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anno 1 * n° 1

COME LI HANNO «LIBERATI»

 

La Banca Mondiale all'assalto della Romania

Claudio Mutti

 

Fra il '67 ed il '68, alcuni passi intrapresi dal governo romeno gettarono le basi per un cambiamento significativo nei rapporti di Bucarest con Washington. Infatti nel '67 la Romania mostrò la propria autonomia nei riguardi di Mosca con un paio di iniziative che vennero positivamente apprezzate dagli Stati Uniti: all'inizio dell'anno Bucarest stabilì rapporti diplomatici con la Repubblica Federale Tedesca e, in seguito alla «guerra dei sei giorni», rifiutò di rompere le relazioni diplomatiche con Israele, come invece avevano fatto le altre capitali del Patto di Varsavia. Sempre nel '67, in marzo, Ceausescu organizzò una calorosa accoglienza per Nixon, che in quel momento vedeva declinare la propria popolarità negli Stati Uniti. Nell'agosto del '68, rifiutò di allinearsi con gli altri paesi del Patto di Varsavia nella questione cecoslovacca; anzi, condannò energicamente l'intervento sovietico, annunciò la mobilitazione immediata del popolo romeno, per difendersi da un eventuale intervento di quel genere e si oppose alle manovre militari del Patto di Varsavia sul territorio romeno.

In seguito a ciò, le relazioni tra gli Stati Uniti d'America e la Romania registrarono un cambiamento significativo. Eletto nel '69 alla presidenza statunitense, Richard Nixon si recò in visita ufficiale a Bucarest e accolse Ceausescu negli Stati Uniti nell'ottobre '70 e nel dicembre '73. In occasione di questa seconda visita, i due presidenti firmarono una dichiarazione comune, nella quale si parlava di relazioni basate su uguaglianza di diritti, di rispetto della sovranità e dell'indipendenza nazionale, di non ingerenza nelle faccende interne e di vantaggio reciproco, di rifiuto dell'uso della forza. A questi princìpi Ceausescu si richiamerà spesso negli anni successivi, allorché dovrà respingere le richieste statunitensi relative ai «diritti umani», richieste che costituiranno un palese un atto di ingerenza nelle faccende interne della Romania.

Il presidente Gerald Ford ricevette Ceausescu nel giugno '75 e restituì la visita nell'agosto del medesimo anno. Nel periodo della presidenza Ford, come già al tempo di Nixon, i ministri degli esteri romeni e i segretari di Stato statunitensi, ma anche altri membri dei due governi, effettuarono visite reciproche quasi ogni anno.

Le relazioni tra i due paesi, a parte le manifestazioni ufficiali di amicizia, ebbero anche una sostanza pratica. Per esempio, il governo romeno fu utile all'amministrazione Nixon nell'instaurazione di rapporti confidenziali tra Washington e Pechino, nel periodo che precedette la visita di Henry Kissinger in Cina nel '69.

I due paesi firmarono numerosi accordi economici e culturali. La Romania diventò membro di diverse istituzioni economiche e finanziarie internazionali, come l'Accordo Generale per le Tariffe e il Commercio (GATT), il Fondo Monetario Internazionale (FMI), la Banca Internazionale per la Ricostruzione e lo Sviluppo (BIRD) e fu bene accolta dappertutto in Occidente, essendo considerata un paese indipendente nel quadro del Patto di Varsavia.

Il commercio tra gli Stati Uniti e la Romania crebbe fino a superare, nel '74, i 400 milioni di dollari; ma questa crescita era ostacolata dalla mancanza del trattamento speciale che viene accordato dagli Stati Uniti con la clausola della nazione più favorita. Tale clausola, che come è noto comporta un vantaggio nelle tariffe doganali, venne accordata alla Romania per la prima volta nel '75, quando il Congresso statunitense adottò la "Legge del Commercio del '74" e permise al presidente degli Stati Uniti di estendere al campo comunista la concessione della clausola della nazione più favorita. La clausola diventò così il simbolo delle relazioni speciali tra gli Stati Uniti e la Romania, essendo la più importante concessione fatta a Bucarest dalle amministrazioni Nixon e Ford. Il Congresso di Washington approvò l'accordo commerciale con la Romania alla fine del luglio '75 e le nuove tariffe entrarono in vigore il 3 gennaio '76, in applicazione della clausola della nazione più favorita. Grazie alle basse tariffe doganali, le esportazioni della Romania negli Stati Uniti passarono, tra il '75 e il '77, da 133 milioni di dollari a 233,3 milioni di dollari. Nel '85 ammontavano a 949,7 milioni di dollari.

Inoltre, la clausola della nazione più favorita rese possibile che la Romania beneficiasse dei crediti della Banca di Export-Import.

In una misura considerevole, il rinnovo annuale della clausola diventò il principale strumento dell'amministrazione statunitense per influenzare il comportamento della Romania. La Sezione 402 della "Legge del Commercio del '74" nota come emendamento Jackson-Vanik, vietava l'estensione della clausola a un paese che non avesse un'economia di mercato, come era appunto il caso della Romania, e negava ai propri cittadini la possibilità di emigrare; tuttavia, l'emendamento prevedeva che il presidente statunitense potesse ricevere assicurazioni che «le procedure di emigrazione porteranno in futuro, in modo considerevole, a realizzare lo scopo proposto circa la libertà di emigrazione». Gli Stati Uniti usarono la Sezione 402 per convincere il governo romeno a consentire l'emigrazione di oltre 180.000 persone nel periodo compreso tra il '75 e il 1988 -anno, quest'ultimo, in cui la clausola della nazione più favorita cessò di essere applicata alla Romania. In questi quattordici anni l'emigrazione dalla Romania si diresse essenzialmente verso tre paesi: Repubblica Federale Tedesca, Stati Uniti, Israele. L'emigrazione ebraica dalla Romania (soprattutto verso la Palestina e gli Stati Uniti) era già cominciata negli anni cinquanta; Ceausescu lasciò che proseguisse, «in cambio di molto denaro, s'intende, e dell'aiuto della comunità ebraica americana per ottenere la famosa clausola di nazione più favorita negli scambi commerciali con gli Stati Uniti». (1)

In questo periodo gli Stati Uniti cominciarono a legare il mantenimento della concessione della clausola non solo alla questione dell'emigrazione, ma anche ad altri aspetti della dottrina dei «diritti umani»: la libertà religiosa, la liberazione dei dissidenti in stato d'arresto, le privazioni economiche.

Inoltre, la "Legge del Commercio del '74" consentì all'amministrazione statunitense di estendere il Regime Generalizzato di Preferenze Doganali (GSP) non solo ai paesi in via di sviluppo, ma anche a quei paesi comunisti che erano membri del Fondo Monetario Internazionale e dell'Accordo Generale per le Tariffe e il Commercio, beneficiavano della clausola della nazione più favorita e non erano controllati dal «comunismo internazionale». Il Regime Generalizzato di Preferenze Doganali consentiva in maniera legale agli Stati Uniti di godere di tariffe bassissime per certe importazioni provenienti dai paesi in via di sviluppo.

La Romania si inquadrava nella definizione prevista per i paesi in via di sviluppo, perché il governo degli Stati Uniti aveva stabilito che l'indipendenza della Romania nei confronti di Mosca era sufficiente per non considerarla come un paese controllato dal «comunismo internazionale». D'altra parte, la Romania era membro dell'Accordo Generale per le Tariffe e il Commercio e del Fondo Monetario Internazionale. Una volta ricevuta la concessione della clausola della nazione più favorita, la Romania si candidò a beneficiare del Regime Generalizzato di Preferenze Doganali e a tale regime essa venne ammessa per un periodo di dieci anni a partire dal 1 gennaio '76.

Un ostacolo nelle relazioni tra i due paesi insorse nell'ottobre '82 (all'epoca della presidenza Reagan), quando il governo di Bucarest decretò che i cittadini romeni che desideravano emigrare dovevano pagare allo Stato una somma in valuta equivalente al costo della loro scolarizzazione media e superiore. IL decreto contrastava apertamente con quanto previsto dall'emendamento Jackson-Vanik, che escludeva dalla concessione della clausola della nazione più favorita quei paesi i quali imponevano ai loro emigranti una tassa che non fosse puramente simbolica. Dopo mesi di negoziati confidenziali che non diedero alcun risultato, nel marzo '83 Reagan annunciò che non avrebbe rinnovato alla Romania la concessione della clausola, che sarebbe scaduta il 30 giugno di quell'anno, se la tassa per la scolarizzazione si fosse trovata ancora in vigore a quella data. Dopo oltre due mesi di intense discussioni, il governo romeno dovette cedere alle pressioni statunitensi e rinunciò all'applicazione della tassa. Così il 3 giugno '83 Reagan annunciò che la clausola veniva prorogata alla Romania per un altro anno e il Congresso statunitense non si oppose alla decisione del presidente.

La Romania conservò la clausola fino al 1988. Quando si trattava di prorogarla «il gran rabbino di Bucarest Moses Rosen dava l'impressione di essere un ministro degli esteri aggiunto (...) Rosen descrisse il proprio atteggiamento con il proverbio yiddish "D'en Ganef vor die Tir stelln": mettere il ladro a guardia della porta». (2)

La crescita del debito estero della Romania aggiunse un nuovo motivo di irritazione nei rapporti di Bucarest con Washington. Nel corso del 1982 il debito estero romeno oltrepassava gli undici miliardi di dollari, sicché il Fondo Monetario Internazionale intervenne ripetutamente presso Ceausescu per spiegargli che per far fronte a tale debito e risollevare le sorti dell'economia romena era indispensabile accettare un credito a interessi crescenti. Si riproduceva così, nel caso della Romania, quello che John Kleeves ha descritto come il copione di prammatica nei rapporti tra FMI e dittatori quali Marcos, Mobutu, Batista, Duvalier, Somoza ecc..

«... la figura del dittatore filo-americano pazzo è importante: con i suoi progetti megalomani di "sviluppo economico" egli giustifica l'accensione del mega-prestito da parte del suo paese, in genere finanziariamente, poverissimo. Ma la sua parte non è finita. Egli sa che il prestito non deve mai essere restituito: il FMI, nonostante le raccomandazioni sulla carta, non lo vuole; vuole solo -e su ciò è intransigente- il pagamento in dollari degli interessi annui. È chiaro il perché: solo finché c'è il debito ci sono le condizioni capestro sull'economia interna. Egli sa anche che il prestito non devo assolutamente servire per scopi utili, per far decollare l'economia del paese: sarebbe di nuovo la fine del gioco. Quindi il dittatore cosa fa? Ciò che veniamo a sapere dai giornali; usa una quota del prestito per le sue opere inutili (i cui appaltatori sono in genere ancora le multinazionali); un'altra per soddisfare l'entourage locale di militari e politici che lo sostengono al potere, e il resto viene versato sui suoi conti all'estero, in genere negli Stati Uniti». (3)

A un certo punto, Ceausescu non volle più stare al gioco. E ciò determinò la sua fine.

 

Claudio Mutti

 

Note:

1) Richard Wagner, "Il caso romeno", Manifestolibri, Roma '91, p. 98

2) Ibidem

3) John Kleeves, "Finanziatori militar-imperialisti", 30 giugno '98

 

 

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