da "AURORA" n° 48 (Aprile - Maggio 1998)

"PRIMATO"

Non vendere la pelle dell'Urso
prima di averlo ucciso

il giobertiano rosso

 

In un editoriale scritto per "Il Corriere della Sera" -quotidiano dove è approdato dopo aver inopinatamente lasciato quello torinese "La Stampa"- Sergio Romano trova modo di inserire questa gustosa chicca storica: «In Francia, dopo la restaurazione dei Borbone, apparve un dizionario delle banderuole in cui erano raccontate le vicende di coloro che fra il 1789 e il 1815 avevano più volte cambiato casacca. A quando una edizione italiana?».

Si, a quando una edizione italiana? Si tenga presente che tale auspicabile iniziativa ci interessa molto, soprattutto perché ci punge vaghezza a sapere quante pagine sarebbero dedicate all'onorevole, perché deputato -secondo la formula coniata mezzo secolo fa dalla buonanima Guglielmo Giannini, fondatore del qualunquismo- Gianfranco Fini, meglio conosciuto come Gianfranco Fininvest, di professione ventriloquo di Silvio Berlusconi.

A proposito di questo versipelle di lusso, piace a noi constatare che i suoi «alleati» (amici, come ora anche lui, degli Alleati) non gli portano alcun rispetto. La prova provata di quanto affermiamo è ne "Il Giornale", una specie di «Milan» della politica, ossia di proprietà del Creso di Arcore e organo ufficioso di Forza Silvio. Gli è che spesso, e soprattutto volentieri, le sue pagine ospitano pezzi di varia firma e indirizzo che gli dicono (e gli danno) il fatto suo e lo prendono in giro, talora con un qualche garbo, talaltra con alcun garbo.

L'ultimo tiro mancino glielo ha giocato un brillantissimo intellettuale di quella che una volta si chiamava la "Nuova Destra": Stenio Solinas, uno dei capi redattori responsabile dei servizi culturali.

In che modo? È presto detto: con grande evidenza e in prima pagina è apparso di recente un pezzo solinasiano così titolato: «Nuovi amori - S'ode a destra uno squillo d'America», il cui avvio è una vera perla. Vediamo: «Il nuovo numero della bella rivista "Charta minuta" diretta dall'onorevole Adolfo Urso invita Alleanza Nazionale a riscoprire in positivo l'America. Avendo per presidente di quel partito uno che a diciott'anni si ritrovò a destra perché fan di John Wayne e che, superati i 45, ha deciso che la Seconda Guerra mondiale era meglio vincerla con gli alleati che perderla con gli Italiani (memorabile dichiarazione rilasciata mesi or sono a "Moby Dick" di Santoro e che, parafrasando l'atto di accusa del tribunale gollista contro lo scrittore collaborazionista Robert Brasillach, uno dei santini di Fini formato-Almirante, «ha fatto per il suo partito più danni di un reparto della Wehrmacht), la strada, per la verità, sembra spianata».

Caro Solinas, cosa vuole farci? Quando uno è nato con i cromosomi del servo non può che fare il servo vita natural durante. Il Fini si dà un mucchio d'arie, tutto fiero e contento dei suoi tradimenti; si pavoneggia allorché qualche idiota allignante fra i suoi colleghi lo dà fra i candidati al Quirinale, ma la sua realtà umana e politica salta fuori in maniera lampante quando accetta come capo dell'opposizione, e quindi come suo capo, il Berlusconi. Nonostante il suo copione di Capitan Fracassa della reazione capitalistica, nonostante che scalci anche col Cavaliere ma solo perché allarghi la dimensione del salario, egli ha bisogno di protettori. Uno ce l'ha in Italia, sotto quello che fu l'Arcore di Trionfo delle destre e oggi è soltanto una pur fastosissima villa l'altro lo vuole, naturalmente, nel Paese-Padrone dell'Orbe Terraqueo, ossia negli USA. Preferibilmente repubblicano (anche perché Clinton è prenotato da Walter Veltroni), ma se è democristiano fa lo stesso, purché sia disposto a dargli spago e, va da sé, stia al potere.

A questo punto ci piacerebbe sapere cosa pensano di Urso, a tacer d'altri, l'on. Malgieri, direttore de "Il Secolo d'Italia", e il prof. Marcello Veneziani, direttore de "Lo Stato", due noti intellettuali di destra che sempre dissero e scrissero parole di fuoco contro gli USA e la omologazione della vita culturale, sociale, economica, politica, intellettuale, diplomatica, militare ai loro modelli e interessi di superpotenza superprepotente. Ove, malauguratamente, dovessero cedere alla tentazione del quaeta non movere, cioè di trincerarsi dietro casti silenzi, sarebbe giocoforza arrivare alla conclusione che l'uomo dalla doppia «K», Mirko Tremaglia, l'amerikano non a Parigi ma a Bergamo, ha fatto razza.

Pollice verso verso l'Urso, dunque. Ma, sia chiaro, non ne venderemo la pelle prima di averlo ucciso.

il giobertiano rosso

 

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