da "AURORA" n° 53 (Dicembre 1998)

COME LI HANNO LIBERATI

L'oro del Danubio

Claudio Mutti

Nel settembre 1990 diventa governatore della Banca Nazionale di Romania il quarantacinquenne Mugur Isarescu, molto vicino ad alcuni uomini del Fronte di Salvezza Nazionale, il partito che ha guidato la «rivoluzione» ed ha vinto le elezioni. Mugur Isarescu fa parte di una squadra di giovani tecnocrati che negli ultimi anni del regime di Ceausescu hanno lavorato all'Istituto di Economia Mondiale di Bucarest, l'unico organismo ufficiale che negli anni ottanta manteneva ancora un legame con il mondo economico-finanziario internazionale.

Nel '91 Mugur Isarescu riesce ad ottenere una legge bancaria che garantisce l'autonomia della Banca centrale e le mette a disposizione gli strumenti della politica monetaria e valutaria.

Anche se il gruppo di tecnocrati dell'Istituto di Economia Mondiale è entrato in politica al fianco del Fronte di Salvezza Nazionale (FSN), Mugur Isarescu ha continuato per qualche tempo a lavorare al Ministero degli Esteri come specialista in economia mondiale, poi è diventato rappresentante della Romania presso il Fondo Monetario Internazionale e presso la Banca Mondiale. D'altronde gli accordi con il Fondo Monetario Internazionale e con la Banca Mondiale recano la firma di Mugur Isarescu.

Nel corso di un'intervista realizzata nel '92, il giornalista romeno Tiberiu Sandu gli ha fatto notare che in Romania «è forte quella corrente di opinione che denuncia la subordinazione dell'economia nazionale agli interessi stranieri». Ed ha aggiunto: «Si sostiene che i programmi del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale non portano altro che povertà e disastri economici nei paesi ove si applicano. Essendo uno dei firmatari degli accordi con il Fondo Monetario Internazionale e con la Banca Mondiale, lei è accusato da alcuni giornali e dai gruppi filo-comunisti in Parlamento di applicare alla Romania misure dettate dall'estero e di accettare crediti a condizioni schiavistiche».

Per Mugur Isarescu, «l'atteggiamento di qualche parlamentare che si oppone ai programmi di aggiustamento del FMI e della BM non è altro che il risultato di decine di anni di indottrinamento, di propaganda asfissiante. D'altra parte, qualunque programma di risanamento è doloroso. Chi promuove una cosa che implichi dolori sociali si assume dei rischi e non sarà baciato sulla guancia, bensì bastonato sulla schiena». Il modello proposto da Isarescu è quello sudamericano; «Nel periodo postbellico, moltissime nazioni sono passate attraverso i programmi FMI. Nell'America latina ci sono Paesi che hanno avuto vari successi con questi programmi, come il Cile, e paesi meno fortunati, ma questi ultimi non avevano rispettato i programmi, o praticavano un qualche tipo di socialismo mascherato: in genere, un'economia di protezione sociale senza adeguata base economica».

In particolare, Mugur Isarescu si fa portavoce del FMI suggerendo una ricetta per ottenere finanziamenti esteri: «Abbiamo consumato con leggerezza post-rivoluzionaria la riserva valutaria, 2 miliardi di dollari, che avrebbe potuto costituire un ottimo punto di partenza. Ci rimane la riserva in oro, circa 72 tonnellate». Ed enuncia questa teoria: «La riserva d'oro in un paese non deve giacere in una cantina e mi è stata fatta spesso la domanda: quando la userete e come? La ma opinione è che 20 tonnellate d'oro, depositate alla Banca dei Regolamenti internazionali, potrebbero costituire per noi una garanzia solida; e poi, si conserverebbero meglio là (sic, N.d.R.). Noi romeni, ogni volta che abbiamo conservato il nostro oro all'interno del paese, lo abbiamo perso». (1)

Trasferite, alla Banca dei Regolamenti internazionali, le 20 tonnellate di oro romeno sono oggi praticamente sotto sequestro, da quando una commissione d'inchiesta dello Stato d'Israele ha stabilito che lo Stato romeno deve rifondere agli ebrei i danni che questi ultimi avrebbero subito in Romania dal 1937 al 1945.

L'inizio della rivendicazione israeliana risale ufficialmente al '95. In quell'anno il presidente della Knesset inviò una protesta formale contro la decisione, attribuita al presidente romeno Ion Iliescu, di bloccare una legge di privatizzazione: tale legge avrebbe trasferito il 60% delle proprietà immobiliari delle grandi città romene nelle mani dei discendenti di quegli ebrei che un tempo risiedevano nel paese danubiano.

In questo contesto, caratterizzato da una serie di pressioni internazionali sul governo romeno e da una campagna di stampa che venne denunciata dallo stesso Iliescu nel corso di un'intervista a chi scrive (2), deve essere inquadrata una iniziativa di alcuni esponenti del Congresso statunitense. Nell'estate del '95 alcuni membri repubblicani del Congresso indirizzarono al capo dello Stato romeno, nell'imminenza di una sua visita ufficiale a Washington, una «lettera aperta» che venne ampiamente pubblicizzata dalle emissioni di "Europa Libera" una stazione radiofonica ascoltata in tutta l'Europa dell'Est. La «lettera aperta» affrontava innanzi tutto il tema della riabilitazione del Maresciallo Ion Antonescu, alla quale aveva dato prudentemente il via già Nicolae Ceausescu a metà degli anni settanta, con la pubblicazione del romanzo storico "Delirul" di Marin Preda. Allarmati dal fatto che nella Romania degli anni novanta venivano intitolate strade e piazze e innalzati monumenti a uno dei più leali alleati del Terzo Reich, i parlamentari statunitensi intimavano a Iliescu di dichiarare ufficialmente «criminale di guerra» il Maresciallo Ion Antonescu. Inoltre gli autori della lettera sollecitavano l'esemplare punizione dei profanatori del cimitero ebraico di Bucarest, i bambini di una scuola elementare che si erano arrampicati sugli alberi del cimitero e avevano giocato a rimpiattino tra le sante tombe. La «lettera aperta» terminava affermando che la politica americana nei confronti di Bucarest, compresa la concessione della clausola della nazione più favorita, sarebbe dipesa dal progresso che la Romania avrebbe saputo realizzare sulla strada delle riforme democratiche e dell'economia di mercato.

A far cadere Iliescu, ormai condannato dagli Stati Uniti, ci ha pensato Petre Roman, alias Neuländer. Alle elezioni presidenziali del '96, nel ballottaggio tra Iliescu (candidato della sinistra) e Constantinescu (candidato della destra), Petre Roman si è schierato con quest'ultimo e lo ha fatto vincere. In cambio, ha avuto la presidenza del Senato, che è il trampolino per la presidenza della repubblica.

Con la vittoria della coppia Constantinescu-Roman, la commissione d'inchiesta israeliana ha avuto via libera e nessuno più si è opposto alle richieste sioniste. Anzi, Israele è sempre più presente nell'economia romena: tra gli affari più importanti conclusi da Tel Aviv con la Romania vi è stato, nel '97, l'accordo tra l'israeliana ELBIT e la romena AEROSTAR per la vendita a paesi terzi di Mig 21 bis "Fishbed", idonei per il missile aria-aria israeliano "Python 4". Inoltre, la disponibilità del governo di Bucarest ad accogliere le indicazioni ebraico-americane si è manifestata nella disdetta degli accordi precedentemente conclusi con la Francia nel campo delle forniture militari e nella simultanea conclusione di una serie di contratti con l'industria bellica statunitense. Nell'estate del '97, ad esempio, la Romania ha stipulato un contratto di 25 milioni di dollari con la AAI americana per la fornitura di 6 «Shadow» (più un simulatore).

L'arma più frequente del ricatto americano-sionista è sempre quella del cosiddetto «Olocausto», al quale la Romania avrebbe dato, con Antonescu, un contributo determinante. In seguito alla richiesta di riabilitazione postuma di otto funzionari del periodo di Antonescu, avanzata nel novembre '97 dal procuratore generale Sorin Moisescu, due esponenti del Congresso statunitense, Alfonso D'Amato e Christopher Smith, hanno indirizzato al presidente Constantinescu una lettera di protesta. Secondo i due congressmen, gli otto funzionari obbedivano ad un governo che avrebbe deportato e sterminato la bellezza di 250.000 ebrei, sicché la loro riabilitazione «può comportare un ripensamento sull'appoggio accordato alla candidatura della Romania per la sua integrazione nelle istituzioni economiche e di sicurezza».

 

Insieme con l'influenza israeliana e statunitense, si è rafforzato anche il potere del FMI, che ha dettato al governo di Victor Ciorbea una ricetta disastrosa: riduzione del deficit pubblico con tagli alle spese sociali, alla sanità, ecc., divieto di influire sui prezzi, sui salari, sui cambi; abolizione dei dazi sulle importazioni ed esportazioni. Insomma, viene imposta una liberalizzazione completa dell'economia, la stessa che ha rovinato tanti paesi del Terzo Mondo. Alla vigilia dell'inverno '97, un inviato del "Corriere della Sera" ne descriveva l'effetto in questi termini:

«Si scatena in anticipo l'inverno con i primi senzatetto morti assiderati, una nuova raffica di aumenti, la scarsità di generi alimentari mentre ombre inquietanti planano sulla Romania, pericolo di deflagrazioni sociali, scioperi, proteste cavalcate dall'opposizione nazionalcomunista. ( ... ) Le riforme economiche lanciate dal governo presieduto dall'ex-sindacalista Victor Ciorbea hanno messo alle corde una popolazione che guarda con estrema preoccupazione l'arrivo del gelo. La miseria avanza in un paese in cui il salario medio si aggira sui 600mila lei (circa 130mila lire italiane). Il trenta per cento dei romeni vive al di sotto della soglia di povertà e oltre il novanta per cento del budget familiare viene divorato dalle varie bollette e dall'acquisto di generi di prima necessità. L'austerità decretata dal governo ha gettato migliaia di famiglie nella disperazione. Molte non hanno i soldi per pagare il riscaldamento. Interi quartieri periferici di Bucarest abitati in maggioranza da pensionati e persone anziane rischiano di rimanere al freddo se non interverranno le autorità». (3)

Lo stesso ex-ministro degli esteri Teodor Melescanu, fondatore di una «Alleanza per la Romania», pur senza accusare esplicitamente la sudditanza del governo Ciorbea ai voleri del FMI, esprime il parere che si stia esagerando con l'austerità: «Prima i cambiamenti procedevano con lentezza esasperante, ora si adottano misure troppo radicali. Il governo vuole deprimere il mercato interno, che invece va rilanciato. Deve attuare una politica più realista, (...) Troppe decisioni vengono prese senza un vero dibattito parlamentare e senza consultare le parti sociali. (4)

Intanto, la Banca Mondiale agisce per mezzo di quel suo strumento d'azione che è l'International Finance Corporation (IFC).

L'IFC si presenta come «membro indipendente del Gruppo Mondiale» (5) affiliato alla Banca Mondiale e dichiara di rappresentare la più grande fonte per progetti di Finanziamento diretti verso investimenti privati nei paesi sviluppati. (6) Suo scopo ufficiale è di «rendere proficui gli investimenti nelle zone sviluppate, provvedendovi con risorse finanziarie, competenza tecnica ed esperienza internazionale. (7) Oltre un migliaio di imprese private in un centinaio di paesi, tra i quali la Romania, dipendono dalla «assistenza» dell'IFC. Infatti il campo d'azione dell'IFC è costituito dai 155 paesi di pertinenza della Banca Mondiale. (8) I meccanismi attraverso i quali questa filiazione della Banca Mondiale concede i suoi prestiti vengono illustrati come segue dal responsabile per l'Europa.

«IFC offre di solito sia prestiti a tasso fisso in dollari USA e nelle altre maggiori valute che prestiti a tasso variabile in dollari USA, e inoltre sono possibili altri accordi in relazione alle necessità del progetto. IFC non considera il tasso di interesse agevolato: i tassi si stabiliscono su basi commerciali. I termini e i periodi di concessione dei prestiti sono stabiliti sulla base delle richieste di finanziamento necessarie a ciascuna impresa. Ogni termine è compreso tra i 7 e i 12 anni. IFC ha flessibilità per quanto riguarda i rimborsi del prestito, considerando la necessità dei progetti che comportano periodi relativamente lunghi di costruzione, oppure il lento accumulo di forze produttive. IFC facilita la creazione di pacchetti azionari appropriati all'iniziativa e al suo grado di rischio. In aggiunta al finanziamento fornito, IFC agisce da catalizzatore importando da banche estere e locali altri prestatori e azionisti, favorendo operazioni coordinate di finanziamento e l'intervento di agenzie per l'esportazione di crediti e di altre istituzioni. La flessibilità dimostrata dall'IFC è spiegata dalla presenza di una vasta gamma di strumenti finanziari adattabili ad ogni progetto. IFC può fornire prestiti a livello superiore, prestiti subordinati convertibili, note di reddito o integrazioni, in qualsiasi combinazione utile ad assicurare che il progetto possa essere sovvenzionato, in modo consistente, fin dall'inizio». (9)

È assai significativo che l'IFC offra le sue consulenze ai governi che, come appunto quelli romeni dopo il 1989, intendono privatizzare le imprese statali. L'IFC, infatti, provvede a fornire un insieme di servizi alle compagnie private che vogliono entrare in settori precedentemente sotto il controllo dello Stato, includendovi la valutazione delle capacità e dell'efficienza operativa, le analisi finanziarie e la valutazione di reato, insieme con una guida tecnica oltre che finanziaria. (10)

Le privatizzazioni, però, non procedono secondo i ritmi previsti dal FMI e dall'IFC. «Gli investimenti dall'estero arrivano con il contagocce (appena due miliardi di dollari) a causa degli infiniti intoppi burocratici, di leggi confuse che cambiano da un giorno all'altro e dei tentennamenti del governo che all'audacia del piano di ristrutturazione economica non ha fatto seguire la necessaria risolutezza sul piano decisionale, arretrando di volta in volta davanti alla minaccia di conflitti sociali. Così le privatizzazioni vanno a rilento, la chiusura dei colossi di Stato tenuti in vita con le sovvenzioni viene ritardata e i capitali stranieri si disperdono negli altri paesi post-comunisti». (11)

 

Perché le proposto dell'IFC hanno trovato una fredda accoglienza presso gli imprenditori europei, e presso l'Italia in particolare, che è il primo investitore straniero e il principale sostenitore delle aspirazioni occidentaliste del governo romeno? Perché, nonostante i massicci interventi della Banca Mondiale e di tutte le sue filiazioni, non si è ancora riusciti a creare in Romania, un solido tessuto imprenditoriale in grado di svolgere una funzione determinante nella fase storica apertasi con la caduta di Ceausescu?

Sandro Targa, esperto di cooperazione internazionale fin dagli anni ottanta (già funzionario del dipartimento Cooperazione e Sviluppo e poi del Fondo Aiuti Italiani, quindi collaboratore di iniziative private del Friuli Venezia Giulia), ha dichiarato in una lunga intervista: «I paesi ex-comunisti hanno bisogno di molti capitali e soprattutto di capitali di investimento e non di capitali in prestito. L'obiettivo è quello di evitare nuove colonizzazioni, per cui occorre porre l'accento proprio sui capitali di investimento». (12)

Altrettanto scettico circa la realizzazione dei programmi della Banca Mondiale e del FMI è il senatore Corneliu Vadim Tudor, presidente del Partito della Grande Romania (Partidul România Mare). L'8 novembre '97, tenendo il solito rapporto al II congresso del partito, Corneliu Vadim Tudor ha denunciato i disastri provocati dall'applicazione delle ricette della Banca Mondiale da parte del governo Ciorbea: «Siamo venuti a sapere, tutti quanti, che la liquidazione delle 72 aziende di allevamento di uccelli da cortile, suini e bovini era una condizione imposta dall'accordo ASAL, firmato dal governo romeno e dalla Banca Mondiale. Dunque, un delitto premeditato! Perché? Perché la Romania doveva diventare, da esportatrice, importatrice di carne. Subito sono state ridotte le imposte doganali per l'importazione di generi alimentari, per passare poi alle fasi successive della nostra riduzione in schiavitù dal punto di vista alimentare: abbandono del piano di sviluppo dell'agricoltura, ritiro di tutte le sovvenzioni stanziate per l'agricoltura, vendita ad acquirenti stranieri delle più importanti aziende di panificazione, distruzione della meccanizzazione a causa del fallimento delle fabbriche Tractorul di Brasov e Semànàtoarea di Bucarest. Ho insistito in particolare sul disastro programmato dell'agricoltura e della zootecnia, perché gli effetti si vedono subito e hanno conseguenze incalcolabili sulla fibra zoologica del popolo romeno. Della cosiddetta «terapia traumatica» teorizzata dal pericoloso diversionista Jeffrey Sachs della Cambridge University degli USA, tutti i quaranta paesi in cui essa è stata applicata, compresa la Romania, hanno ricavato il trauma. In numerosi paesi della terra, come il Guatemala e Perù, hanno avuto luogo rivolte popolari e guerriglie pienamente giustificate. Con simili pratiche provocatorie, che esasperano centinaia di milioni di persone in tutto mondo, il FMI e la Banca Mondiale non solo non raggiungeranno i loro obiettivi, ma otterranno dei risultati contrari che segneranno negativamente l'ingresso nel terzo millennio: 1) crescerà la xenofobia nei paesi usati come cavie; 2) saranno compromesse le idee di economia aperta e di capitalismo; 3) la gente morirà di fame, il popolo romeno diventerà un popolo di vegetariani e gli effetti, a lungo termine, saranno incontrollabili». (12)

Il quadro della situazione economica romena tracciato da Corneliu Vadim Tudor è impressionante: «In concomitanza con la liquidazione dell'agricoltura e della zootecnia, il potere attuale, installato e mantenuto a Bucarest dal sostegno straniero, ha proceduto alla distruzione di altri settori importanti dell'economia nazionale; l'industria mineraria, la petrolchimica, la siderurgia, il turismo, le fabbriche di armi. L'economia romena si trova in una fase di collasso non dichiarato, una realtà allarmante che risulta anche dal blocco finanziario di circa 40.000 miliardi di lei, il doppio rispetto quello registrato nell'autunno del '96, che Emil Constantinescu si era impegnato, con la sua aria artificiosamente marziale, a risolvere. In breve, quella che viene pomposamente chiamata «la Riforma» è un fallimento totale dell'economia romena. Qui si apre il gigantesco «buco nero» che ha inghiottito i miliardi di dollari guadagnati fino al dicembre '89 dal popolo romeno, con il suo lavoro e la sua creatività. La tragedia della Romania è cominciata allorché essa non è più stata considerata una patria, ma un mercato. Il popolo romeno non vive, ma sopravvive. Poiché abbiamo la più penosa classe politica della storia moderna della Romania, non c'è da meravigliarsi che un paese cristiano come il nostro sia diventato il paradiso dei pedofili stranieri, dei trafficanti d'armi e di valuta falsa, delle reti internazionali della prostituzione e della droga. L'assedio contro il popolo romeno è permanente ed atroce». (13)

 

Claudio Mutti

 

Note:

1) Tiberiu Sandu, «Isarescu - niente debiti, molto potenziale. Eppure...», "Europa Domani", n° 197-198, agosto-settembre '92;

2) Claudio Mutti, «Ion Iliescu - Il mio impegno è ripristinare il buon nome della Romania nel mondo intero», "l'Umanità", 13 febbraio '96;

3) Sandro Scabello, «Romania, il lungo inverno dello scontento. Dopo i sogni della rivoluzione la cura dell'austerità: popolazione sul lastrico», "Corriere della Sera", 22 novembre '97;

4) «Stiamo ancora pagando per le colpe di Ceausescu», intervista di S. S., "Corriere della Sera", 22 novembre '97; Giovanni Vacchelli, «Che cos'è l'International Finance Corporation (IFC)», "Euromonitor", n° 3, ottobre '94. [L'autore dell'articolo è il responsabile dell'IFC in Europa];

5) Ibidem;

6) Ibidem;

7) «Appartenenti» (sic) alla Banca Mondiale, dice testualmente, con un lapsus rivelatore, il responsabile europeo dell'IFC.

8) Ibidem;

9) Ibidem;

10) Sandro Scabello, art. cit.;

11) Oreste Lo Pomo, «Ma è già fallita la corsa all'Est?», "L'Italia settimanale", 19 maggio '93;

12) "România Mare", 14 novembre '97;

13) Ibidem.

 

 

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