da "AURORA" n° 53 (Dicembre 1998)

L'INTERVENTO

Dalla crisi ad una potenziale svolta sociale

il Bolscevico*

 

Avevo ripetutamente insistito, in un mio precedente intervento sulla crisi del governo Prodi, sul concetto che, se tutto fosse andato bene, caduto Prodi, avrebbe acquisito sostanza il progetto cossighiano di ricostruire un grande polo di centro, egemonizzato dagli ex-democristiani. La soluzione della crisi, sulla quale intendo soffermarmi solo con alcune rapide annotazioni personali, ha costretto Cossiga e l'UDR a ridimensionare il progetto originario, posticipandolo sine die e ponendoselo di fatto quale obiettivo strategico di lungo, quanto incerto, respiro; una sorta di «passaggio al Socialismo», entro il quadro istituzionale della «Democrazia progressiva», del PCI di Togliatti e Longo (un paragone che ci obbliga a chiedere scusa alla memoria dei Compagni citati!).

Che l'UDR di Cossiga abbia piena consapevolezza di questa situazione, nella quale assume di fatto il ruolo di ala destra dell'Ulivo, con un potere di condizionamento non così determinante come si poteva prevedere nei giorni della crisi, lo dimostrano l'estrema attenzione con cui guardano anche loro ai progetti di riforma elettorale partoriti dal basso ventre posteriore dell'«americano» di Botteghe Oscure, la scarsa incidenza sui numeri e sugli obiettivi della Finanziaria anche per quanto concerne lo scottante capitolo del finanziamento alla scuola privata: meno di 300 miliardi di finanziamento interamente destinati per trasporti e libri gratuiti ai nuclei familiari più bisognosi, anche se, lo vogliamo ribadire, i problemi della nostra scuola sono ben altri e molto più gravi e complessi.

Vedremo nei prossimi mesi, soprattutto dopo l'elezione del Capo dello Stato, se questo ottimismo verrà confermato o smentito dai fatti, non essendo mia intenzione, in questo intervento, polemizzare con nessuno.

A cosa e a chi dobbiamo una soluzione della crisi di governo così rapida e in forme tali da spiazzare politicamente il Polo e il suo «fido» Bertinotti?

La soluzione è stata, a mio giudizio, un abile ed equilibrata ricostruzione della coalizione di Centrosinistra che, nel più vasto panorama politico europeo, comprensivo della Russia di Primakov e Ziuganov, lascia più ampi spazi di manovra a sinistra che a destra: il caso Ocalan, ospitato in Italia a dispetto delle pressioni statunitensi e della disponibilità di Dini ad assecondarle, ne è un piccolo ma emblematico segnale.

Gli uomini chiave, che hanno contribuito a risolvere l'intricata matassa politica, frutto della più imbecille e vanesia sconsideratezza del compagno Bertinotti, sono tre: Oscar Luigi Scalfaro, Massimo D'Alema e Armando Cossutta.

Scalfaro, ancora una volta, come in occasione della crisi del governo Berlusconi, è stato determinante nel preservare gli equilibri democratici dello Stato italiano dall'assalto della destra socialmente eversiva di Fini e Berlusconi. Può essere che a molti non piaccia questa sua abilità manovriera di antica radice dorotea; ma in questi anni essa è stata posta al servizio delle istituzioni democratiche e delle forze politiche legate al mondo del lavoro e alle masse popolari, dalla sinistra cattolica alla sinistra socialista, antagonista e comunista. Oggi, più che nel '95, ha negato al Polo elezioni immediate con i quasi certi esiti disastrosi per la Sinistra è ha contribuito a costruire un quadro di governo sufficientemente stabile che può sperare di portare a termine la legislatura: inserendovi, proprio con Cossiga, uno dei fattori che potrebbero rivelarsi decisivi per logorare e colpire in profondità il movimento di Berlusconi (la flessione di Forza Italia nelle recenti elezioni amministrative ne è il primo segnale).

Massimo D'Alema, per la sua formazione tutta interna all'apparato comunista, ove scontri e lotte intestine dovevano avvenire nel più stretto riserbo, sul filo degli «aggettivi» e delle «virgole», era ed è l'uomo adatto che sa muoversi con sufficiente sapienza tattica entro i delicati limiti della nuova coalizione al fine di porre riparo alla stupidità di Veltroni e di assicurare la stabilità di governo senza rinunciare alle prospettive strategiche.

Tuttavia l'uomo che, forse con maggiore personale sofferenza, ha inciso più positivamente, per evitare che la crisi determinasse il franamento a destra del Paese, è il compagno Cossutta. Cossutta ha posto a repentaglio il proprio prestigio politico prima per salvare Prodi, rendendo vano l'inserimento dell'UDR, per poi portare per la prima volta in Italia, dopo 54 anni, il Partito Comunista al governo, assicurando ai propri compagni, a tutta l'ala sinistra della coalizione -dalla sinistra popolare alla sinistra diessina- lo spazio di manovra politica necessaria non solo per bloccare il potenziale arretramento a destra, quale conseguenza del accordo con l'UDR di Cossiga, ma per creare, attorno al governo D'Alema e a un programma politico europeo che guarda a sinistra, la convinzione per una svolta nelle politiche economiche e sociali.

Non è certo il prodromo della Rivoluzione socialista, ma sicuramente una netta inversione di tendenza rispetto alle politiche monetariste e liberiste degli ultimi 10-15 anni, come del resto sta avvenendo in Russia, in Francia (ove i comunisti sono al governo), in Germania (ove la coalizione SPD/Grúnen potrebbe aprire ai comunisti nel tentativo di ricostruire il lacerato tessuto sociale nei Lander dell'Est).

Per Cossutta la scelta di appoggiare un governo che comprende gli uomini di Cossiga non è stato un passaggio semplice. È stato per lui e per tutti i compagni che l'hanno seguito con una passione che evoca antiche lotte e ben altri scenari interni e internazionali, una lacerazione ancor più profonda d quella sofferta in occasione della scissione da Rifondazione Comunista. Prima della soluzione della crisi, Cossutta, ha parlato ad una numerosa e calda assemblea nella mia città. Ho avuto l'onore di essere parte di quella platea ove ciascuno riscopriva il sentimento socialista e la coscienza di classe più autentici e radicati della tradizione leninista di questo secolo. Con il volto tirato, con l'ansia e la tensione nell'anima, con frasi a tratti rotte dal pianto, ha rivolto l'estremo appello a Bertinotti chiedendogli di dare almeno un'astensione tecnica al nuovo governo, per evitare che esso nascesse con i voti determinanti dell'UDR. Ha cercato di fargli capire che non è dialettico, né leninista, né tratto caratterizzante di un vero dirigente comunista fossilizzarsi su un singolo aspetto del più vasto e complesso quadro politico e che occorreva manovrare con un respiro tattico-strategico ben più arioso. Nulla! Il signor Bertinotti aveva affermato, per giustificare la sua scriteriata politica, che dalla caduta del governo Prodi avrebbero potuto nascere equilibri più avanzati a sinistra. Se oggi questi sono possibili -coinvolgendo necessariamente la Sinistra cattolica- non è merito certo di questo personaggio, bensì della lungimiranza e dell'acume tattico di Armando Cossutta che saprà ricostruire -senza i radical chic ex-DP e trozkisti- il Partito Comunista di Gramsci e Togliatti.

il Bolscevico*

* l'autore milita nel partito dell'on. Cossutta. "Aurora" ospita volentieri l'articolo pur in parte non condividendolo.

 

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