti di sostegno subiranno una decimazione. L'Ulivo e Rifondazione Comunista in questo modo intendono «valorizzare» il sistema formativo nazionale e difendere i deboli. Un ultimo schiaffo è riservato agli insegnanti che aspettano il rinnovo del contratto di lavoro. Si sa già che mediamente si avranno aumenti mensili pro capite attorno alle 10.000 lire lorde nel '98 e alle 35.000 lire lorde nel '99, mentre nell'ultimo biennio le trattenute previdenziali sono aumentate del 2,3%, la riforma IRPEF ha favorito i redditi al di sopra dei 300 milioni annui e penalizzato quelli medio-bassi e l'aumento dell'IVA comporterà un incremento medio annuo della spesa familiare compreso tra le 350.000 e le 550.000 lire.

 

Generazione perduta

Questa è, dunque, la reale politica di smantellamento del sistema formativo pubblico nazionale perseguita dal centrosinistra, cui non si oppongono le forze del Polo o della Lega, che -come al solito- rilanciando nella stessa direzione, avanzano controproposte ultraliberiste assurde dal punto di vista finanziario, quale quella del «buono scuola» per le famiglie e rivelano in tal modo la non padronanza delle questioni in gioco, la difficoltà di replicare con qualche credibilità alla politica abilmente liberista dell'Ulivo, così come l'impossibilità di avere nelle proprie file una classe dirigente degna di questo nome. Anche in Italia, quindi, con l'attacco alla scuola statale, la liberaldemocrazia capitalista, che trova la sua più compiuta incarnazione nei partiti rappresentati nell'attuale Parlamento, contribuisce a diffondere tra i giovani la frustrazione, il senso di un malinconico abbandono. E d'altra parte, con almeno il 10% della forza lavoro disoccupata, l'intero vecchio continente fondato sui miti del capitalismo e della liberaldemocrazia vede una generazione avvicinarsi ai trent'anni senza aver mai conosciuto la soddisfazione di un impiego, di uno stipendio veri. La cosiddetta «generazione perduta» vive male, si affatica in lavori precari malpagati, deve corrompersi chiedendo lavori, sprecando energie. Come potrà ritrovare un'identità comunitaria, identificarsi in uno spirito europeo? Ma i banchieri di Maastricht di sicuro non si preoccupano di simili problemi, tanto che i leaders della Comunità non sono riusciti a mettersi d'accordo, durante il vertice sul lavoro in Lussemburgo, neppure sull'idea di ridurre la disoccupazione al 7%. I farfugliamenti sulla riproduzione in Europa del libero mercato americano sembrano costituire la soluzione di tutti i problemi. I giovani intanto contestano. Ma le stesse armi della loro contestazione prendono spunto dalla grammatica culturale dell'Occidente nel suo aspetto culturale, cioè americano. La funzione delle mode giovanili apparse dagli anni Cinquanta in poi (rock, hippy, pop, underground, new-wave, ecc.) non era assolutamente quella di provocare una rottura del sistema. La nuova cultura giovanile, dal contenuto e dal linguaggio tipicamente americanomorfi, aveva un obiettivo ben preciso: costruire l'alienazione perfettamente interiorizzata con l'intelletto dei giovani che conserva l'illusione del proprio libero arbitrio. Si trattava (e ci sono riusciti) di far sì che nel maggior numero possibile di paesi tutte le generazioni nate dopo il '50 adottassero definitivamente uno stile di vita, un immaginario collettivo, una cultura unificati intorno agli schemi dell'Occidente americano. Il sistema occidentale crea dunque la propria contestazione e la digerisce.

 

Burattini senza fili

Osserviamo, in questo senso e per ricollegarci al tema principale della nostra riflessione, cosa è accaduto negli ultimi mesi in Italia. Tra ottobre e dicembre gli studenti si sono ritrovati a manifestare. Dopo la jacquerie provocata dalla riforma degli esami di maturità, l'egemonia del «movimento» è tornata, tuttavia, di nuovo nelle mani dell'Unione Democratica degli Studenti, della Sinistra Giovanile, dell'Unione degli Universitari, cioè di organizzazioni che hanno come referenti, a livello politico, quegli stessi partiti (PDS, Rifondazione Comunista) e quei sindacali (CGIL) responsabili dell'operazione di macelleria sociale sul sistema formativo pubblico precedentemente descritta. In effetti per circa un anno e mezzo esse erano riuscite a mettere a tacere il malcontento, in omaggio a Luigi Berlinguer, primo uomo politico di «sinistra» ad essere arrivato al ministero della Pubblica Istruzione. Quando la situazione è evidentemente diventata insostenibile, ecco riemergere la collaudata tecnica del gioco delle parti. La presunta contestazione viene, infatti, convogliata su binari controllabili. La crescente insoddisfazione dei giovani è tollerata dal potere perché in realtà non lo mette in discussione. Nei cortei non ci sono più neppure i duri slogans con cui venivano bersagliati i ministri del passato. Berlinguer e Prodi, per la verità, non sono attaccati, ma invitati all'efficienza, a «fare le riforme». Le ipocrite richieste delle varie UDS, UDU, SG, che si tirano dietro quel poco che resta degli autonomi, sono smaccatamente demagogiche, degne di una politica da basso impero rivolta a ingraziarsi la «plebe studentesca» (20 mila miliardi in più per la scuola nei prossimi tre anni, biglietti d'ingresso a teatri, cinema, concerti e compat-disc quasi gratis, ecc.). Decine di migliaia di ragazzine e ragazzini saltellano perciò allegri sull'asfalto, cantando le sigle orecchiabili dl Goldrake, Ufo Robot, Capitan Harlock, Lady Oscar, Creamy e rivendicando ovviamente lo "Statuto dei Diritti Umani degli Studenti" nonché la "Carta dei Desideri". Questa nippo-americanata è un'ulteriore conferma della compiuta opera di colonizzazione del mondo giovanile ed è indicativo che l'idea sia venuta agli studenti vicini alla CGlL, al PDS e a Rifondazione Comunista. In occasioni diverse sono sfilati, altrettanto innocui, i giovani di Alleanza Nazionale travestiti da centurioni romani, cavalieri medioevali, giacobini, ecc. mettendo in scena un carnevale di protesta contro la cancellazione della Memoria della Patria provocata, secondo loro, dal decreto ministeriale che riforma i programmi di Storia e riserva più spazio al Novecento... Certo, la situazione può talvolta sfuggire di mano. Ci riferiamo agli atti di puro vandalismo avvenuti in varie scuole superiori della penisola e al caso del Liceo Mamiani di Roma, dove gli «occupanti» (autonomi lombardo-veneti, giovani di bande metropolitane più qualche allievo dell'istituto) stavano destando un po' di preoccupazione. Ma anche in simili frangenti la Sinistra istituzionale è pronta a risolvere la situazione, perché può permettersi di fare la faccia feroce con i suoi figli più discoli, aprendo la strada all'intervento massiccio della polizia fra l'assenso generale (salvo Bertinotti che, per strappare un lungo applauso agli studenti che a Torino lo accolgono al Liceo Einstein in autogestione, si «vergogna di fare parte di una maggioranza che usa la polizia per chiudere un'occupazione studentesca», ma intanto, in Parlamento, vota a favore dei tagli all'istruzione statale). Questo pandemonio ridicolo e grottesco (e tuttavia alla fine molto amaro), con ben 549 scuole ad un certo punto in agitazione nella penisola fra istituti occupati o autogestiti, è frutto in realtà, dunque, di un ben oleato meccanismo di creazione e direzione del dissenso. Lo ha ammesso indirettamente lo stesso Berlinguer. Durante un incontro con i ragazzi del Liceo Visconti di Roma per presentare lo "Statuto dei Diritti Umani degli Studenti" (un'altra accozzaglia di ovvietà, che ha la funzione di alimentare una lotta intestina tra alunni e professori a tutto vantaggio di chi dall'alto sta pilotando lo sfascio del sistema formativo statale), il ministro ha infatti dichiarato che, se fosse stato ancora giovane, avrebbe agito esattamente come gli studenti: «Protesterei, però sono troppo vecchio per farlo».

 

Un nuovo inizio

Bisogna cominciare a chiedersi chi possa guidare, anche tra le nuove generazioni, un'eventuale trasformazione nel senso della sostituzione del sistema attuale con uno radicalmente antagonista. Si deve pensare, nella fase storica, a gruppi di individui che si siano affrancati dall'omologazione culturale dominante, la quale impedisce -come abbiamo visto prendendo ad esempio le recenti vicende del mondo dei giovani- una qualsiasi autentica alternativa. Non si tratta oggi di lavorare per ottenere consensi da parte delle massa. Si tratta di lavorare per la formazione. Opera certo non esaltante, ma l'unica che consente di ipotizzare un futuro per le forze antagoniste. Esistono epoche in cui soltanto pochi riescono a tenere viva la luce della speranza. Viviamo purtroppo in una di queste epoche. Ma, come già accaduto in passato, la rivincita di un tipo umano e di un'idea di società più giusti, il sorgere di una nuova aurora sono sempre possibili. Quando giungerà l'ora, basterà poco per avviare un profondo cambiamento, purché restino visibili i punti di riferimento. Anche fra i giovani, la Sinistra Nazionale potrebbe svolgere questo ruolo, se decidesse di compiere un salto di qualità, iniziando a strutturarsi come forza politica autonoma sull'intero territorio italiano.

Filippo Ronchi

 

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